lunedì 7 ottobre 2019

Il Grande Castello (12° Capitolo)


Capitolo dodicesimo
Così e’se vi pare


Il racconto di Angelo,
Il capo,
di tutte le paure
e delle sue paranoie








Il capo, prima di dare inizio al suo racconto verificò, inspiegabilmente perché non l’aveva mai fatto in precedenza, che tutte le uscite fossero chiuse e assicurandosi che il grosso chiavistello fosse abbassato.


Poi parlo’ e cosi” parlo’ Angelo




Vi sarete chiesti perché abito in questo castello, da solo e da un tempo immemorabile.
Certo, è cosa assi strana.
Anch’io ho avuto una mia vita, una famiglia che mi ha dato tanto amore.
Tutto quello che mi è successo nella esistenza successiva – un destino duro, molto difficile e spietato – è irraccontabile.
Preferirò narrarvi la storia di questo maniero … anche se già immagino che voi capirete, tra le righe, che cosa tragica mi è capitata e perché non ne voglia parlare direttamente.
In questi giorni le vicissitudini toccate al mondo intero – che Dio ci assista – hanno in parte diroccato, come avete avuto modo di vedere entrandovi, la costruzione al piano ovest ed in quello superiore. Non è stato causa di un meteorite - come sembrava in apparenza nei primi giorni - ma di un qualche strano e misterioso ordigno lanciato da molto lontano, il danneggiamento di quella parte del castello. Se lo aveste visitato prima, alcuni giorni fa, lo avreste ammirato nel suo massimo splendore, perché il conte Rambaldo, il proprietario, lo aveva restaurato divinamente e tutto risplendeva come non mai da secoli.
Io fui nominato unico custode e guardiano, allorquando gli altri dovettero fuggire ed intendo restarci
-sempre se non terminerà tutto domani –
fino a quando ritornerà ad essere – come lo era stato in un tempo meraviglioso - luogo di delizie, di conforto lussuoso, anche se severo, per il viaggiatore di passaggio, mensa divina in cui gustare le pietanze più saporite del Mondo intero, sito prestigioso per riunioni, convegni e simposi internazionali.
Prima di fare il portiere, ho lavorato in queste terre come esperto in agraria svolgendo, però, anche i lavori più umili. Dopo aver vissuto, e dimenticato terribili episodi familiari, per me l’esistenza in questo posto è diventata dolce e piacevole … ricordo molte feste durante la prosperità economica, rammento di gente che voleva solo divertirsi e pensare che, il giorno seguente, sarebbe stato certamente migliore di quello che ora stava vivendo.
San Salvatore aveva resistito alle guerre, le grandi guerre del secolo scorso.
Ma fu durante la prima, circa cento anni fa, che la cattiveria degli uomini si abbatté su di esso. Le artiglierie nemiche, che cercavano di raggiungere il Piave, il fiume sacro, distrussero parte del borgo, la rocca e le mura. La fine della prima guerra mondiale lasciò un panorama sconsolante ed avvilente, facendo pensare che, questa stupenda opera architettonica, dovesse essere distrutta per l’eternità, come è successo a tante e tante altre straordinarie bellezze del nostro mondo, che non sono più tornate a risplendere per gli occhi delle giovani generazioni.
Poi passarono altri anni. Quando arrivò la seconda guerra mondiale, trovò il castello ancora diroccato.
Non fu ulteriormente distrutto, per fortuna, quando passarono i carri armati tedeschi nell’Aprile del 1945. Era diventato, infatti, rifugio di partigiani e di militari anglo-americani, per qualche tempo.
Fu negli anni cinquanta e sessanta, durante la “guerra fredda”, quando cioè il Mondo era diviso dalla impenetrabile “Cortina di ferro”, che il comando americano in Italia, la cui sede era, ed è ancora, nella vicina città di Vicenza, propose al conte padrone di affittargli, per una cifra - in dollari - considerevole, tutto il maniero.
Lo avrebbero, in più oltre ai dollaroni , schermato con le più moderne tecnologie di difesa elettronica e dotato di stanze con dispositivi antiradiazioni nucleari. Gli scienziati del pentagono, che formavano, al tempo, una equipe internazionale dei migliori studiosi, lo tramutarono nel più perfetto sistema di difesa militare dell’Europa libera. E, come vedete, ancora adesso la barriera col mondo esterno funziona perfettamente, senza alcuna falla. Siamo al sicuro da ogni radiazione nucleare.
Negli anni successivi, quelli in cui l’Italia conquistò un grande sviluppo economico e sociale, come vi ho detto, il castello fu portato al suo massimo splendore, conobbe un fiorire di appuntamenti mondani, incontri di artisti e poeti. Fu un gran periodo di benessere e di gioia di vivere e di godere i suoi frutti.
Ma, forse, non mai come lo fu in tempi remoti: nei secoli della rinascita italiana. Sì, è vero, l’Italia in quanto tale ancora non esisteva, fu unita soltanto parzialmente nel 1866, quando i nostri territori veneti furono annessi, e definitivamente, nel 1871 quando arrivò anche Roma coi suoi territori e la sua grandezza.
Ma la reale forza del paese sortì quando gli italiani (cioè gli abitanti e sudditi dei tantissimi stati o staterelli della variegata penisola italica) compresero che il vero vanto stava nel genio dei nostri letterati, pittori, poeti, artisti, musicisti. Solamente ciò unì, e ancor’ oggi unisce, la nostra bella patria.
Al castello approdarono, nel periodo della grandezza italica, insieme a tanti e tanti ospiti illustri e rinomati in tutto il resto d’Europa, artisti come Cima da Conegliano, Monsignor Giovanni della Casa, e, prima ancora, il grande maestro Pordenone e poi altri innumerevoli scrittori, vati, scultori grandiosi.
Avvenne ancora prima, nel periodo del medioevo, subito dopo il terribile anno mille, che i conti di Collalto cominciarono ad erigere questa magnificenza architettonica, di trentamila metri quadri, che fu una delle più grandi ed inespugnate fortezze di tutto il Nord Italia.
Ma il meraviglioso periodo della “Pax veneziana”, che coincide con la magnificenza della gloriosa Repubblica Veneta Serenissima, retta da Dogi e da nobili mercanti illuminati portò, anche al castello, la meravigliosa fioritura artistica e letteraria di cui abbiamo parlato.


Il racconto di Angelo, detto il capo, pareva finito e concluso con la narrazione della storia, grandiosa , di questo castello. Ma qualcuno non si accontentò.




Il monaco si alzò con velocità e dichiarò, guardando il capo: “Non ci hai raccontato di te, della tua famiglia, del fantasma che aleggia in queste stanze. Prima di morire vogliamo sapere. Io desidero, voglio, che tutti gli ospiti sappiano.”
Angelo, allora, sembrò adirarsi: “Vi ho già detto che non parlerò dei miei cari, della mia vita. Accontentatevi di questo racconto. Basta così.”
E’ vero – lo incalzò il frate – che il terribile fantasma abita qui da cinquecento anni e che ha provocato la depressione a tua moglie, morta suicida e a tuo figlio che da quello spirito orrido fu persuaso a provocare un incidente, avvenuto nella vicina città di Conegliano? Forse anche tu sei stato vittima di un atroce esaurimento nervoso. Avanti rispondi …”
Avanti rispondi, avanti rispondi.” Ripeté convulsamente il capo, che stava per esplodere.


Allora Il capo, con uno scatto di nervi si alzò e decise di rivelare a tutti la conclusione delle indagini che aveva condotto, fino a quel momento, dentro la sua mente. E così sentenziò Angelo:




Tu monaco sai dire solo queste parole, sei abituato agli interrogatori, non è vero? Il tuo mestiere è quello del mercenario. Tu interrogavi i monaci tibetani usando i tuoi poteri e i tuoi sistemi. Tu torturavi i guerilleros nell’Honduras usando le minacce e la scossa elettrica, i ribelli nel Salvador e nel Guatemala, compresi i veri discendenti dei Maya, ecco perché sai tante cose su di loro.”
Il monaco cercò di controbattere, ma Angelo si alzò e lo prese a calci fino a farlo cadere, poi gli gettò addosso un’armatura di ferro che stava appoggiata al muro maestro del salone da quasi quattrocento anni. “Taci e non parlare mai più della mia famiglia.”


Angelo aveva aspettato a lungo questo momento, perciò aveva sbarrato le uscite prima di iniziare il racconto. Le sue parole nei confronti del monaco furono minacciose:


Adesso tocca a me parlare di te.




Angelo bloccò a terra il monaco con il peso di un’arma medievale sistemata sopra l’armatura. Iniziò un altro e differente racconto …




Non voglio dire niente di me, sono un essere stressato come il novanta per cento degli abitanti del pianeta, ai giorni nostri. Non voglio parlare del fantasma perché i fantasmi non esistono. Quel che successe ai miei familiari è colpa mia, così come è mia la colpa di aver pensato troppo poco alla mia vita privata e a loro.
Dai dati che qualcuno, segretamente in questi giorni, mi ha fornito, caro il mio falso monaco, io ho trovato su di te tutte le prove che cercavo, sbraitò, sventolando dei grandi fogli. So che non sei un religioso, un monaco vero, ma un militare, un soldato di professione. So che hai combattuto in molti teatri di guerra, praticamente in quasi tutti quelli che si svolsero negli ultimi decenni.
Ti trovavi in Serbia col contingente dell’ONU, quando vennero violentati e uccisi alcuni bambini di quel territorio smembrato che, prima, qualcuno chiamava Jugoslavia.
Vennero accusati proprio i militari del tuo contingente, ma tutto finì in una bolla di sapone, che tanto di morti ce n’erano a migliaia, cinque o sei in più, cinque o sei in meno … poco sarebbe cambiato.


(Mentre snocciolava queste informazioni sul falso monaco, Angelo pensò, per un momento, ad una cosa strana: le persone che gli avevano fornito i documenti sul frate indossavano, cosa già notata da altri, degli enigmatici occhiali scuri. Ed erano vestiti uguali ad altri, come quelli che avevano accompagnato i ragazzi al castello. Ma chi erano? Forse una organizzazione? E poi occhiali scuri anche dove non poteva penetrare la luce del sole.)




Adesso ho capito che il vero assassino, forse pedofilo, non puoi essere che tu, tu che sei sceso da quella finestra nella cella in cui ti eri fatto rinchiudere non per pregare, non per una astinenza ascetica, ma solo e soltanto per poter ammazzare quel bambino che abbiamo trovato. Si vede che non ne puoi piu’ fare a meno.
Peccato che hai lasciato tante tracce nella neve. Ho controllato: quelle orme erano proprio le tue, corrispondevano perfettamente alle suole dei tuoi sandali, l’ho verificato pochi minuti fa.
Ed è perciò che io ho provveduto a sbarrare tutte le porte di questa stanza a chiave. Il religioso nel suo abito era ancora disteso, quando Roberto e Samuele, che avevano capito abbastanza, gli saltarono addosso e lo immobilizzarono.
Padre Luigi, a terra, sorrideva.


Intanto, rumori sempre più forti continuavano costantemente a provenire dal basso ed erano, se possibile, molto più inquietanti degli altri che si erano sentiti in precedenza.




Nessuno ha ucciso il bimbo, né io né altri – gridò con forza il monaco – lasciatemi. Possibile che non ci arrivi? Se ci pensi, caro Angelo, capirai la verità. Tu hai il dono di farlo, ti manca un piccolo sforzo per arrivare alla conclusione, so che tra qualche minuto, con la tua perspicacia, comprenderai la realtà, altrimenti, essa ti verrà rivelata’.”


Tutti se ne stavano fermi e ammutoliti a guardare l’uomo a terra, pacifico come un gatto sornione. La stanza, silenziosa, era resa triste dal fatto che l’energia, prodotta dal generatore, si stava esaurendo e tutto pareva diventare buio … l’atmosfera possedeva un non so ché di macabro, di tetro, di spaventosamente lugubre come l’arrivo della morte imminiente e irrefrenabile.
Fu in quel momento che tre o quattro boati spaventosi fecero tremare le possenti mura del castello. Un vetro si fracassò cadendo in pezzi piccolissimi, nonostante fosse blindato e antisfondamento, a prova di razzo lanciato da un bazooka. Tutti furono presi dal panico e si misero ad urlare.
Era giunta, quindi, la fine? Una maestosa palla di fuoco, nel cielo, si era avvicinata minacciosa e sembrava dovesse travolgere tutto e tutti quanti. Angelo si accostò alla finestra squarciata. Mentre un vento rigido e secco penetrava la fessura, la grande scia luminosa rischiarò il cielo fino all’orizzonte e la sua luce si protrasse, almeno sembrò, per una eternità.


Ecco.” La sua bocca svelò un sorriso interiore.
Ho capito.” Disse, a voce alta il grande Angelo, il capo, il grande vecchio.




Per lui, quel segnale, quella fiammata, ebbe un effetto straordinario: fu come una illuminazione, un flash per la sua mente, certo! proprio un flash, ecco cos’era quel lampo. C’era, finalmente, arrivato anch’egli, come successe per Saulo, cioè san Paolo, il quale si accorse, alla fine, che aveva sbagliato il bersaglio per tanto tempo.
Angelo comprese, allora, ogni tassello di quella storia, capì le parole – risentendole dentro la sua mente - del monaco Benedettino e afferrò finalmente con chi aveva a che fare: comprese chi era veramente quell’uomo. Capì chi erano i personaggi misteriosi con gli occhiali scuri, e perché avevano offerto, sia a lui che ad altri presenti nella sala, soltanto alcuni giorni prima, documenti e materiali enigmatici.




Come ho fatto a non capire prima tutta questa bella e divertente macchinazione? E solo per un flash.” Dichiarò con solennità. Poi si rasserenò, la calma lo pervase e ci rise su, pensando che, sovente, la risoluzione dei misteri è molto più semplice di quanto si possa credere.


Non c’era tempo per mangiare.
Sorrise forte e si appresto’ ad aprire tutte le uscite.







Nessun commento:

Posta un commento