Storia di una donna e madre straordinaria
Accadde in una mattina limpida e crudele, nei giorni della merla, quando l’inverno mostra la sua schiena nuda. Ero in centro a Udine, per un impegno urgente. Il vento — la Bora — soffiava deciso, tagliando l’aria e piegando i passi. Anche le auto sembravano esitanti.
Forse fu per questo che entrai in un panificio. Comprai del pane. Era ancora caldo, fragrante come un abbraccio. Uscii, stringendolo a me. Il vento si opponeva, quasi volesse trattenermi.
Fu allora che sentii un “ciao”. Non gridato, ma gentile. Chiaro. Mi fermai. Nessuno. Poi di nuovo: “ciao”.
Guardai meglio. Un cartone, addossato a un muro. Mi avvicinai. Dentro, seduto sul cemento, c’era un uomo anziano. Barba lunga, vestiti stanchi. Occhi fermi.
Lo salutai. Disse poco. Ma bastò. Il vento tentava di allontanarmi, ma rimasi. Avevo la sensazione che il tempo avesse appena rallentato.
Gli offrii il pane. All’inizio rifiutò. Non voleva che restassi senza. Lo rassicurai. Glielo posai tra le mani. Mi guardò, poi disse:
“Grazie, mamma. Sei madre nel cuore. Da oggi, sarai anche la mia mamma.”
Poteva essere mio padre. Ma mi scelse come madre.
Non fu un incontro lungo. Ma a volte basta un attimo per sentirsi riconosciuti.
E lasciare, senza volerlo, qualcosa che resta.
Panta Rei
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