giovedì 25 giugno 2020

Chiare cascate





Chiare cascate tra le onde
si infilano verdi
gli aghi dei pini.









M. Basho

Che sia






Che sia pace o felicità,
lascia che ti abbracci.


















Bukowschi

" Venezia in Catene" Capitolo XVI




Austriaci



Venezia, Mercoledì 20 aprile 1814,

Quel mattino, sul "Giornale Dipartimentale Adriatico" si lesse questo editto:

"Il Commissario Generale di polizia,
volendo che la tranquillità pubblica
sia rigorosamente mantenuta, ordina:
E' proibito ogni sorta di applauso,
o di disapprovazione verso qualunque persona,
sia militare che civile,
E' pure vietato qualunque riunione
ed attruppamento di persone diretto
a turbare la quiete pubblica,
I perturbatori saranno arrestati,
e tradotti avanti a un tribunale
militare per esser giudicati."

Ma il clima risultava tutt’altro che sereno.
Allora si decise, alle cinque del mattino, la rimozione dalla piazza dell’alta statua del dittatore col Mondo in mano, che là non poteva proprio restare. Anche perchè in quel mentre, l’originale - cioè il signor Bonaparte in persona - era già stato spedito all’isola d’Elba.
La scelta dell'orario l’aveva fatta il governatore allo scopo di scoraggiare eventuali contestazioni di popolo…ebbene, sortì proprio l'effetto contrario: se durante tutta la notte una massa di persone si era riversata in piazza per ingiuriare e sputare contro la statua, alle prime luci dell'alba il popolo arrabbiato era ancora tutto lì, anzi le file s’erano ingrossate, ad urlare e ad imprecare contro il simbolo marmoreo del condottiero francese, e pareva che nessun genere di miracolo potesse calmare quegli animi tanto esagitati.
A vedere quelle facce irate, quei volti tesi che parevano aver perso ogni traccia di ironia e di sagacia, un tempo tipiche del carattere veneziano, vennero in mente le profetiche parole pronunciate dallo stesso Napoleone nel giorno, ormai lontano, 2 ottobre del 1796:

"Di tutti i popoli d'Italia, il veneziano
è quello che ci odia di più".

Pochi mesi dopo ch’egli aveva pronunciato quelle parole crollò la millenaria Repubblica del Leone alato, crollarono gli animi dei veneziani, le loro ricchezze, la loro arte, la loro cultura. Adesso, più incivili di prima, anche per colpa di chi, come il còrso, aveva travisato lo spirito grandioso di una rivoluzione, urlavano alla stregua di ossessi, di barbari delle foreste, come se tutti fossero tornati indietro col tempo, con la clava in mano, le unghie sporche e la bava alla bocca.
L'odio - quello puro e genuino, maturato in anni di rabbia repressa - quasi fosse un corpo vivo, una cosa materiale, in quel mattino di primavera si poteva toccare con mano.
Poi la statua, rimossa a fatica e spezzettata involontariamente, venne imbarcata alla volta dell'isola di san Giorgio dove fu nascosta.
Ma la rabbia, ancora non accennava a placarsi.
Il popolino, specie quello più basso e ignorante, fremeva alla ricerca di un qualcosa contro cui sfogarsi, di un capro espiatorio qualsiasi, come sempre accade.
"I ebrei, i ebrei, daghe ai ebrei." L'urlo esplose verso le otto, che era già mattino fatto. Un urlo che concentrò la rabbia di una notte passata all'addiaccio, l'intolleranza della plebe più grezza e quel tanto di cattiveria che ogni essere umano, a qualsiasi latitudine ed in qualsiasi epoca, tiene racchiusa dentro di sé.
Che cosa c'entrasse la comunità degli ebrei (presente a Venezia da circa trecento anni), era ben difficile da comprendere. Qualcuno li odiava per il presunto aiuto fornito da molti di loro alla municipalità democratica , quando le porte del loro ghetto furono finalmente aperte, dopo secoli, dal nuovo governo democratico.
Fatto sta che alcuni facinorosi diedero inizio ad una caccia all'uomo vera e propria. Giovanni Pace, un medico assai valente, conosciuto e stimato in città, venne preso a schiaffi e calci. Altri ebrei, tra cui un anziano che si aiutava a camminare con un bastone, vennero aggrediti brutalmente.
Un gruppo numeroso e aggressivo si mise ad inseguire altri due: si trattava del rabbino, un signore di una certa età esperto in teologia che seguiva tesi azzardate per quell’epoca e di un romano.
Mentre gli gridavano :
Dagli all’ebreo…ammazza gli assassini di Cristo”
Egli fieramente rispondeva col fiatone:
Non abbiamo ucciso noi Cristo sono stati i romani…”
Assieme a lui scappava anche il signor Giovanni Corradi, povero padre di famiglia numerosa, da poco giunto a vivere a Venezia, proveniente dallo Stato Pontificio.
Ma che stai a dì…- gli urlava in romanesco – io sò ebbreo e pure romano, vuoi che m’ammazzino subbito?
In realtà, la tesi del teologo circa la morte del Redentore era semplice ed ineccepibile: secondo lui furono i romani e soltanto loro, mille e ottocento anni prima, ad ammazzarlo in croce, sorte che l’impero dei Cesari destinava agli esseri più indegni, a chi si era macchiato dei reati più infami.
A chi gettava la colpa sugli ebrei che, presenti davanti a Ponzio Pilato, avevano urlato: “Barabba, Barabba libero”, provocando la grazia al ladrone e la condanna a morte di Cristo, egli rispondeva che quegli ebrei non potrebbero essere stati più di una cinquantina, al massimo sessanta perdigiorno (una piazza di un paese del medio oriente di quel periodo non era così larga da poter contenere più di tante persone), i quali non avevano da lavorare duramente come stava facendo, invece, la maggioranza degli altri ebrei; molti di loro, poi, erano parenti stretti del Barabba ed erano andati lì apposta per sostenere la sua liberazione.
Fatto sta, quindi, che il Figlio di Dio che si è incarnato per salvare donne e uomini, e voleva portarci la fratellanza, forse anche l’uguaglianza, di certo la libertà da Satana, venne ucciso proprio da un Imperatore, uguale all’Imperatore francese che a quello si era ispirato e che parlava spropositatamente di libertà, fratellanza, eguaglianza.

Il comandante militare riuscì ben presto a sedare i tumulti in piazza, però le violenze continuarono lungo le zone nascoste della città e continuarono per diverso tempo.
Fu verso le tre del pomeriggio che Pompeo, avvisato da un ragazzino, venne a sapere che alcuni facinorosi stavano aggredendo Myriam. Corse fuori e la trovò distesa a terra, davanti alla chiesa dell'abbazia, non molto lontano dal ghetto, mentre due energumeni, che l'avevano quasi spogliata tutta, la stavano malmenando per poi violentarla. I due fuggirono, anche perché stava arrivando un drappello di polizia con i colpi di fucile già in canna.
Myriam e Pompeo si ritrovarono, per un istante, nuovamente vicinissimi. La vista della ragazza, anche in quella situazione,gli scatenò una tempesta dentro al cervello e non solo.
La ragazza se ne stava con gli occhi bassi e l'espressione attonita, quasi vergognosa. Dagli occhi le scendevano alcune lacrime che andavano a bagnare le carni rosso porpora della sua bocca. Dalle vesti sgualcite brutalmente spuntava un seno splendido, non troppo piccolino, la cui punta aveva lo stesso colore delle sue labbra. Per pochi secondi Pompeo, dimentico di tutto, pensò di toccare il paradiso.
La strinse tra le sue braccia e sentì che il cuore di lei batteva, se possibile, ancora più forte del suo.
Dai suoi occhi nerissimi arrivava lo sguardo che Pompeo avrebbe voluto tenere per sé, per tutta la vita.
Era due della setta – disse lei – quelli che odiano il mio popolo più di tutti gli altri. Quelli di Petronio”.
Quello che l'altro giorno si divertiva tanto ad ammazzare i cani?”
Si proprio lui.”
Sia stramaledetto in eterno.”
Un morbido bacio scoppiò all'improvviso, così come all'improvviso scoppiano i terremoti e le alluvioni.
Il contatto con le labbra carnose di lei e le due lingue che si incontravano, diedero al giovane la sensazione di essere precipitato dentro un pozzo senza fine, di non sentire più la forza di gravità.
Era quella, finalmente, una splendida sensazione felicità.

martedì 23 giugno 2020

Cammini della gioia

Imparare a vivere nell'attimo presente
fa parte del cammino della gioia.





















Breathnach.

Diafana ascesa








La vita si svuota in diafana ascesa,
di nuvole come trapunte di sole.

















G. Ungaretti

lunedì 22 giugno 2020

Racconti dal Canada


  • Per dirti grazie 


Il corrierone filava rapido, tra boschi verdissimi e vaste pianure.
Era un gigante in due piani, Pier sedeva in alto a sinistra, in prima fila. Davanti a lui, si apriva un panorama meraviglioso.
Ogni tanto, un torrente o un fiume o una serie di laghetti, compariva da una parte o dall’altra della strada. Un venticello, lieve e profumato, faceva piegare gli alberi , che pareva si inchinassero leggermente, come in un cordiale e discreto saluto, al suo veloce passaggio.
Un viaggio lunghissimo, che avrebbe dovuto attraversare gran parte del territorio della Repubblica di Vannonia, paese libero e moderno, abitato da gente pacifica e civilissima, nonche’ ricchissimo e pieno di prodotti naturali, sopra e sotto il suolo.
A quel tempo, si poteva affermare senza ombra di dubbio che, di tutto il pianeta, Vannonia era l’unico paese in assoluto, che potesse vantare per i suoi cittadini, Democrazia, Liberta’, Benessere, Concordia e rispetto dei Diritti Umani.
Pier veniva da un’altra terra, lontana. Scappava dal suo bellissimo e sfortunato paese, perche’ la’ non era riuscito trovare, ne’ mai l’avrebbe potuto ottenere, tutto cio’ che , di bello, cercava.
Scriveva libri, mestiere strano, per via del quale era considerato, nella sua patria, un nullafacente scansafatiche, da molti, specie da quelli che, nella loro banale vita, non avevano mai letto un libro o ne ignoravano, addirittura, l’esistenza.
Vannonia no, Vannonia era diversa: la’, gli artisti, gli scrittori, i poeti, i letterati, gli scienziati, le menti libere e tutti quelli che possedevano cuore sensibile, venivano attirati e promossi, in pieno, cittadini di quello stato.
Pier, proprio in quella bella giornata, si stava recando nella famosa e importante citta’ di Verve, sul Mare Grande e per questo impegno aveva preso il corrierone.
Egli stava affrontando un lungo e stancante viaggio, piu’ di settecento miglia, anche se meraviglioso e pieno di sorprese perche’, per l’aereo, proprio non teneva soldi.
Buongiorno – gli disse, quasi urlando, l’uomo alto e alticcio, con forte profumo di vino da pochi denari – le spiace se mi vengo ad accomodare qui vicino?”
A Pier dispiaceva tantissimo. Ma non riusci’, li’ per li’, a farglielo capire.
Il tizio inizio’ subito a parlare, con una continuita’ da rapper.
Pier rispondeva a lievi cenni del capo, pensando al perche’ non se ne fosse stato seduto dov’era prima. Poi cerco’ di fargli credere che non parlava la sua lingua, ma questi continuo’ imperterrito. Allora fece quello che faceva ogni volta in caso di difficolta’, cioe’ disse una preghiera al cielo. Passo’ qualche minuto e il corrierone fece la sua prima fermata. Solifano, Solifanooo, grido’ l’autista. Non scese nessuno, ma entro’ una donna e, li’ per li’, Pier non la noto’ nemmeno.
Scusi signore – disse la donna al tipo alticcio – ma questo e’ il posto mio, l’avevo prenotato.” Egli si alzo’ e se ne ando’ subito. La provvidenziale preghiera di Pier, anche stavolta aveva funzionato presso le sedi alte.
Egli si avvide, d’un tratto, della intensa bellezza di quella donna. Il suo profumo era celestiale, possedeva mani bellissime e mostrava un portamento da regina. Piu’ di tutto, spiccava la sua voce angelica. Immagino’, socchiudendo gli occhi, di assaporare il paradiso. I suoi movimenti rivelavano una classe rara e nobile. Ella, non lo degno’ di uno sguardo e lui, timido com’era, manco penso’ di attaccare discorso con lei.
Continuo’, allora, ad ammirare il paesaggio, con la fronte appoggiata sul vetro.
Il motore andava liscio e passavano le ore, i boschi e le vaste praterie, avevano lasciato il posto ad una strada piu’ stretta, impervia, che si arrampicava, tornante dopo tornante, verso un passo ad alta quota, tra altissime montagne e boschi di faggio.
Mentre pensava e rimuginava gli affari suoi, Pier noto’ che, la bellissima signora seduta vicino, estrasse dalla borsa un libro e si apprestava a leggerlo. Fece un sobbalzo quando si accorse che si trattava proprio del libro che aveva scritto lui. Gli venne in mente di dire: “Ehi, quella e’ la mia creazione, quel volume l’ho fatto io”, ma la sua riservatezza lo blocco’ “tanto – penso’ – all’ultima pagina c’e’ la mia foto e la bella signora la vedra’ e mi dira’ qualcosa”, forse mi chiedera’ l’autografo, io iniziero’ a parlarle. Ma non fu cosi’.
Faceva gia’ buio e il passo ancora non era ancora in vista. Comincio’ a diffondersi un po’ di nervosisimo tra i passeggeri. Il signore alticcio era andato a sedersi dietro e dormiva.
La strada si faceva sempre piu’ tortuosa e stretta e pericolosa, in piu’ scendevano, abbondantemente, fiocchi di neve, minacciosi.
Pazienza.
Il mezzo procedeva, ma a velocita’ ridottisima. Egli rivide, nella sua fantasia, il destino che lo stava aspettando. Nell’ Aula Magna dell’Universita’ di Verve, avrebbe letto il suo saggio su Epicuro e presentato il suo ultimo romanzo, davanti ad una platea importantissima, per lui, mentre i membri dell’ Accademia e i rappresentanti del Governo della Repubblica, avrebbero deciso, in base al suo valore letterario, di assegnarli il premio ambito, cioe’ la cittadinanza onoraria.
Sarebbe diventato cittadino della piu’ ricca nazione del Mondo. Ma, da quanto ne sapeva, dai suoi libri che gia’ avevano letto, dagli esperti che lo avevano presentato, Il gioco sarebbe stato facile. E poi, qualcuno di sua conoscenza glielo aveva fatto sapere che, la decisione positiva, era gia’ stata presa. Altrimenti, non lo avrebbero chiamato a presentarsi davanti a loro e parlare delle sue opere, cosi’ rapidamente.
Ci fu un forte scossone, una fermata improvvisa. La neve era ormai altissima e il corrierone non avrebbe piu’ potuto procedere.
Che succede?” si chiesero i passeggeri.
Signori mi spiace – spiego’ il conducente – ci dobbiamo fermare qui’, ora.”
Un brusio invase il mezzo.
Che facciamo?’
C’e’ da percorrere un chilometro e mezzo nella neve.”
Rimasero tutti atterriti.
Si arriva al passo da quella strada, dove gia’ avete le camere prenotate nell Albergo.”
Tutti presero le loro valigie e si avviarono. La donna non lo guardo’ nemmeno e se ne ando’. L’ubriaco dormiva e nessuno penso’ a svegliarlo.
Pier era un po’ spaventato, ma quella situazione lo inebriava. Aspetto’ che tutti se ne fossero andati, si accese un sigaro e penso’ a domani.








Negli altri paesi, verso Est di Vannonia, la gente era infelice, i diritti umani, in special modo quelli delle donne, erano calpestati da tutti e i governi erano ricchissimi, ma corrotti e malvagi, percio’ la gente era costretta a vivere, suo malgrado, l’inferno peggiore.
Credevano tutti in divinita’ orrende, che li portavano ad divenire irrazionalmente bigotti, stupidamente superstiziosi e a fare guerra e a provocare terrore, contro tutti quelli che non la pensavano al loro stesso modo anzi, peggio, si ammazzavano tra fratelli e correligionari.
I capi religiosi, avevano affinato programmi scientifici per indurre i giovani e il resto della popolazione, ad entrare nella loro assurda mentalita’ e stile di vita. Si chiamava: “Lavaggio dei cervelli”. Nessuno, nemmeno all’Occidente, sapeva farlo bene come lo facevano loro.
Non solo odiavano la Cultura e le opere d’Arte, moderne e antiche ma, il solo sentirne parlare, li incitava a tirar fuori il mitragliatore (di ultima generazione) e sparare.
Vestivano come s’usava duemila anni fa e le donne, la cui bellezza era sfolgorante, erano costrette (da mariti, padri o altri padroni) a mascherarsi con scialli e velature piu’ o meno scomode, affinche’ nessuno potesse ammirare la leggiadria di cui la Natura, o Dio, le aveva fornite. Molti di questi maschi dementi, erano terroristi che terrorizzavano il mondo, non avevano paura di morire ma, il loro terrore, consisteva nel pensare all’ipotesi (terrorizzante) di essere cornificati. Per questo stupido motivo, nascondevano le grazie delle loro donne.
I popoli dell’Ovest, invece, molto piu’ moderni e progrediti, civilizzati e laici, stavano tornando indietro, velocemente, sui loro passi. Cultura e Civilta’, si stavano inaridendo dentro le vene della popolazione occidentale. Molti avevano smesso di leggere libri e lessero, solo, certi messaggi spediti da guru ignorati e imbroglioni.
In ogni citta’, le biblioteche, le librerie, i musei e i teatri chiudevano e aprivano Casino’, sale giochi o centri scommesse o negozi che vendevano solo robe inutili.
C’erano, tra la popolazione, individui pronti a giurare sul fatto che, tutti i pianeti, fossero piatti e non sferici e che il piatto chiamato “Terra”, fosse invaso da mostri dalle sembianze umane e circondato da scie pestilenziali.
Si odiava e ripudiava, sempre piu’ e con maggior veemenza, la Scienza, la Letteratura e le Arti e si disprezzavano coloro che avevano studiato, con passione e sacrificio. La ricchezza era sempre piu’ concentrata mentre, la poverta’ diffusa, costringeva la gente a fuggire e molti cercavano di entrare, con grande difficolta’, a Vannonia, ultimo baluardo di Civilta’.
Ma qui, il governo della Repubblica imponeva una selezione fortissima e severa.
Solo chi avesse l’animo nobile e intenti di Pace e Civilta’ e Conoscenza, cognizioni scientifiche elevate, avrebbe potuto varcare quel confine ed essere il benvenuto tra il popolo vannonese.
I meriti di Pier erano stati vagliati attentamente. Questi pensieri, ch’egli non lasciava mai, gli fecero perdere, come sempre, il senso del tempo.






Poi, usci’ nella notte buia e cammino’ sopra la neve.
Respiro’ l’aria odorante di ghiaccio e fu cosi’ che, Il silenzio e l’atmosfera surreale, gli ricordarono la disgrazia successa al padre, tanti decenni prima, quando era stato obbligato, da governi cialtroni e inetti, ad invadere un paese che non era il suo, attaccandone gli abitanti, senza averne la forza e i mezzi, per poi finire, quello scellerato bullismo, in una disastrosa ritirata, tra compagni di armata che cadevano nel ghiaccio, stroncati dalla fame, dal freddo, dalla stanchezza e dalla paura. Per fortuna, suo padre torno’ vivo da quel girone infernale, proprio per mettere al mondo lui.
La notte era giunta all’ora piu’ buia. Eppure, uno strano chiarore la conquistava: erano le stelle che si riflettevano sul manto nevoso e traformavano i fiocchi caduti in miliardi di brillanti e, la loro luce, insieme a quella di altri pianeti, traformavano quell’angolo di alta montagna in un magico Firmamento, rendendo il cielo indistinguibile dalla terra.
E, inevitabilmente, subito gli tornarono in mente i versi del grande poeta ermetico, che lui adorava e che scrisse la poesia piu’ breve del mondo: “M’ illumino d’ Immenso” fu in quel momento, poco prima che il Sole arrivasse a scompigliare tutto, con la sua fervida e accecante luce, che capi’, in pieno, le parole del Maestro di vita.




Mentre affondava le scarpe, troppo leggere, nella neve e la sua mente affondava in tali, grandissimi pensieri, con la valigia in spalla e il sigaro in bocca, senti’ un ronzio alle sue spalle. Fu felice di scorgere un giovane militare in motoslitta che lo chiamo’.”
Vuoi un passaggio all’Albergo?” E sali’ sul mezzo da neve.
Quando entro’ nella Hall, il recepsionist stava dormendo appoggiato al bancone, con la teste nelle mani. Russava.
Buongiorno – lo sveglio’ Pier – posso avere le chiavi della stanza?”
Sobbalzo’ sulla sedia, tanto che, il suo parrucchino biondo, si sposto’ di lato.
Subito signore, lei e’ l’ultimo cliente, qui ci sono le sue chiavi. Stanza 69, secondo piano.”
Quando Pier inseri’ le chiavi, scopri’ che la porta era gia’ aperta. La cosa lo inquieto’ non poco, ma entro’ lo stesso,
tanto il guardiano sara’ gia’ andato a dormire’, penso’. Si accorse che, dentro, c’era gia’ stato qualcuno. Avanzando, scorse dei vestiti e, spostando le coperte, ebbe un sussulto.
Lo prese un colpo al cuore. “Mi perdoni” disse, quando vide che il letto era gia’ occupato. Da una donna. Non una donna qualsiasi. Dalla sua vicina di autobus.
Con le sue mani bellissime, Lei si copri’ il seno, anche se non del tutto.
Pier si giro’ e chiuse gli occhi.
Forse mi sono sbagliato, signorina, mi scuso, me ne vado subito.”
La signora rispose e Pier risenti’ la sua voce angelica.
Mi spiace signore, forse ho sbagliato io.”
A quelle parole, le prime che rivolgeva a lui, pronunciate con una grazia che non e’ di questo Mondo, l’uomo ebbe una reazione che gli provoco’ i brividi alla schiena.
Andiamo dal portinaio” penso’ Pier.
Stara’ gia’ dormendo, a quest’ora – affermo’, stranamente e con un certo imbarazzo, la donna - se vuole io mi sistemo in divano.”
Neanche a parlarne, signorina, in divano ci vado io, scusi se ho spostato le coperte, non volevo vederla cosi’ spogliata.”
La donna rispose con un sorriso che non lo avrebbe fatto dormire per tutta la notte.
Quando fu sul divano, dopo tanto tentennamento, prese il coraggio.
Le disse: “Io mi chiamo Pier.”
E io sono Brunetta” rispose la voce celestiale.
La stanza era buia, ma i due erano vicini e Pier si sentiva vicinissimo a quella bella signora. Parlarono molto e lei gli racconto’ della sua vita. Gli rivelo’ che era sfuggita dal suo paese e che era venuta a Vannonia in cerca della nonna, che mancava da molto. Aggiunse che anche lei, come la nonna che era fuggita quando ancora lei era in fasce, aveva subito, nel paese bello, maltrattamenti e angherie di ogni sorta e che la situazione, in quel momento, stava peggiorando, proprio come nel periodo, lontanissimo, in cui fuggivano tutti.
Dove e’ diretta?” Le chiese.
A Verve. Dovrebbe trovarsi li’, mia nonna, quando arrivo ho un indirizzo dove andarla a cercare e tu?”
Anch’io sono diretto in questa citta’, la fine della corsa per il nostro autobus, se riescono a smuoverlo dalla neve.”
Dal suo gentile, ma dimesso, tono di voce, capi’ che quella donna doveva aver sofferto molto per scappare dalla sua casa.
Domani sara’ una bellissima giornata.” Sentenzio’ Brunetta e cadde nel sonno profondo, con un leggero brontolio nella gola.
Pier non aveva mai sentito, in vita sua, qualcuno russare in modo tanto sensuale.
L’indomani, fu realmente un tempo meraviglioso. La neve abbondava su tutto il passo e sulle vallate sottostanti, ma il corrierone aveva grosse catene e, di la’ a qualche chilometro, la strada sarebbe tornata accessibile, vista la velocita’ e il lavorio dei mezzi sgombraneve.
Brunetta, durante il viaggio, non si sedette vicino a Pier. Forse era timida o forse imbarazzata per aver passato la notte con lui, anche se niente era accaduto.
Pier ripasso’ i suoi appunti su Epicuro, li rilesse e cambio’ qualche frase. Poi si mise a rimirare il paesaggio.
L’autobus affronto’ ancora qualche tornante per scendere, dalla parte opposta, quella della via che porta al mare e gia’ si vedevano, in lontananza, le magnifiche gole del fiume Seiball, sacro alla Patria e dai colori incredibili. Era nella sua fase iniziale, pareva un torrentello, ma di li’ a poco sarebbe diventato un nobile e potente rio che avrebbe attraversato le piu’ belle citta’ dello stato. Finita la discesa ripida, mentre i passeggeri trattenevano il respiro, apparvero le meravigliose cascate del Cacciatore dove, dall’alto, una famiglia di cervi dal corno alato ammirava il passaggio del torpedone, tranquilli e sereni perche’, da molti anni, la caccia era stata abolita dal Governo e i cervi erano divenuti patrimonio nazionale.
La discesa a valle era compiuta. Passavano, davanti a loro , dolci colline colme di viti: un vino dolce, pronto per i prossimi mesi. La strada verso il mare era spianata, anche se mancavano tanti chilometri alla meta.
Era Estate, si vedeva bene e faceva caldo, anche se sui passi di montagna, sopra i tremila metri, la neve sarebbe caduta per tutto l’anno.
Poi lo vinse il sonno, dato che, durante la notte, non aveva dormito, naufrago com’era tra pensieri sacri e profani, tra idee grandiose per il suo futuro e sogni irrealizzabili sulla donna che dormiva in quel grande letto, tanto vicino e tanto lontano.
A qualche ora dall’arrivo, l’autobus fece una sosta per il rifornimento.
Si fermarono in un bar ben fornito e scesero tutti. Pier pensava di rimanere a dormire, ma realizzo’ che, un buon caffe’ lungo, era quello che ci voleva.
In un angolino del bar, noto’ Brunetta che se ne stava ferma e rigida, senza far niente. Guardava gli altri e non si muoveva. Immagino’ che, forse, la ragazza non portasse molto denaro con se’, del resto gliene aveva raccontate tante questa notte, di storie, parlandogli dei suoi guai e delle sue sfortune.
Posso offrirti un caffe’?”
No, grazie,” rispose lei deglutendo.
Pier la prese sotto il braccio e la porto’ davanti al bancone lustro, di vetro e cristallo e contorni in ottone, ben fornito. Immenso.
Un cappuccino per la signora – ordino’ al barista molto impegnato con numerosissimi clienti – e qualcosa di dolce.”
Brunetta fece no con la testa.
Cosa mangi?” chiese Pier perentorio.
Forse un croissant” rispose timidamente,
Cinque croissant caldi, prego, con marmellata di pesche.”
Ma io non ce la faro’ mai a mangiare cinque croissant” disse Brunetta.
Non preoccuparti, uno la mangio io.”
E il viaggio del torpedone prosegui’, tra magnifiche vallate odorose di erbe aromatiche e pianure fertilissime e pini marittimi, che indicavano la via del Mare Grande.
Nell’ultima parte del viaggio, Pier la volle vicina, vicinissima.
Parlarono a lungo e lei le racconto’ dei gravissimi problemi che aveva dovuto affrontare nel suo paese che era, poi, anche quello da cui lui stesso proveniva.
Un grande, anche se piccolo, paese pieno di Arte e Storia e bellezze naturali. Se possibile, molto piu’ bello anche della stessa Vannonia, ma da cui, per una qualche strana maledizione, si stava fuggendo. Lei lo strinse forte. Avrebbe voluto rivelargli moltissime altre storie e non ne aveva il coraggio. Ma capirono di avere molte cose che li legava insieme. Per la prima volta, le loro labbra si toccarono.
Attraversarono il grande e maestoso “Ponte della Concordia Mondiale” sul punto piu’ panoramico del fiume Seiball. Era una giorno caldo e molti si bagnavano o prendevano il sole sui tanti parchi che contornavano le sue rive. D’inverno era sempre ghiacciato e il colpo d’occhio, nel vedere una moltitudine di pattinatori scivolare danzando, era imperdibile.
La vicinanza della donna lo aveva fatto calmare. Gli riprese il sonno. Stavolta dormirono insieme, ma molto piu’ vicini di prima, abbarbicati l’un l’altra.
Si svegliarono assieme, quando udirono rumori forti, odore di salsedine e la voce dell’ autista che urlava: “Verve, citta’ di Verveeeeee. Fine corsa.”
Si ritrovarono in una citta’ meravigliosa, quasi una Utopia realizzata. Snelli e maestosi grattacieli ecologici, ricoperti sapientemente di ogni tipo di alberi ed erbe rampicanti, si stagliavano verso un cielo azzurrissimo, meravigliose villette contornavano ogni strada ed ogni via. Negozi d’ogni tipo e un brulicare frenetico di persone eleganti.
A Pier, appena sceso dalla stazione centrale delle corriere, venne incontro il carissimo professor Bacchini, anch’egli proveniente dallo stesso paese di Pier e Brunetta. Era, questi, il presidente dei docenti universitari della citta’ di Verve. Un uomo di scienza, che aveva avuto rapporti di amicizia con la famiglia di Pier ed era stato, proprio lui, a convincerlo di venire in Vannonia e lo aveva aiutato con tutte le sue forze. Lo abbraccio’ e lo trascino’ verso l’Accademia, dove tutti lo stavano aspettando. Fece in tempo a salutare Brunetta. La guardo’ andare via tristemente. Forse, quella, l’ultima volta che si sarebbero visti. Mai piu’ rivisti. Il suo cuore era molto addolorato, continuava a girare la testa verso quella creatura meravigliosa. Anche lei, ogni tanto si girava a guardarlo tristemente. Ma la vita e il professor Bacchini, lo trascinavano via.
L’Aula magna della antica e famosa Universita’ “Yujanka Accademia d’ altissima Cultura delle Scienze e della Letteratura”, era colma di gente elegante e raffinata. Moltissimi i giovani, vestiti come usano vestire loro, chi elegantissimo, chi come un bullo di periferia, pur appartenendo alle migliori famiglie della migliore citta’ della migliore Nazione.
Lo accolse il Magnifico Rettore, Professor Dottor Ignazio Ferramonte, di nobili origini, una famiglia antichissima proveniente dallo stesso Bel Paese, sempre quello, da cui arrivavano tutti loro. Figlio di generazioni di artisti, scienziati e condottieri. Rappresentava bene, costui, il prototipo del genio. Bello, alto, spalle possenti, voce stentorea e cultura senza limiti. I suoi scritti e i suoi interventi, in varie materie, erano conosciuti da ogni parte. I suoi consigli erano cercati e ben pagati dai potenti di tutto il Mondo, le donne cadevano, letteralmene, ai suoi piedi. Lo sapeva e ne era compiaciuto.
Piu’ e piu’ volte aveva battuto ogni sorta di computer di ultima generazione, nei vari test di intelligenza e nel gioco degli scacchi. Conosceva dodici lingue e seicentocinquanta dialetti. Diede un bacio, accademico, di benvenuto allo scrittore.
Pier entro’ in Aula e fu un mezzo trionfo. Dopo la lettura dei suoi testi, il trionfo fu completo. Aveva citato Epicuro e la sua filosofia, aveva parlato del rapporto del filosofo con la morte:
Se c’e’ lei, non ci sei tu, fin che ci sei tu, lei non esiste.”
Poi, aveva presentato il suo romanzo dedicato, completamente e dettagliatamente, alla sua citta’, alla sua storia millenaria e al bel paese da cui proveniva. Quasi tutti, poi, comprarono il suo libro: quella sera, di sicuro, avrebbe potuto permettersi, di mangiare al ristorante. Il Magnifico Rettore, che era andato a congratularsi, gli chiese di tornare tra due giorni, dove avrebbero presentato gli altri suoi libri e commentato liriche di vari poeti. Ormai egli era entrato nella Cultura Vannonese, la Cultura Mondiale.
La serata fu fantastica. Cenarono tutti assieme, Ferramonte, Bacchini e altre trenta persone, in un magnifico ed elegantissimo locale da cui si dominava il Mare Grande, lo skyline illuminato del centro, lo splendore dei parchi e della zona verde, illuminata da mille colori e da sculture piene di luci.
La festa duro’ tutta la notte, continuo’ nella splendida villa del Magnifico Rettore, posta perfettamente sulla Paradise Hill, la collina piu’ cool della citta’, dimora delle magioni dei piu’ alti personaggi del Jet Set, della Cultura, del cinema, degli affari, della politica e dell’Arte.
I camerieri servivano buffet volanti a base di ostriche, cicchetti di aragosta della Baia delle arance, filetti di dentice al melograno e una mousse di pesce spada e rombo che, qualche giorno addietro, aveva vinto il primo premio al campionato mondiale del gourmet.
Pier alloggio’ al grand hotel Hilton e Regina, uno dei cinque piu’ lussuosi alberghi del pianeta, con piscina in camera. Nella sua stanza, una foto indicava che, qualche anno prima, anche la Regina Elisabetta aveva alloggiato, con tanta soddisfazione, in quello stesso luogo e aveva ben riposato in quel letto a tre piazze.
Eppure non riusci’ a dormire. Pensava sempre a quella ragazza. Lei lo aveva lasciato e ora non sapeva come avrebbe potuto fare per rivederla, almeno, un’ altra volta nella vita sua.
L’indomani, passo’ la giornata a bighellonare tra i mille parchi della citta’. Preferi’ dirigersi al piu’ conosciuto, quello nel pieno centro e vicino alla stazione. Sul far del pomeriggio, vide una donna seduta sulla panchina, ma non ci fece caso. Si disse che assomigliava a Brunetta e la guardo’ sgranando gli occhi, perche’, da lontano, non ci vedeva bene. Anche se, almeno altri milioni di donne, che aveva visto quel giorno, parevano somigliare a Brunetta.
Ma la ragazza, stavolta, era quella giusta, lo saluto’ con la mano perche’, da lontano, lei ci vedeva bene e, a Pier, gli prese un groppo in gola. Era proprio lei. Si mise a correre ed arrivo’ alla panchina in un decimo di secondo, anche se non fu pero’, la corsa, che gli provoco’ quell’esagerato battito del cuore e il fiatone da maratoneta poco allenato.
Pero’, una volta avvicinatosi, si accorse che, la sua ragazza, stava piangendo.
Beh, che c’e’?” fece lui. Immensamente felice di averla ritrovata.
I lacrimoni scendevano dal volto bellissimo, solcandone ogni sua curva e Pier sentiva di amarla con tutto il cuore.
Lei non aveva voce da rispondere. Le si sedette accanto. Fu Brunetta a mettere le mani attorno al collo di Pier e ad attaccarsi, con tutte le forze, al suo corpo.
Amore che c’e’?” le chiese.
Amore.”
SI?”
C’e’ che devo andare via.”
Perche’?”
Mia nonna e’ morta mentre stavo arrivando, non ho fatto nemmeno in tempo a baciarla.”
Pier la strinse di piu’ a se’.
Ed ora non ho piu’ motivi di stare qui. Ho fatto domanda per avere un permesso, la Polizia sta aspettando ordini. MI hanno dato un alloggio nella sede della questura per l’immigrazione, mangiare e dormire eppero’ se decidono di mandarmi via, devo tornare al paese. Ma li’ non mi e’ rimasto piu’ niente. Non voglio andarci.”
Si capiva che lei avrebbe voluto dirgli che voleva restare per lui. Ma non ne avrebbe avuto mai il coraggio.
Puoi stare con me.”
Magari lo potessi fare. Devo rientrare entro le sette, ordini prescisi, altrimenti commetto un reato e mi mandano via immediatamente, senza esaminare, nemmeno, la mia domanda.”
Pier e brunetta, abbracciati, parlarono per ore e lei gli racconto’ molte altre cose che, prima, aveva evitato e omesso di rivelargli, alcune veramente insolite. Per l’uomo furono descrizioni che non si sarebbe mai e poi mai aspettato.
Sai Pier, io ti conosco da molto.”
Mi conoscevi gia’? Prima di incontrarmi?’
Si’ amore mio. Ho letto tutti i tuoi libri. Li adoro e adoro te.”
Ti sei proprio innamorata per quel che scrivo?”
In realta’, mi sono innamorata quando ho visto la tua fotografia alla fine del libro, il primo. Poi ti amo per quello che pensi, dici, scrivi.”
Pier respirava a fatica.
Ho fatto di tutto per poterti incontrare, decisi di vederti quando seppi che eri in Vannonia, proprio quando c’ero io, un segno del destino.”
Ok A, ma una domanda: come facevi a sapere che ero in quell’autobus e come hai potuto prenotare il biglietto proprio vicino al posto mio?”
Tesoro, non avevo prenotato, ho fatto andare via lo sbronzo con un sotterfugio.”
Non avevi prenotato?’
Se e’ per quello, non avevo nemmeno il biglietto. E chi li aveva i soldi?”
Aaahh.”
Anche per l’albergo in cui abbiamo dormito io e te. Non avendo biglietto, non avevo nemmeno la prenotazione in camera.”
Eeehh.”
Per cui, quando arrivai in albergo, corsi a leggere, di nascosto, il numero della tua camera sul registro, presi la chiave della tua stanza, salii le scale per aprirla, poi scesi e le rimisi in portineria e andai ad aspettarti.”
Iiihh.”
Mi spogliai tutta e mi infilai nel tuo letto, con il cuore che batteva forte nell’attesa.”
Ooohh”
Mi sarei aspettata che tu, nel vedermi nuda quando avresti spostato la coperta, avresti fatto subito l’amore con me.”
Uuuhh.”
Avendo finito tutte le vocali dell’ Alfabeto, Pier non ebbe piu’ nulla da dire. Ma, a quelle parole, qualcosa si mosse in lui ed ebbe una forte reazione.
Penso’: “Anvedi la santarellina”, poi bacio’ forte quella ragazza fantastica e si addoloro’ con se’ stesso per la stupida ingenuita’ che aveva avuto.
Poi Brunetta lesse l’ora esatta, nel grande orologio illuminato del parco. Erano le sei e quarantacinque minuti. Urlo’:
Pier e’ l’ora, devo scappare o non arrivo in questura.”
Aspetta, ti accompagno.”
Corsero assieme. Dopo cinquecento metri, la ragazza grido’ a Pier:
La borsetta e’ qui. Manca il diario, noooo il mio diario. Pier, ti prego prendilo.”
Io torno indietro e lo recupero. Tu vai di corsa.”
Pier, poi, torno’ verso il suo alloggio, con il diario della donna in mano. Lo annuso’, ne assaporo’ il contatto con la copertina in pelle e lo inseri’ nel suo borsone di pelle nera.
Passo’ gran parte della sera, una volta tornato nel suo alloggio, a mettere in ordine i suoi appunti. Poi, rovistando tra borsa, gli arrivo’ nuovamente in mano il diario della sua amata ragazza.
Lo lesse e inzio’ a commuoversi, c’erano scritti i ricordi di lei, vergati in bellissima e chiara calligrafia, storie tristi e sogni da realizzare e c’erano poesie: erano poesie bellissime. Inizio’ a leggerle tutte, con avidita’.
Fin dalle prime righe, capi’ che qualcosa, di misterioso, lo stava legando indissolubilmente a quella donna. Ebbe un sussulto quando, dopo aver pronunciato a voce alta i versi che piu’ lo avevano conquistato, noto’ la dedica scritta sotto.
Erano tutti dedicati, quei meravigliosi versi, a un solo uomo.
Titolo: “Ci sono uomini, ci sei tu”, dolce poesia, poi la sua frase amorosa: “A Pier, l’uomo della mia vita.”
Aveva dedicato tutto questo a me. Proprio a me, che non la conoscevo.”
Cosi’ riflette’ tra se’. S’eran fatte le tre di notte. L’indomani mattina avrebbe dovuto sostenere una conferenza davanti a centinaia di studiosi. Non aveva ancora dormito e non lo avrebbe fatto neanche dopo. Si sdraio’ nel letto a pensare. “Ma si’, ecco la soluzione.” Urlo’. “Faro’ Proprio questo. Eureka.’
La giornata si presentava con un cielo terso, il sole ancora tiepido e gia’ la citta’ era in piena di frenesia. Dal bar, usciva un aroma di caffe’, che lo richiamo’, come le sirene di Ulisse, mentre l’eroe era legato all’albero maestro. All’interno, il bancone sfoggiava ogni tipo di creazione pasticcera. Croissant di venticinque gusti diversi, paste con crema, cioccolato, zabaione, frutti misti di bosco e di stagione, baba’ alla panna e baba’ al rhum, cannoli alla siciliana, meringhe con panna. E questo solo al primo banco.
Sorseggio’ un caffe’ doppio bollente, fortissimo e nero, con poco zucchero e gusto’ una meringa. Voleva restare sveglio.
Entrando nella sala che lo attendeva, noto’ che era gremitissima, piu’ del giorno precedente.
Pronuncio’ alcune frasi di presentazione, poi esclamo’:
Di me sapete molto, avete letto o visto i miei libri e spero che ne comprerete tanti.” Frase ruffiana, applauso sincero.
Ma oggi vi leggero’ alcune poesie. No, non mie. Di una persona che e’ uscita da un altro paese e che sta cercando di vivere qui. In un posto in cui gli animi sensibili e veritieri, saranno sempre accolti con le braccia aperte.”
E prosegui’ a leggere parole dolci e leggiadre, come le dame rinascimentali. “....ci sono sognatori che con le parole scrivono pagine di amori.......in un foglio pulito trovai il mio nome ben custodito..Con un bacio t’ ho restituito l’inchiostro rosso....” Un’altra: “Baci, cerchi ovali che si posano tra i respiri......respiri ritrovati hanno il sapore del primo sogno.....di fanciulla maliziosa e di giovane curioso...”
Ricordavano, le parole di Brunetta, certi versi di Umberto Saba, il cui omaggio poetico alla donna amata fu definito:
Canzone amorosa di un grandioso e orami famoso scrittore, il quale provo’ e descrisse meravigliosamente, quel sentimento che uno scolaro avrebbe dedicato, di nascosto dalla maestra, alla sua compagna di banco...”
Alla lettura di quelle poesie, che sembravano canzoni, come quelle canzoni che sembrano poesie e sono, poi, la stessa cosa, molti si esaltarono come ad un concerto rock.
Infatti, Pier le leggeva cantando, versi che parevano musicati da un cantautore di grido.
Il pubblico sembrava eccitato. Scorse, tra mille persone, la grande figura del Presidente, che stava informandosi sul nuovo arrivato, coi suoi collaboratori, seduti vicino a Lui, Ferramonte e Bacchini e altri dell’Accademia.
Trasali’ quando vide che, il Presidente in persona, lo guardo’, alzo’ il braccio e, novello Cesare, schizzo’ il pollice verso l’alto.
L’uomo si senti’ un gladiatore. S’accorse di aver combattuto una lotta strenua contro i leoni, quelli con cui aveva lottato sempre, nella sua vita, la bella Brunetta.
Finita la conferenza, Pier chiamo’ i suoi amici. Andarono di corsa al centro immigrazione della Questura.
Entro’ per primo e chiese, al poliziotto, di Brunetta. Questi guardo’ nel registro, non capiva. Usci’ e inizio’ a cercarla nelle altre stanze e in dormitorio. Purtroppo, di lei, non c’erano notizie.
Sapeva soltanto, essendo arrivato da appena una mezz’ora in servizio, che uno scaglione di stranieri era stato condotto, alla dieci circa, verso l’aeroporto internazionale per il rimpatrio, ma non gli risultava che ci fosse stata anche lei, li’ in mezzo. Il registro parlava chiaro. Cominciarono tutti ad essere preoccupati, Pier, I suoi amici e i poliziotti ancora di piu’, visto che ne erano responsabili.
Il clima si stava surriscaldando tra varie accuse reicporche. Bacchini propose di recarsi all’aeroporto, anche perche’, dato che gli stranieri erano tutti di varie e diverse provenienze, i preparativi per i tanti rimpatrii erano sempre assai lunghi.
Nel trambusto generale, passo’ di la’ un giovane poliziotto, era poco piu’ che adolescente. Con l’aria smarrita e sognante dei teen ager, chiese cose stesse succedendo. Uno dei poliziotti gli domando’ se avesse visto una donna e se sapesse, per puro caso, dove fosse andata a finire. Gli spiegarono com’era fatta, dei suoi capelli e della sua altezza. Fece un sospiro lunga, con la faccia brufolosa e rispose:
Ah quella col caschetto, un vestito un po’ vintage, magra e dal viso assai dolce.”
Tutti annuirono.
Quella con il sederino un po’ in fuori, il seno piccolino, ma ben fatto, insomma con tutte le cosine a posto.”
Pier incomincio’ proprio a innervosirsi. Ma questi continuo’
Proprio una gran bella donna, una voce che sembra un sogno di una notte mezza estate e un profumo soave, un portamento di classe, uno sguardo altero, ne ho viste poche cosi’.”
Senti, giovane, limitati a dire se l’hai incontrata o no, che non abbiamo tempo da perdere.”
Ma sono un poliziotto.”
Si’, ok giovane poliziotto dall’aria estasiata e dalla lingua lunga, l’hai vista?”
Certo.”
Certo che?”
L’ho vista”
E allora?”
E’ qui.”
Qui dove?”
Qui da noi, che domande.”
Ma da noi doveeee?”
E’ in infermeria. E’ ricoverata. Questa mattina, ha dato in escandescenze, perche’ non voleva essere rimpatriata e ha tirato un calcio contro la porta, ma trattavasi, ahime’, di una porta finta, di cemento. Si e’ fatta male a un piede. Propria una bella botta violenta. L’abbiamo curata, fatto delle lastre e stiamo decidendo se mandarla all’ospedale. Vederla cosi’, sembrava proprio una furia. Le abbiamo somministrato dei calmanti.”
Pier fu subito nel suo letto. Lei lo guardo’ con felicita’, la sua felicita’ triste.
Cosa hai fatto?”
Niente amore. Mi hanno fatta arrabbiare. Ho solo assestato un piccolo calcio a un muro.”
Tocco’ il suo piede che era mezzo fasciato. Al contatto con le sue mani, Brunetta ebbe un tremito. Non si capiva se si fosse trattato di dolore o di piacere. Dal tipo di risposta, nella voce della ragazza, si propenderebbe piu’ per la seconda ipotesi.
Intanto, nella sala del comando in questura, s’era acceso un dibattito serrato su come i poliziotti avrebbero dovuto comprendere in tempo e intervenire a riguardo delle persone stressate, prima che potessero arrivare a farsi male da soli.
Ma se e’ una matta, e’ colpa mia?” disse il poliziotto in maniera impertinente.
Voi poliziotti siete gli angeli del cittadino - lo redargui’ Bacchini - o lo dovreste, almeno, essere. Non avete forse studiato, nel corso in cui ogni tanto porto i miei insegnamenti, le tecniche psicologiche per intervenire sui casi di attacchi di panico?”
Ma... pero’...insomma.”
Il poliziotto non riusci’ proprio a rispondere all’accademico. Di solito egli era felice di vivere a Vannonia e servire il suo paese, ma in quell’ occasione penso’, solo di striscio, a quanto sarebbe stato meglio esercitare la sua dura professione in quei paesi in cui, non essendoci molta Democrazia, avrebbe potuto, ogni tanto, manganellare qualcuno a suo piacimento e godimento.
Il dibattito sui massimi sistemi politici e civili, prosegui’ fino all’arrivo della maggiore autorita’. Il Presidente? No, L’esimio e onorevole Dottor Ignazio Ferramonte, che s’era attardato per un momento, li’ fuori, a firmare autografi a un nutrito e deciso gruppo di donne in eta’ quasi matura.
Basto’ la sua presenza a calmare gli animi.
Si’, perche’, nei vari paesi del Mondo, valgono e contano molte e variegate doti per essere al Potere. In alcuni, quel potere ce l’hanno i religiosi, in altri i finanzieri e i padroni dell’ Economia, in altri ancora lo detengono i militari e i golpisti. I capi tribu’ o gli sciamani. In molti stati, piu’ banalmente, i Politici, specie quando vengono eletti dal loro popolo.
A Vannonia, invece, il potere e’ tutto nella Cultura. Ignazio Ferramonte, se non altro per il suo genio, conta piu’ del Presidente in carica. Non perche’ sia un golpista, ma perche’, naturalmente, ogni mattina appena sveglio, il Presidente chiama, per aver consigli, tutti i maggiori esperti delle Scienze Umane e Tecnologiche. E Vannonia funziona. Il popolo vive bene. L’economia tira. E il resto del Mondo la invidia.
Ignazio Ferramonte consegno’, di persona, i documenti per la permanenza nel paese intestati a Brunetta e li mostro’ al poliziotto. Con la firma, a inchiostro ancora umido, del Premier vannonese. Il poliziotto, continuera’ poi, per molto tempo nella sua vita, a chiedersi chi fosse, veramente, questa Brunetta cosi’ importante per tutta quella gente altolocata e Vip.


Quando tutti se ne furono andati, anche il poliziotto che fu sostituito da un altro fresco e riposato, entro’ il giovane questurino e porto’ i documenti pronti, per le dimissioni dall’infermeria, di Brunetta. Disse che le radiografie confermavano che il piede era a posto, solo una bottarella ( lo disse un po’ ambiguamente). Fece gli auguri e se ne ando’, mentre continuava a spiare, con una certa libidine, le grazie della donna.
Puo’ andare quando vuole, signora, la saluto e mi scuso per tutto. Torni quando desidera.”
Pier non intui’ cosa corresse nella testa del postadolescente, venuto a fare il poliziotto, invece che servire in un Mc Donalds, comunque lo ringrazio’ e chiese alla sua ragazza se fosse in grado di camminare, lei rispose che non lo sapeva. Lui la prese in braccio e la porto’ via con se’, senza sentirne il peso.
Mentre uscivano dalla Questura Reparto Immigrati, la donna che lui teneva amorevolmente in braccio, lo bacio’.
Era un pomeriggio lmpidissimo, si stava bene al Mondo. Cammino’ col suo amore tra le braccia verso la spiaggia. Lei provo’ a scendere e a camminare piano, zoppicava ma non soffriva piu’ di tanto.
Nel lungomare di Dante Beach si leggevano, scolpiti in una pietra rivestita d’oro, i versi dell’ ultima parte, nonche’ dell’ultima cantica, del Sommo Vate. Gli amministratori li avevano dedicati a questa stupenda marina:
A l’alta fantasia qui manco’ possa;
ma gia’ volgeva il mio disio e ‘l velle,
si’ come rota ch’igualmente e’ mossa,
L’Amor che move il sole e l’altre stelle
Era interrotto da continue e nascoste spiaggette, a quell’ora nessuno faceva il bagno, era il momento in cui la calma del mare, il cielo dai colori cangianti rapidamente, il silenzio dell’atmosfera, avrebbero creato, in chi si fosse avventurato a bagnarsi, una sorta di estasi catartica che liberando dalle angosce porta, pero’, a uno stato contemplativo il quale, a volte, puo’ condurre l’individuo che ne e’ catturato, verso strade incerte e mete sconosciute. Per questo motivo, tutti i bagnanti rientrano, molto prudentemente, a quest’ora.
Il sole iniziava ad avviarsi al tramonto, ma si vedeva che non ne aveva una grande voglia. Senza fretta, sembrava fermarsi un poco, poi ripartire con calma, scaldare ancora per inabissarsi, alla fine, verso altri continenti.
I due si sedettero in un chiosco sulla spiaggia, lo ricopriva un tetto di paglia: un signore dall’aria flemmatica servi’ loro l’aperitivo che aveva appena preparato. Era freschissimo. Il barman aveva aggiunto, al succo di anguria e melograno, una parte di zucchero di canna, quello che alza la gradazione alcolica, molto ghiaccio, una spruzzata di selz e un liquore che nessuno sapeva cossa fosse e che lui, manco sotto tortura, avrebbe voluto rivelare. Qualcuno, in passato, aveva mostrato il sospetto che si trattasse di una specie di grappa, prodotta con cannabis e la fusione di foglie di coca del sud. Di certo, sorti’ un bell’effetto sui due che se l’erano scolato, chiedendone il bis.
Ridendo e spingendosi tra loro, abbracciandosi a tratti e unendo le labbra in continuazione, arrivarono ad una spiaggia isolatissima. Il mare era troppo calmo, il sole ancora non voleva oscurare il cielo, ma gia’ si intravedevano, vicinissime, milioni di stelle. Non si udiva nemmeno, lo sciacquio di un’ onda. Pier si tuffo’ nell’acqua trasparente e lei lo segui’. Continuarono a scherzare per un po’, a toccarsi bagnati, a unire le loro labbra.
Il mare cristallino s’era fatto, ormai, di un colore rosso fuoco. Brunetta usci’ dall’acqua e Pier noto’ che, mentre saliva su uno scoglio, era nuda.
D’altronde nudo era anche lui e a Vannonia nulla e’ proibito.
Capi’ che si stava realizzando un sogno ricorrente, che Pier ripeteva, sempre lo stesso, da anni.


Volse lo sguardo verso il cielo, meravigliosa visione, poi riguardo’ lo scoglio in cui, la sua musa, stava distesa a pancia in su, rilassata, col gusto del liquore sulle labbra e a occhi chiusi. Usci’ dal mare e si avvicino’ a lei, bacio’, in primis, il piedino dolorante, poi sali’ verso le gambe e prese a baciare, dopo averla massaggiata, la pelle della sua pancia, assaporava un gusto salato e dolcissimo. Lei continuava a tenere gli occhi chiusi.
Sussurro’, con la sua voce conturbante e sensuale:
Piu’ giu’, vai.”
Poi, le sue labbra risalirono.
Bacio’ il suo seno e arrivo’ alla bocca che, finalmente, lei apri’.
Fu in quel mentre, che l’uomo sprofondo’ in un bacio convulso e precipito’ dentro una paurosa voragine.
Si accorse che, invece di cadere, stava volando. Si giro’ nuovamente, guardo’ verso il cielo ormai buio e conto’, stavolta, un miliardo di stelle e capi’ che, quel puntino rosso in un primo piano lontano, rappresentava la luce preziosa del pianeta Marte.
Estasiato, senza tempo, davanti all’Universo.
Continuo’ a baciarla e non smise di vedere le stelle e, anche con gli occhi chiusi, gli apparvero pure quelle descritte da Dante.
Gli vennero alla mente allora, trovandosi disperso in quel grande mare, davanti a tanta grandezza, senza capire dove si trovassero il nord o il sud o l’est o l’ovest, le parole, dolci e tristi, del poeta:
Cosi’ tra questa immensita’ s’annega il pensier mio: E il naufragar m’e’ dolce in questo mare.”




Story by Pier Angelo Piccolo