mercoledì 21 agosto 2019

IL GRANDE CASTELLO. (Prologo e 1° Capitolo )


IL GRANDE CASTELLO
Pier – Angelo Piccolo






PROLOGO
Che fare?


Angelo sentì battere, giù al portone del castello, due, tre colpi possenti che lo fecero sobbalzare. Si affacciò alla grande finestra a vetrate e volse lo sguardo in basso, nel vasto cortile immerso in una spessa coltre di neve.
Ugo …?”
Ciao compare, non te l’aspettavi questa visita?”
In effetti, pensò che era proprio da un tempo infinito che non incontrava quel suo vecchio, caro, amico, tanto che, alla sua vista, venne assalito da forti e stordenti ricordi. Date le strane circostanze in cui si stava vivendo, Angelo era ormai pronto a qualsiasi evenienza, non si sarebbe sorpreso nel vedersi arrivare in casa nemmeno il re degli Unni in persona, perciò quella bella improvvisata diventò, nel suo cuore, una gioia da godere. Ugo rappresentava per lui, conoscendo il tipo, la migliore compagnia possibile.
Entra dentro, più svelto che puoi” lo esortò l’ospite, spalancando tutte le entrate che formavano il complicato sistema di protezione del castello.
Hai ragione compare , il freddo è pungente e, fuori, la condizione non è di certo delle migliori.”
Il volto di Angelo, duro e pieno di rughe, si fece, a queste parole, ancora più serio e pensieroso.
Non so cosa stia accadendo, sembra che le persone, in strada, siano tutte impazzite, ho visto cose incredibili.” Continuò Ugo.
Angelo mandò giù a fatica la saliva: “Che sarà di noi.”
Poi si riaffacciò alla finestra sospirando.
Una neve leggera, in quella gelida notte, era ricominciata a cadere, con un silenzio irreale, magico e incantato.


E’ ARRIVATA LA BUFERA
Sopra le verdeggianti alture che abbracciano la Marca gioiosa e le fan da corona, lungo la strada che conduce verso le grandi e innevate montagne del Nord, un castello – dall’aria nobile e maestosa- domina serenamente la vallata del Piave, fiume sacro alla Patria.
Quando si attraversa il lungo ponte che scavalca il suo letto, all’altezza della Priula e si imbocca lo stradone ornato di cipressi, il maniero vi apparirà, dopo appena pochi istanti, splendente come un miraggio sulle colline.
Quelle montagnole dolci - piccoli avvallamenti che paiono dune di sabbia, ma ben ricoperte di erba profumata e fiori variopinti, vigneti ed uliveti sparsi qua e là, dove tutto odora di buono e di pulito - trapelano valori morali e religiosi, gioia di vivere e di lavorare, passione per il buon cibo bagnato da ottimo prosecco, rettitudine morale e solidità economica, amore per la famiglia e per la patria, produttività e sicurezza millenarie. O, almeno, così si andava ritenendo, fino a quei fatidici e tremendi giorni.
Giorni? … in realtà era da un tempo assai più lungo, forse mesi o anni, che la brutta storia andava avanti: una situazione che stava diventando via via sempre più triste, dove tante belle famiglie si sfaldavano, enormi ricchezze, consolidate nei secoli, svanivano nel nulla, amicizie robuste si dissolvevano in pochi attimi per ragioni da niente o sciocchezze trascurabili e la salute, specie quella psichica, fuggiva dai corpi e dalle menti. Purtroppo ciò accadeva anche in quelle che sembravano essere le più sane, energiche ed illuminate. L’avevano definito col termine “crisi” questo andazzo mal augurante, ma il vocabolo non era sufficiente a rendere comprensibile quel che stava realmente sopraggiungendo. Di crisi che avevano afflitto l’umanità, ce n’erano state assai, nel corso dei secoli, ed anche molto gravi e dolorose per ogni popolo del pianeta. Gli innumerevoli conflitti e le ostilità che avevano straziato il Mondo intero, si erano portate dietro anche la recessione e la miseria ma, appena finita la guerra, quelle piaghe si erano trasformate presto in una grande opportunità: sviluppo economico, culturale, sociale che avevano fatto godere tanta pace e benessere a coloro, fortunati, che erano sopravissuti.
La recessione di quei giorni, purtroppo, raccontava una storia diversa. Non era soltanto di un problema economico, anche se gravissimo, che si trattava: era l’essere umano stesso che si stava deteriorando, nella mente e nello spirito. Si trattava di un crollo terribile, una frana disastrosa. E qualcuno, addirittura, come succede in questi casi, aveva profetizzato l’apocalisse.
Vari e numerosi eventi si erano verificati, in quel tempo, facendo capire all’umanità che era in atto qualcosa di irreversibile e inevitabile: “stiamo diventando tutti pazzi, nevrotici, rozzi, stiamo regredendo all’età della pietra e della clava” si diceva spesso in giro, ma … altro che clava, magari! qui le armi che si adoperavano si facevano sempre più perfette e sofisticate. Un figlioletto ancora adolescente, un bocia come si dice dalle nostre parti, aveva sterminato la sua famiglia in un posto qui vicino, un tranquillo paesetto di campagna … papà, mamma e fratellini, tutti morti. Il giorno dopo, un padre aveva massacrato la propria figlia, soltanto perché lei aveva deciso di sposare un tale che non gli andava troppo a genio. E poi, vi ricordate di quel pazzo che proprio qualche giorno prima aveva condotto un camion enorme in senso contrario, solo per il gusto sadico di investire tutti quelli che stavano passando? Sì, proprio nell’autostrada che passa qui di sotto. Da allora, i bisonti della strada in contromano divennero una moda, e ogni tanto qualcuno ci provava ancora. E questi orrori stavano accadendo in tutte le parti del Mondo, senza eccezione di popoli, di cultura o di mentalità: troppi tristi eventi si riproponevano quotidianamente come uno stillicidio, verificandosi nei piccoli paesini come nelle enormi metropoli, nelle cittadine sobrie e pulite, negli ameni borghi di provincia, in ogni più recondita parte del globo terrestre. Fatti strani e sconvolgenti, che si ripetevano assai spesso nelle apparentemente calme famigliole. Episodi che, in un tempo remoto, avvenivano solamente ogni cento anni e che passavano alla storia ispirando scrittori e registi, allora si susseguivano continuamente , ed in tutti i santi giorni dell’anno. Questi fatti avevano convinto moltissime persone che si trattava di qualcosa di nuovo, irreale ed inquietante: essi non erano altro che i prodromi di un cambiamento, pensavano in coro, di una fine che si stava sinistramente annunciando, forse della mutazione del nostro pianeta. E tutti aspettavano, passivamente, che accadesse qualcosa …


In quel magnifico castello sulle colline trevigiane viveva, come guardiano custode, Angelo, detto “il capo”, un signore sulla sessantina, ben conscio della realtà del tempo e che si stava preparando a qualsiasi evento tragico ed angoscioso potesse succedere, con la forza, immane, che gli donava il suo sincero credere in Dio. Fosse anche la profetizzata fine del Mondo.
L’inverno aveva ormai portato la neve, eppure il clima era stato, fino a poco prima, oltremodo piacevole. L’aria era parsa tanto nitida che si potevano ammirare, guardando verso Nord, le grandi vette incantate mentre giù, verso il Sole, si poteva godere, cosa solitamente assai rara per via dell’inquinamento, la vista della dolce pianura che terminava nella laguna di Venezia e nel mare Adriatico … e così perdurarono le condizioni atmosferiche, per gran parte di dicembre.
Ma qualcuno aveva previsto, e ne era stato allarmato proprio dagli ultimi eventi, che quell’inverno appena iniziato avrebbe portato con sé qualcosa di tremendo, di catastrofico: la fine dei tempi, di ogni tempo. L’ immane tragedia finale era stata preannunciata ormai da tanto, e tutte le piccole disgrazie quotidiane sembravano non esserne altro che l’anticipazione.
Le condizioni meteorologiche, durante l’ultimo lustro e in ogni regione del Mondo, erano diventate imprevedibili anche per chi, di previsioni, se ne intendeva: ogni pioggia, anche la più debole, aveva creato disastri ed alluvioni e fratello Sole ci aveva soffocati con temperature bollenti, afa atroce nelle città e immani incendi boschivi. Le calamità ed i cataclismi poi, fin dall’anno precedente, si erano susseguiti come non mai nella storia umana, almeno quella conosciuta. L’anno in corso era iniziato con eventi atmosferici a dir poco stravaganti: Nell’emisfero boreale il sole sembrava essersi invertito e, anziché un freddo gennaio, si era verificata una specie di calda e umida estate, con stranissimi temporali e invasioni di zanzare giganti e cavallette bibliche. Ogni mese, poi, aveva avuto una sua particolarità, portando con sé ogni sorta di sofferenze e supplizi vari: febbraio era stato caldo e secco, nonché portatore di siccità, marzo carico di tempeste di neve e venti ghiacciati. Aprile era iniziato benissimo, per poi portare uragani e alluvioni anche in luoghi che mai, a memoria d’uomo, tali eventi avevano provato.
Nel frattempo, oltre a tali problemi climatici, erano accaduti, per di più, fatti politici e di cronaca mondiale abbastanza ragguardevoli.
Un nuovo e atroce attentato negli Stati Uniti, che aveva mietuto decine di morti, specie bambini, non era stato che l’epilogo di altri vari casi drammatici. Forse era stato soltanto il gesto di un pazzo, il solito squinternato con fucili di grosso calibro, forse la vendetta del fantomatico Bin, che tutti pensavano morto e sepolto in mare, ma il cui corpo, probabilmente ancora in vita, (non è giunta ancora la conferma delle autorità e dei servizi segreti), era riemerso al largo dell’isola del Giglio, splendido lembo di natura italiana, durante le fasi di recupero di una mastodontica nave che, altro fatto straordinario ed ancora un enigma insoluto, era fuoriuscita, in maniera inverosimile, dalla sua rotta, ed il cui giovane e borioso capitano aveva perso, da quella volta e forse anche prima, il lume della ragione. Ma, in questi ultimi mesi, sappiamo, e ci siamo abituati all’idea, di come navi, treni, aerei, automezzi pesanti, biciclette e metropolitane siano ormai completamente fuori da ogni controllo dell’umana intelligenza e delle severe leggi della fisica.
Siamo stati testimoni di tanti disastri, di eccidi e macellazioni di innumerevoli poveri disgraziati, avvenute in quei paesi in cui il popolo si stava ribellando contro regimi tirannici decennali e all’apparenza indistruttibili. Come quello del terribile Ahmedin Farah, il quale aveva minacciato più volte l’umanità con i suoi farneticanti proclami e con le sue tremende e oscure armi di distruzione totale. Un despota che stava terrorizzando il mondo intero ed il suo poverissimo, affamato e analfabeta popolo, zeppo, oltretutto, di petrolio, diamanti e di altre ricchezze celate. L’oppressore fanatico odiava ebrei e crociati (cioè i cristiani), e si era associato ai padroni della Terra, quelli sconosciuti che imponevano l’economia globale stampandosi, loro, i soldi di tutti, e lo facevano al posto dei governanti eletti legalmente dai vari popoli. Assoldando terroristi internazionali e disponendo comodamente di un suo esercito dotato di recenti armi iper tecnologiche, aveva giurato che avrebbe sfasciato non il Mondo, bensì l’economia internazionale, condannando alla fame tutte le popolazioni, così come aveva condannato alla carestia il suo popolo. E di complici, tra la grande finanza mondiale, ne aveva trovati a iosa. Si sa che le borse internazionali “tirano” molto di più quando i popoli tirano la cinghia. In quell’epoca, le banche avevano smesso di fare le banche ed avevano preso il posto dei governi senza che nessuno le avesse elette democraticamente, come si fa coi governanti.
Intanto era arrivato Maggio, il mese di Maria, madre di Gesù. Non erano pochi in luoghi in cui varie statue della Madonna, sparse qua e là in vari borghi, nei crocevia di campagna, nelle grandi cattedrali, avevano iniziato, veramente, a piangere. La commissione vaticana, mobilitata per stabilire la verità dei miracoli, era andata in tilt. Il Papa stesso, aveva iniziato ad essere stanco di fare quel mestiere e stava pensando, primo tra i papi della storia, di andarsene ancora prima di morire. E la Vergine di Nazareth, ne aveva tantissimi di motivi per piangere.
Andando verso l’estate la situazione era peggiorata su tutti i fronti. Il clima non era migliorato: basta che ci ricordiamo le spiagge e le coste innevate a Giugno e a Luglio e, poi, la strage ittica, cioè la vasta moria di pesci, che galleggiavano immobili nei grandi laghi del nord.
Poi si erano avvertite forti scosse di terremoto dove mai erano avvenute, col loro seguito di maremoti allucinanti ed anche eruzioni vulcaniche. E nessuno pensò più a ricostruire sulle macerie.
I cicloni di settembre parevano rincorrersi, come per gioco, lungo tutto il globo, da un continente all’altro. A ottobre e novembre tornò il caldo afoso e le spiagge si riempirono, nuovamente, di gente ormai senza bussola.
Ed è perciò che nessuno si stupì quando, proprio verso la fine di dicembre, vicino alla data fatidica, il cielo cominciò a rannuvolarsi in maniera sproporzionata, fino ad oscurare il sole. Dopo due giorni era ancora buio.
Ma Angelo cominciò a capire - quando s’accorse che ogni collegamento telefonico, radiofonico, televisivo e di connessione internet erano totalmente scomparsi - che le previsioni terribili, si proprio“quelle previsioni”, si stavano avverando.
E l’indomani, terzo giorno di oscurità, il 21 di dicembre, solstizio d’inverno, sarebbe successo qualcosa, un qualcosa di spaventoso … ch’egli neppure osava immaginare.


Ugo, vecchio amico di Angelo e suo coetaneo, era andato a raggiungere l’amico nel castello, non solo per fargli compagnia, ma per cercare di salvarsi la vita. I suoi figli erano ormai grandi e la moglie era andata da poco a visitare i parenti al suo paese, lontano. Egli sperava che lei tornasse per Natale, ma i terribili accadimenti di quel periodo l’avevano trattenuta. In quegli istanti, della sua amata moglie non aveva più avuto notizie. Chissà se l’avrebbe mai più rivista. I due uomini sapevano bene che, quel castello, rappresentava una specie di rifugio antiatomico perché era stato ristrutturato dalle forze americane, che l’avevano tenuto in consegna per un certo periodo. Dei suoi segreti e delle sue segrete, Angelo conosceva tutto. Per questo, confortato dal suo amico Ugo, nell’imminenza della catastrofe, aveva deciso di dare una degna ospitalità a chiunque si fosse trovato nei paraggi. Anche se, fuori da quelle mura, sembrava non esserci anima viva.


E così, quella sera, si affacciarono alla finestra.
Scorsero, subito, qualcosa di strano lì sotto. Alla luce della torcia puntata tra la neve alta, notarono, con raccapriccio, che c’erano delle macchie di sangue e intravidero un corpicino.
Dapprima ebbero un po’ di timore a scendere, poi corsero giù e scoprirono che si trattava di un bambino di circa dieci anni, ma forse meno, il quale pareva morto anche se era ancora caldo: cercarono di rianimarlo, ma non ci fu verso. Decisero, allora, di portarlo dentro, e l’indomani, se non ci fosse stata la fine del mondo, avrebbero chiamato un medico, cosa che, al momento, era impossibile. Per salvare il bimbo, in quel momento, non restava altro da fare. Angelo notò, guardando dietro di sé, delle orme impresse sulla neve: partivano dal luogo in cui era steso il ragazzo ed arrivavano in un punto delle mura del castello. Era difficile che qualcuno fosse potuto entrarci dentro, da quella parte, anche se le stesse orme dimostravano che, chi le aveva lasciate, aveva camminato avanti ed era tornato indietro, entrando, probabilmente, proprio dentro le sue stanze. Angelo si fermò a pensare e, nel farlo, pose le mani sulle tempie, come faceva sempre in questi casi.
Che ti sembra?” gli chiese Ugo, preoccupatissimo per quel piccolo.
A me pare già perso” rispose il capo. Lo trasportarono nella sala delle armature, che si trovava giusto di sotto al salone ed ora fungeva da magazzino. Anche quel vano era mascherato alle radiazioni esterne, così come tutto il resto del castello. Lo deposero lì su un lettino e, prima di uscire, Ugo, con un gesto di pietà, coprì il volto del bimbo con un lenzuolo lindo.
Attorno al maniero, e per molti chilometri, tra il buio, il vento gelido e la neve, non avrebbe potuto sopravvivere nessun essere umano, anche perché erano arrivate le tempeste che portavano radiazioni e morte, così si diceva, e giungevano da ovest: grandi meteoriti infuocati piovevano lontano, emettendo dei terrificanti e orrendi boati: dalle grandi vetrate del salone se ne intravedevano le scie luminose.
Ma, nel silenzio, i due uomini udirono dei rumori provenienti dal cortile interno: qualcuno era in arrivo, chiedeva aiuto e non sarebbe stato l’unico.
Si riaffacciarono nuovamente, stavolta assai più inquieti, alla finestra
CAPITOLO PRIMO
Qualcuno e’ in arrivo
Aggiungi un posto a tavola




In alto, dal balcone sulla torre, Ugo notò che, sotto, c’era qualcuno che si muoveva. La intravidero vicino alla siepe, che sembrava una pantera nera.
I suoi repentini spostamenti, ricordavano proprio quelli di una fiera che si muove, si abbassa e spinge in alto il suo corpo nella savana, determinata ma con circospezione. Lei alzò i suoi occhi e guardò i due signori, che si erano spostati dietro gli spessi cristalli della grande vetrata.
Chi vai cercando?” le chiese Ugo. Domanda pleonastica, data la situazione.
Vi prego, aiutatemi” implorò la pantera, rivelatasi in realtà una pecorella debole e smarrita. Si trattava di una giovane ragazza di colore, dall’aria provata e desiderosa di aiuto soprattutto morale, che ispirò subito, nei due, una forte tenerezza. Immediatamente si spalancarono, per lei, i portoni del castello.
Dobbiamo dire che quelle porte erano, in realtà, una serie di chiusure stagne elettroniche, tecnologicamente avanzatissime, funzionavano un po’ come succede nelle banche, dove si accede in un vano e si aspetta che, chiudendosi il primo ingresso, automaticamente si apra quello che ci farà entrare nella sala. E ciò era dovuto, anche, al fatto che bisognava isolare l’ambiente dalle probabili, o reali, radiazioni esterne.
La ragazza entrò, salì con innegabile classe il grande scalone che portava ai piani alti. La qualità posseduta solo dalle ragazze di certi antichi paesi, donne abituate a camminare ritte, con la testa alta, perché impratichite a trasportare otri d’acqua per chilometri e chilometri nei boschi , nelle savane o nei deserti. Un’andatura che dona, ad ognuna di loro, il portamento di una regina.
Vuoi mangiare?”chiesero i due uomini.
A tale proposta i suoi occhi si illuminarono, dato che aveva appena sentito degli odori soavi provenire dalla cucina.
Hai visto altre persone fuori?” Rispose di sì con la bocca piena.
Noi vorremmo salvare più gente possibile, perché siamo certi che chi resta fuori stanotte, muore.”
Tanto stanotte finirà ogni cosa” sentenziò la pantera, sempre con la bocca piena, ma con una freddezza che fece rabbrividire i due sessantenni.
I signori che mi hanno portato qui, mi hanno detto che la tempesta ha devastato già Vicenza e tutto lì intorno, facendo una strage, ora è sopra Padova e la sta distruggendo. La fine arriverà presto su di noi” aggiunse, come in trance.
La fine del mondo arrivava da Ovest ed era preceduta da una luminosa scia di meteoriti. Si vociferava che nessun essere vivente sarebbe sopravvissuto alla violenza della perturbazione, né alla radiazione cosmica portata dai corpi celesti.
E Venezia?” chiese con timore Ugo.
Venezia è già in fondo al mare”, profferì la ragazza.
L’uomo parve preoccuparsi, mentre Angelo si sentiva morire.
Un senso di nausea pervase Angelo, che si affacciò al finestrone rivolto verso il sud, cioè la pianura che finiva gradatamente nella laguna. Un vetro profondo e impenetrabile li difendeva dall’esterno oscuro e contaminato. Notò che le luci di Venezia, di solito visibili in lontananza, erano tutte spente. Là in fondo nella laguna, c’erano rimaste solo melma e desolazione. Ugo stava, invece, seduto con il mento tra le mani e sospirava con affanno.
Poi, udirono alcune voci venire dall’esterno e, quasi festanti, invadere il cortile del castello: si trattava di una piccola folla che spingeva sul portone.
Come hanno fatto ad entrare?” si chiese Angelo, che aveva provveduto a chiudere i portoni della cancellata. Ma, poi, pensò che quelli non erano mai stati molto solidi, più importanza, invece, era stata riservata all’entrata principale, cioè le porte che isolano il maniero dal resto del mondo.


Si trattava di un gruppo di maschi, parevano degli sbandati, dei militari disertori. Ai vecchi che avevano conosciuto tante esperienze , quella congrega ricordò i poveri soldati italiani nella ritirata dell’ otto settembre. Erano sia terrorizzati e stanchi, che felici e speranzosi per aver trovato il castello il quale, confidavano, avrebbe potuto salvar loro la vita.
E allora, cos’ è sto chiasso?” Brontolò, affrontandoli con voce stentorea, Angelo, il capo, che gli astanti intuirono come il custode della porta celeste. Le voci cessarono con rispetto. Gli uomini guardarono verso l’alto con timore. Una voce flebile , sommessa, implorò: “vi prego, siamo disperati, voi rappresentate la nostra unica salvezza. L’aria è ormai irrespirabile e le radiazioni ci stanno già bruciando la pelle e consumando, probabilmente, gli organi interni.”
Dall’alto Angelo contò cinque persone. Erano tutti più o meno giovani e giovanili, tra i trenta e i cinquanta, forse anche più anziani, di questi tempi l’età conta poco: c’è gente che sembra avere vent’anni di meno di quelli che ha, altri che, per abuso di droga e alcol, per malattie o depressione, ne dimostrano trenta di più. Apparentemente sembravano innocui. Il vecchio era conscio che il destino e la sua fede lo obbligavano a salvare degli esseri umani, delle vite qualunque fossero, ma sapeva anche, guardando il buio e la solitudine che regnavano fuori da quelle mura, che tra quelle persone si andava nascondendo, certamente, un terribile e micidiale segreto.
Ugo fece un cenno al compare, che lo seguì nella stanza del caminetto.
Vecio, non consideri anche tu che, quei tipi lì fuori, non possono che essere gli unici esseri viventi ?”
Certo, rispose il capo, da almeno due giorni, quasi tre, non c’è anima viva nel raggio di molti chilometri.”
Quindi la pensi come me?”
Sì … purtroppo sì: so che uno di quelli è, senz’altro, l’assassino del piccolo bambino. E’ questo che intendevi dire?”
Uno di quelli, o … forse, la ragazza che sta mangiando di là, facciamoli parlare … lo capiremo semplicemente dalle loro parole … e poi decideremo.”
Cosa significa?”
Significa che li interrogheremo senza che se ne accorgano. Si tradiranno e noi sapremo chi ha ucciso il bambino. Facciamo così: Invitiamo ognuno di loro a deliziarci con un racconto, magari la storia della loro vita o delle loro esperienze o qualsiasi altra cosa sia interessante. La nostra dispensa è piena di cibi e di buon vino, abbiamo tempo tutta la notte, fino a che non verrà la fine, ad ascoltare le loro vicende. Anche se manca completamente l’elettricità, il potente generatore ci continuerà a fornire luce e riscaldamento. Forse questa sarà l’ultima notte della nostra vita. la passeremo senza pensarci e, inoltre, scopriremo il malvagio che dovrà rendere conto a Dio per l’eternità”.
Angelo annuì, sembrava che Ugo avesse preso la regia.
Allora, Angelo, comincerò io, col mio racconto, dopo di ché faremo parlare tutti gli altri, esaminando e tenendo conto di ogni loro vocabolo. Poi tu terminerai con l’ultima narrazione. Probabilmente, quando sarà il tuo turno, avremo già risolto il caso.”
Ne sono certo.”


Entrate” Gridò Angelo, verso i cinque sbandati, affacciato alla finestra, da dietro il vetro chiuso, mentre Ugo si accingeva ad azionare il meccanismo delle porte stagne.
Quella sarebbe stata forse, disse a voce alta mentre lo faceva, l’ultima volta - almeno in questo lungo, millenario, ciclo del mondo - in cui tale porta veniva dischiusa.


Lo stanzone era caldo e accoglientissimo. Alcuni di loro mai avevano visto, in tutta la loro vita, un lusso simile, una sala così piacevole ed ospitale. C’erano, sparsi qua e là, divani in pelle, poltrone confortevoli con soffici cuscini colorati ed intarsiati. I quadri alle pareti, di autori antichi e famosissimi, valevano da soli una fortuna. Il caminetto era meraviglioso e, qualcuno pensò, chissà quanti fortunati si saranno scaldati davanti al suo fuoco in questi secoli. Ma ora era chiuso e sigillato per paura della contaminazione esterna. Tutta la parte abitabile era stata isolata.
Stavate tutti assieme?” – chiese Ugo ai nuovi arrivati.
No – rispose uno – sono stato allertato da un gruppo di persone che mi hanno offerto di fuggire dalla pianura che, mi avevano detto, era a più alto rischio di contaminazione. Ognuno di noi è stato salvato dalla gente che scappava.”
A me avevano detto che Venezia, - affermò un certo Pedro -probabilmente era già scesa, assieme a tutte le sue millenarie bellezze, nel fondo degli abissi. Allora siamo scappati verso la montagna.”
Un gruppo di uomini con gli occhiali scuri, forse della Protezione Civile, mi hanno caricato alla svelta – continuò un altro che diceva di chiamarsi Samuele – e mi hanno urlato che dovevo scappare e rifugiarmi in un luogo sicuro, anche se io non penso che ci possa essere un luogo sicuro per sfuggire alla fine del Mondo. Hanno accennato che io sono stato prescelto, che vorrà mai dire?”
Risultava che tutti erano stati caricati in automezzi vari e condotto qui da altre persone che ora, misteriosamente, erano scomparse. Probabilmente ciò era dovuto al caos generale che si viveva fuori da quelle possenti mura.
Io no” – affermò Gionni, un giovane con poca barba – “Io non stavo con loro.” Si fermò un po’ per pensare, un po’ perché, forse, si vergognava di dire la verità. “Io … vengo dal Nord, da Ponte nelle Alpi, dove mi ero rifugiato in un grande casolare vecchio e abbandonato, isolato da tutto. Io … sono uscito dal carcere di Belluno dove ero rinchiuso, vi giuro, per errore del giudice.”
Si sa che, in quel periodo, i giudici sbagliavano spesso. Era sempre successo, certo … di geni giuridici come Salomone ne nascono pochi, al giorno d’oggi. Però tutti faticarono a credere alle affermazioni del ragazzo.
Tre giorni fa il carcere fu colpito da un meteorite (anche se non me ne ero accorto, però mi hanno assicurato che era vero), mentre alcune scosse di terremoto mettevano in ginocchio la città di Belluno. Gli agenti prima di scappare, hanno aperto, automaticamente, tutte le celle. Un’ auto mi ha portato fin quaggiù. E adesso sono con voi.”
Tutti gli altri stavano cominciando a raccontare la propria storia, in una caciara insopportabile, non certamente in stile con la seria atmosfera della sala e con l’ambiente raffinato e severo che li ospitava.




OK, OK ragazzi” – Li fermò Ugo – “Adesso mangiamo e ci rilassiamo, per quanto ci è possibile, poi ognuno di noi, con calma che tanto abbiamo tutta l’eternità (umorismo inglese e amaro), racconterà la propria storia. Ma prima giurate con le mani sopra questa Bibbia che, nel raccontarci le vostre storie, non direte mai e poi mai il falso.”
Si trattava di un pesante volume dalla copertina d’oro massiccio, dentro erano raffigurate le scene dell’Antico Testamento, sicuramente ogni lettera era stata incisa dai monaci che qui avevano dimorato nel seicento. Il suo valore era inestimabile. Tutti giurarono con una mano sul tomo ed una sul cuore.
Dalle cucine Angelo portò fuori ogni ben di Dio , aiutato da Serena. La dispensa del maniero era ben fornita e avrebbe potuto soddisfare molti palati e per vari mesi. Intanto arrivarono la bruschetta con i pomodorini e l’aglio fresco, vari formaggi e non erano che l’antipasto, il resto stava cucinando. I profumi si sparsero per la sala da pranzo e il prosecco doc, di cui i padroni del castello furono per anni produttori, era fresco al punto giusto e frizzante.
Gustatevi queste buone cose, amici e non pensate al prossimo futuro. Quando avremo finito e saremo sazi, vicino al fuoco (finto) del caminetto elettrico, inizieremo a raccontarci le nostre vicende e lo faremo per tutta la notte, senza sosta” disse Ugo con ritrovata tranquillità. Gli ospiti furono ben lieti di questo programma, ed iniziarono a mangiare come ad una festa di fine anno.
Posò il calice dal quale aveva sorseggiato con piacere e proseguì: “Domani, chissà cosa sarà, potrebbe scendere su di noi, forse, la notte eterna … Il primo a raccontare, se non avete nulla da eccepire, sarò io e, con la mia storia, vi stupirò … “



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