lunedì 14 dicembre 2015

Ostentazioni (P. D. F.)

Cantare in Chiesa: preghiera – esibizione - ostentazione – interpretazione - incomprensione – discussione – rassegnazione- orazione.
Un arcobaleno con meravigliosi colori

Quanto è presente il sentimento della esibizione per l'ostentazione in colui che canta? L'umana verità non la conosceremo mai! Poiché ogni persona-uomo è un ...mistero. Al suo dire, mai avremo delle prove concrete, convincenti che sentenziano la pura sostanza che motiva l'umana verità del fatto. Nell'incertezza e per non occasionare che l'esibizione venga interpretata come ostentazione, non si dovrebbe cantare! Come in ogni cosa è bene usare la moderazione, questa possibilità ci viene offerta nel cantare e, se ci dovesse essere della ostentazione, venga di buon cuore accettata perché garbatamente usata. Pare che il vero canto di ogni persona sia il “giubilo”; questa parola nel vocabolario viene spiegata con alcune citazioni come queste: “Tutti giubilarono alla notizia; E giubilando l'etere commosse; Giubilate, domani è vacanza! Pieno di giubilo, di gioia; ecc.” Se osserviamo, in tutte queste precisazioni non viene mai indicato cosa usare per...giubilare; appunto perché per giubilare ognuno deve cercare tutti quegli elementi che ritiene necessari per produrre il giubilo. Quindi cantare con giubilo può venire inteso come una libera manifestazione canora a soggetto. Ognuno nel giubilare inventa parole e melodia: cantore di se medesimo. Questo, forse, è l'unico modo di cantare con minore entità di “Ostentazione” ed anche il più genuino in quanto non disciplinato da regole.
Penso che la melodia del Canto Gregoriano sia quella che maggiormente ha la capacità di offrire al cantante il piacere di cantare inibendo, in parte, l'esibizione e allo stesso tempo veramente ...pregare. La melodia Gregoriana, se osserviamo, è composta da tante e svariate ...sinusoidi. Il cantante, solitamente, è portato a mettere in luce le proprie qualità e capacità con propri virtuosismi: l'esibizione viene calamitata dal velato/implicito piacere umano di mettersi in evidenza e così far mostra di sé e magari, o purtroppo, per quello che veramente non è! Il Canto Gregoriano, oltre alla tipica melodia, ha un altro elemento positivo su cui riflettere: la notazione musicale delle note stabilisce per tutti, solo e coro, come il canto deve venire eseguito. Ciò offre all'esecutore l'occasione di far conoscere il proprio dono della voce e di mettere in pratica la virtù dell'obbedienza, che è preghiera. Separare il canto-preghiera dall'esibizione mi sembra sia un problema irrisolvibile, come dividere l'indivisibile! Ecco un esempio: questo scritto perché lo faccio? Esibizione o edificazione? Può essere benissimo per ostentazione: palesare il proprio parere per mettersi in mostra! A che scopo? Per quale beneficio? E' una debolezza provocata, forse, dall'ascolto dei pensieri, su questo tema, trattati da persone illustri alle quali viene attribuito il titolo di Maestri! Si sa che tutto quello che fa l'uomo è perfettibile! Anche questo mio scritto è imperfetto! Certamente, e a maggior ragione, quando si prendono in esame le intenzioni individuali. Un giorno, una persona, amante del canto praticato in modo dilettantistico, mi confidò che non aveva alcun interesse a cantare in chiesa, bensì trovava gusto-piacere farlo in casa per se stessa. Questo me lo disse in occasione di un rito liturgico in chiesa nel quale era impegnata ad eseguire la parte di “assolo.” Che dire di questa palese incoerenza? Siamo certi, però, di essere dei giudici giusti nel farlo? Pur avendo preso in esame aspetti esteriori che certamente hanno influenzato il giudizio, la dichiarata “incoerenza” lo è veramente? Allora cosa fare per non sbagliare? L'ideale sarebbe quello di tacere ed usare le parole solo per ...pregare usando testi uguali per tutti. Ad esempio, il Rosario viene recitato sia dal Sacerdote come dai fedeli in modo uguale: tutti sullo stesso piano. Il Rosario, per le ripetute parole, appare noioso perché offre scarse occasioni di esibizione, però ha il beneficio di esercitare la preghiera con l'umiltà dovuta. Se si dovessero svolgere tutti i riti religiosi con lo scopo di evitare le occasioni di ostentazione, allora l'organista non dovrebbe suonare, i coristi non cantare, i lettori non leggere e i Sacerdoti non celebrare la Messa! O meglio non predicare! Penso che sia difficile togliere loro il sermone, in quanto pare sia una delle mansioni della missione che maggiormente viene da loro gradita Lo si rileva dal manifesto modo impeccabile da loro usato nella trattazione dei temi: Parole pronunciate in modo lento, altre messe in risalto con un tono di voce più marcato, citazioni di famosi poeti o scrittori, per non parlare delle pause di seguito agli interrogativi. Gli stessi Celebranti nella lettura del Vangelo non usano lo stesso metodo, ma talvolta lo leggono in modo frettoloso, quasi al solo scopo di indicare l'oggetto della predica. Benché nel Messale sia riportata la seguente frase che il celebrante recita sottovoce prima della lettura: “Purifica il mio cuore e le mie labbra, Dio onnipotente, perché possa annunciare degnamente il tuo Vangelo”. Osservazione malevola: Le parole di Dio vengono messe in secondo piano rispetto a quelle prodotte dal Celebrante? Tutto ciò si può ritenere frutto della ostentazione? L'esibizione è talmente forte da inibire la riflessione su un comportamento conseguente o forse scaturito dall'abitudine? Prendere atto di tutto ciò può essere anche ammissibile; formulare un giudizio sul soggetto è da citrulli, poiché le intenzioni, come detto, costituiscono un mistero.
Nell'armonia musicale, ogni accordo è costruito su un suono fondamentale, precisato con la parola “Tonica”. Noi dovremmo utilizzare il medesimo concetto mettendo la parola “Carità”, in luogo della parola “Tonica”, per avere l'armonia dei cuori. Alla domanda: “Allora i Celebranti non dovrebbero... insegnare predicando?” Certo che lo devono fare e non solo loro, però è controproducente usare indirizzi di ammonimento quando questi possono venire identificati come rivolti ad una persona o un gruppo di poche persone. Esempio: Per l'invito a non rubare, nessuno si risente, anche se in chiesa ci possono essere dei ladri e, se ci sono, lo sono però in modo occulto. Se il Predicatore invita a non eseguire canti da parte del solo coro o di una sola persona affinché gli esecutori non abbiano ad incorrere nella “ostentazione”, appare esplicito che le sue parole, pur volte alla prevenzione e all'insegnamento di non peccare di “ostentazione”, sono indirizzate a persone ben precise e pare che in Lui, nel fare ciò, alberghi il sospetto. Il sospetto genera il giudizio e i due elementi in simbiosi producono un “boomerang” per il Predicatore ed una “sberla” per i cantanti. La scintilla accende l'arte della difesa e ...il caseggiato chiesa, da luogo di culto, si trasforma in campo di ...battaglia! Non si può giudicare perché siamo privi del potere di ottenere un giusto verdetto perché, anche qui, viene destata l'insufficiente capacità di scrutare le individuali vere intenzioni. Però quello che tutti possono o dovrebbero fare è “offrire comportamenti rispettosi insieme a una genuina parvenza di correttezza che si ottiene con una maggiore attenzione al valore fraterno”. Comunque se qualcuno avesse eventualmente a lamentarsi perché si identifica nell'esempio citato del “sospetto”, gli suggerisco di dare ampio spazio alla riflessione sul perché del proprio eventuale lamento: meditazione opportuna per essere certi di ottenere a sazietà il dono della Pace.
Tutte le persone che liberamente si prestano ad operare nei vari servizi religiosi hanno il dono di possedere un'inclinazione, un'attitudine, una vocazione a svolgere le varie mansioni. La vocazione è un dono che offre convinzione, determinazione, forza, entusiasmo, audacia, capacità volitiva, ecc. Colui che ha questo dono, nello svolgere le mansioni, non avverte le difficoltà o il peso poiché l'impegno a cui si è assoggettato è stato da lui deciso consapevolmente e in modo ampiamente libero. La vocazione è un mistero; il mistero fa sorgere il desiderio di scoprirlo, cosa impropria, ma è proprio questo a rendere l'attività interessante; penso di non sbagliare a definirla: suggestiva. I Parroci non dovrebbero essere - e nemmeno apparire - indisposti ad accogliere repertori di canti scelti ed eseguiti dai fedeli, ritenendoli non congrui al rito. In ogni Santa Messa, nella parte principale, il celebrante recita quanto detto da Gesù: “Fate questo in memoria di me.” Piccola osservazione: Gesù ha usato il plurale. Da ciò possiamo trarre la conclusione di educarci al reciproco rispetto che si ottiene in modo efficace con un dialogo persuasivo, culminante con decisioni assunte nel comune accordo. O forse gli Ecclesiastici intendono che quel piccolo “Fate” sia stato rivolto solo a loro, avendo Gesù proferito la parola ai soli Apostoli e, di conseguenza, i Sacerdoti (loro successori) si sentono i primi della fila? Se è così, allora si può dire che i fedeli non sono protagonisti, ma solo degli estimatori della Chiesa dei Sacerdoti di Gesù. Ma lasciamo poiché entriamo nel “conflitto dei poteri”. Da non dimenticare la famosa frase del Padre nostro:.. “sia fatta la Tua volontà”. Ogni qualvolta un Cristiano si lamenta, lo fa perché le cose non vanno come la propria volontà vorrebbe. Sono debolezze umane; se però vengono riscontrate nei Maestri, si rimane ...confusi, poiché, pare che per essi ci sia il solo dovere di recitare, predicare, ma non di praticare. Spesso si sentono avanzare precise giustificazioni che sentenziano con il detto che pure i Maestri sono uomini. E allora pare “ manna” invitare loro a dare maggiore ascolto al valore umano rispetto a quello magistrale! Le modifiche introdotte nella liturgia dal “Vaticano secondo” hanno posto in risalto “l'uomo”: il celebrante è rivolto ai fedeli come atto ossequiante; l'uso della lingua locale; il rispetto delle locali tradizioni - cultura. Il Concilio ha stabilito, forse, che queste scelte vengano assunte a discrezione di ogni Parroco? Le riforme del Concilio devono avere l'“imprimatur” da ogni singolo Parroco? Al di là delle interpretazioni soggettive, collegiali come individuali, ritengo che ogni uomo Socio di un'aggregazione sociale deve avere il diritto-dovere di poterne far parte in rapporto al proprio desiderio e poter svolgere tutto quanto egli avverte utile allo scopo comune. Ognuno deve avere la libera possibilità di compartecipare sia a spingere come a tirare il “carro”, ma anche a “guidarlo”. Non è onorevole per nessun uomo venire catalogato da un altro uomo per svolgere mansioni in modo coatto. L'imposizione non offre una piena certezza per la sua applicazione; inoltre svilisce o, peggio, lede e priva di significato la parola che ci definisce: “fratelli”, cioè figli di un solo e unico Padre ed altrettanto seguaci di un solo unico e vero Maestro!
Ritengo che, anche nel manifestare le piccole divergenze, le proprie opinioni abbisognano della prudenza. Le soppressioni fisiche hanno un inizio: dissenso, diatribe, contrasti, offese, baruffe … e poi guerre, uccisioni e morti. L'inizio di ogni cosa è dato da un piccolo seme. Se non vogliamo la guerra non dobbiamo ...seminarla. Facile a dirsi ma ad esercitarlo? Penso che valga la pena di ricordarsi che il vero vincitore è il vinto. Con la sua resa ha indotto e donato al vincitore la vittoria. Quale è il bene di questa vittoria? Avere mantenuto viva la vita di tutti due i guerreggianti. Il dono della vita va custodito e salvaguardato per sé e per gli altri. Si potrebbe pensare che a questo punto sia uscito dal tema, in particolar modo da parte di coloro che non fanno parte di un Coro Parrocchiale. A coloro, invece, che ne fanno parte provate a chiedere quante discussioni circa la scelta dei canti da eseguire; se questi devono essere fatti dal solo Coro e magari con assolo; pure il posto dove il Coro deve posizionarsi: sui gradini dell'Altare o a lato, in basso davanti alle balaustre! Per fortuna a conclusione di tutto questo mio “panegirico” c'è la bellissima frase che “consola” e chissà se anche a Voi che leggete, produrrà l'effetto medesimo: “A colui che ama, tutto coopera al bene!” Non resta altro che amarci e così, da ogni fatto che avviene saremo saziati, appunto dal ...bene, anche da quello da noi conosciuto come “male”! Poiché anche ciò che a noi pare sia male rientra nei disegni di Dio. Ecco un altro mistero: la nostra libertà... non libera! Immaginiamo un'enorme piovra con innumerevoli tentacoli le cui punte estreme si muovono, ognuna in modo diverso dalle altre e pare che i movimenti vengono gestiti da ogni tentacolo in modo autonomo. Ogni singolo uomo può venire inteso come la punta di un “tentacolo”. Pratichiamo le nostre azioni in libertà sì, ma queste sono sotto l'egida della “Piovra”. E' buona norma esigere da noi stessi di...amare! Obbligare gli altri ad amare è un lavoro arduo, di incerto successo. Per noi, amare gli altri è altrettanto difficile, ma possibile! Nelle contrapposizioni o contrarietà delle opinioni, mettiamo come “prezzemolo” la “Tolleranza”; questa si ottiene e la si nutre con la costante “Pazienza”. L'ideale sarebbe quello di evitare di errare, anche perché l'errante, pur avendo ottenuto la comprensione, avrà comunque presente nel suo cuore che la pietà elargitagli può essere stata miscelata con la compassione o peggio ancora con la commiserazione. Elementi che concorrono a “sgraffignare” la stima. L'Evangelista San Giovanni scrive: <Chi non ama il proprio nemico è un “assassino.”> Ritengo che, in merito alle questioni soprascritte, non ci siamo spinti a questi livelli e speriamo di non arrivarci! E' bene comunque custodire l'impegno a non diventarlo. Certo che è dura amare un nemico, soprattutto se si presenta potenzialmente pungente come un ...nido d'api! Chissà quanto pungente sono io per ...Voi!
Proviamo a chiederci: cosa è essenziale per conseguire la carità? Prima cosa la vita fisica! Cosa è essenziale per il mantenimento della vita? Vitto, vestito e alloggio! Tutto il resto non è ...essenziale. Ogni azienda a scopo di lucro ha per fine l'ottenimento dell'utile netto. La “Società” Cristiana Cattolica Romana dovrebbe avere, in luogo “dell'utile netto”, la “Carità”. Ma è possibile che per ottenere questa piccola grande ricchezza si debba agire così da far apparire essenziale l'enorme emporio delle umane ricchezze? Fare il processo alle intenzioni di colui che canta in chiesa è più indispensabile di quelle vistose situazioni che pure sono incongruenti ed anche incoerenti per l'ottenimento della Carità? Per rispondere alla chiamata: “Vieni e seguimi” Voi che leggete, cosa ritenete sia indispensabile? Chiudo questa chiacchierata con quest'ultimo pensiero. Quando una persona parla per esprimere il suo punto di vista, una percentuale del discorso viene espressa sì per l'analisi del problema ma, forse, un'altra buona parte viene usata per catalizzare l'attenzione degli astanti ascoltatori allo scopo di far conoscere la propria raffinata dialettica, pure per essere il padrone del momento o anche per mettersi in mostra! Io ho usato questo metodo: godere della padronanza di chi ora mi sta leggendo e far mostra di me, ma non certamente per la qualità dello scritto (contenuto e sviluppo): un ghiribizzo a singhiozzo, esuberanza fanciullesca o intemperanza della vecchiaia, considerando la mia avanzata anzianità! Mah sì! Diciamo che può essere un marasma di citrullaggini o come una romanzesca realtà. Ma, in merito alla riflessione sopra esposta, ritenete che veramente l'abbia fatta per farmi adulare? Se “sì”, come anche se “no”, come fate ad essere sicuri di questo eventuale vostro sì o no, essendo le mie e le vostre intenzioni un mistero? Non resta altro: Non giudicare”! Naturalmente coloro che si affidano alla immanente razionalità e non alla trascendenza, questo scritto lo configureranno come un componimento simile al linguaggio degli operai della Torre di Babele!
Sursum corda! Cantiamo, sì! E se dovesse esserci, in colui che si esibisce, della ostentazione, prosegua pure chiedendone perdono ...cantando! Mandi.


Colloredo di Prato 10 novembre 2013 - Del Forno Pietro

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