martedì 1 ottobre 2019

Il Grande Castello ( 11°Capitolo )


Capitolo undicesimo
Lo Spirito di Dio
Il racconto del monaco
E l’abito che non lo fa.




Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”
Giuseppe Ungaretti, “Soldati.”










Vi riferirò, ora, di mostruose genti che io ho incontrato nella mia vita e dei loro misfatti agghiaccianti, nonché degli eventi terrificanti che hanno provocato; delle cose orribili e disumane cui l’ essere superiore
- il così detto “Homo Sapiens”, creato a immagine e somiglianza dell’Essere Supremo, il padrone incontrastato del pianeta e del cosmo, colui il quale, con la sua intelligenza smisurata, ha sconfitto le leggi fisiche e di gravità, ogni sorta di malattie, la sofferenza, la fame, e sta per sconfiggere la morte –
si è potuto macchiare: di come lui e i suoi simili sono stati capaci di compiere, con estrema leggerezza e senza provar alcuna vergogna, atrocità efferate e crudeli barbarie. E tutto questo, perché il loro animo, sciaguratamente, è intrinsecamente feroce, malvagio, spietato e sanguinario.




Stavolta, nell’udire questa parole, anche il vecchio Angelo pareva spaventato. Dopo un sospiro, l’ecclesiastico proseguì la narrazione.




Fin da piccolo ho sempre avuto fiducia nell’essere umano, negli uomini per bene,onesti, leali. Ho continuato a possedere, negli anni, uno speciale intuito, che mi ha aiutato spesso e mi ha permesso di comprendere l’animo delle persone che mi stavano vicino.
Di loro vedevo l’aurea stagliarsi da sopra le loro teste, dai loro capelli. Qualcuno emanava una luce grigia, in altri pareva brillare, magicamente, l’aurora boreale.




Mentre parlava, padre Luigi volgeva il suo sguardo, con insistenza e benevolenza, verso la ragazza africana e lei lo ricambiava con stupore misto ad un certo imbarazzo (anche per quello che era successo tra loro poco prima). Sembrava, quell’asceta, ricordarle qualcuno che già aveva conosciuto in altri tempi e in luoghi diversi, probabilmente in altre vite.




Quando guardate Serena, voi cosa vedete? Vedrete, di sicuro, solo una bella donna dalle pelle color ebano. Io scorgo, invece, un’anima candida, una dolcezza profonda, che le viene dal cuore, percepisco qualcosa che giunge non da quaggiù, ma da un’altra dimensione. So che Dio ama tutte le sue creature, ma qualcuna la preferisce, senza che gli altri se ne vogliano. Serena è una delle preferite di Dio. Lo so.
Ma molte altre persone da Dio si sono allontanate. Anche chi opera e lavora faticosamente in nome dell’Altissimo, o crede di farlo, in realtà sta servendo involontariamente la bestia, satana, il principe delle tenebre. L’angelo più bello che tradì il suo Signore, trascinandoci tutti nel fango. E siccome quelli che sbagliano sono molti di più di quanto si riesca a contare, noi dentro la melma, nel disonore, nella vergogna, ci siamo finiti in massa.
DELLE GUERRE
Andando a cercare di aiutare il prossimo, come la mia vocazione ha ordinato, mi son trovato, per gran parte della vita, dentro le catastrofi provocate proprio da questo mio prossimo, e ho visto cose che narrerò solo ora, a voi, sentendo che ormai la fine è arrivata.
Negli ultimi anni del secolo scorso, il secolo delle guerre continue, fui in Kosovo, per soccorrere e curare gli infermi. Viaggiai per quel territorio che prima aveva visto l’unione degli slavi, ed era ormai ridotto ad una faida tra popoli fratelli e sentimenti religiosi assai mal interpretati.
Le stragi ed i massacri, le carneficine e gli stermini cui dovetti assistere, riempiono il mio cuore, anche in questo momento, di uno strazio che a stento avrà fine. Ho visto bambini morire mentre cercavano qualcosa da mangiare, o si riparavano dal freddo e dalla neve. Donne incinte con le pance squartate, altre, ancora ragazzine, fatte a pezzi da orribili mostri umani viventi, ma con la divisa piena di medaglie (ma chi mai avrà conferito medaglie a dei boia criminali ed assassini? Solo un pazzo assassino peggiore di loro), piccole casette di gente povera che bruciavano con, dentro, le loro famigliole, e poi uomini (uomini?), uomini che ridevano e sogghignavano di gusto, che gioivano alla vista dell’inferno che avevano realizzato.
Fu lì che cominciai a capire perché l’essere umano ha sempre fatto la guerra. Me l’ero continuamente chiesto: ma come ci riescono i generali, i governi, i padroni di una nazione, a convincere un ragazzo di diciotto anni o un uomo di sessanta, a offrire il proprio sangue, a patire le sofferenze, a donare la sua vita per una battaglia? Sono stati bravi ad indottrinarlo, ad indurlo a commettere una colpa così grave, cui sarebbe francamente impossibile essere persuasi?
Forse gli hanno detto che è per difendere il proprio paese, i propri figli, la propria moglie?
La terra, forse o la propria ricchezza?
Magari gli avranno offerto denari e onori affinché combattesse?
Ma, anche se fosse così, sarebbe assai difficile da svelare, questo mistero. Non è facile smuovere un essere umano, costringerlo ad andare lontano, fargli rischiare sofferenze inaudite (quando il solo tagliarsi, ad esempio, un dito con un vetro o battere la testa da qualche parte è cosa dolorosissima e temuta da tutti), senza alcuna possibilità di essere curato, di morire dopo una lunga agonia, probabilmente nel freddo della neve, al buio, senza mangiare, senza qualcuno che lo sostenga. Eppure in questi ultimi millenni è SEMPRE stato così.
No, la ragione è un’altra:


all’uomo piace fare la guerra.


Ho detto proprio così: all’uomo piace fare la guerra. Essa è piacevole, è divertente, è spassosa: l’ho visto negli occhi dei serbi, che ridevano e godevano di gusto, dopo aver stuprato e ucciso giovani donne inermi. Ridevano e godevano, erano felici, esultavano. A volte, alcuni uomini non riescono a completare l’atto sessuale, per vari motivi, probabilmente psicologici, per stress, per stanchezza o per qualche malattia o altro, a volte perché hanno paura della donna.
Ma quando sono loro che violentano, che ammazzano, che terrorizzano, il loro membro è saldo, compatto, resistente. Il loro godimento è al massimo, mai più proveranno quella sensazione di piacere, in tutto il resto della loro vita. In questa orribile maniera, perfettamente e atrocemente, è stato programmato, progettato il robot umano. Da un demone perverso
Un giorno, “intervistai” un ragazzone che proveniva dalla provincia di Belgrado, dopo che venne arrestato dalle forze alleate di liberazione: era legato come un cinghiale perché fortissimo e pericoloso, gli avevano stretto le manette ai polsi ed alle caviglie.
Quando gli chiesi il perché di quell’attacco al villaggio kosovaro, alle tre di notte, quando tutti i poveri abitanti stavano dormendo, terminato in un macello di carne umana, gli si illuminò il viso.
Disse che era una sensazione fantastica arrivare di corsa, coi suoi compagni, nel villaggio di notte, armati fino ai denti. Disse che era magnifico immaginare che, in quel momento, l’ ignara popolazione, assorta nel sonno, si sarebbe risvegliata con uno shock e, terrorizzata, avrebbe intuito il destino che l’aspettava, non potendoci far niente, aspettando solo che arrivasse il più presto possibile, il colpo mortale, per sé e per i suoi cari. “Era bellissimo correre e sparare - mi rivelò - sembrava di galleggiare nell’aria, come volare, l’estasi era suprema, non c’era stanchezza … era molto meglio di qualsiasi altra condizione.”
E le stesse cose me le raccontarono altri, nelle zone di guerra del medio oriente, in America centrale, nell’Africa sub – sahariana , dove un “patriota”, che nemmeno aveva sedici anni, mi raccontò per filo e per segno, di come la sua banda aveva massacrato più di trecento civili, poi decapitati, derubati di tutto quel poco che possedevano, bruciati in un solo falò. Poi il tutto fu seppellito, cenere sotto la cenere. Le tombe furono scoperte da un satellite dei francesi, che svelarono al Mondo intero l’orribile eccidio. Quel giovane ragazzo, quel bambino, si giustificò parlando di amore per la nazione bla bla, etnie diverse bla bla, religioni diverse bla bla, riti esoterici e tante altre infamità ancora,
che qualche scellerato maledetto infame gli aveva instillato nel suo depravato lavaggio della mente.
Sì amici, sì fratelli, dopo un po’ compresi tutto, mi illuminai alla luce di tante tragedie. Capii perché da cinquemila anni l’uomo fa la guerra e solo la guerra come attività principale. L’uomo è peggio della peggior bestia, anche perché prega prima di andare ad ammazzare e poi ricorda i suoi eccidi con feste e celebrazioni e bandiere e pianti.
E il prete lo benedice.
Preferisco l’ateo perché, se uccide, è un assassino e basta, sa chiaramente di esserlo e almeno non lo fa nel nome del Nostro Signore.
E continuai a frequentare i tanti e tanti conflitti, in Africa, in Afghanistan e in tutte le zone dove il principe dei demoni il re delle tenebre, in barba all’altissimo che, pure, lo aveva amato ed onorato, spargeva il suo sale rabbioso e avvelenato.
E i popoli della Terra, le genti ignare, correvano ad adorarla, quella bestia satanica, pronunciando per lui vocaboli come:
Nazione”, “Patria”,“coraggio”, “virtù”, “onore”, “valore”, “audacia”, “ardimento”,“eroismo”.
Cosa ci sia di eroico nella stuprare una vecchia o una bambina, solo satana lo sa.




Mentre pronunciava queste terribili parole, rumori strani e misteriosi giungevano, ovattati, dal piano di sotto. Non potevano essere i meteoriti, stavolta. Cosa si stava preparando dai piani bassi? Cos’altro ci si doveva aspettare?




CIRCA LA FINE DEL MONDO
Ah, dimenticavo, proseguì il saggio individuo, volevo parlarvi della fine del mondo … anche se non ne sarei tanto sicuro, giunti a questo punto.




Ma che cosa avrà voluto dire, con queste parole? Nessuno riusciva a comprenderle, e arrivavano proprio da lui, che era venuto ad annunciare la fine.




Sì, la fine del Mondo, ne stiamo parlando da tanto tempo, nessuno ci credeva, ma ora pare proprio che i gufi avessero ragione. I sacerdoti, i profeti e gli scienziati Maya hanno parlato chiaro. E, limpide, sono state le testimonianze ed i calcoli matematici che ci hanno tramandato .
Il lungo periodo ciclico di cui ci parlano i Maya, misura 5125 anni ed essendo l’ultimo di questi periodi iniziato esattamente l’11 agosto 3114 Avanti Cristo, finirà, sempre secondo i loro calcoli, domani o, forse, stanotte stessa. Ma che finisca un periodo, cari fratelli, significa anche che ne potrebbe cominciare uno nuovo. Il brutto delle profezie di questo popolo meso americano, suffragate anche da altre più antiche predizioni dei Sumeri e degli Aztechi è che, e questo lo stiamo constatando coi nostri occhi e con le nostre orecchie, la fine oppure il cambiamento, verranno anticipati da enormi sciagure. E più enormi di quelle calamità che abbiamo provato in quest’ultimo anno, difficilmente si potrebbero immaginare. Navi che cambiano rotta da sole, radar e aerei che sbagliano i dati, enormi veicoli stradali che creano disastri, montagne che franano dopo esser state immobili per milioni di anni, familiari che uccidono i familiari, il sangue del proprio sangue, malessere inconscio, stress dentro ognuno di noi, senza che ne conosciamo il motivo. E poi odio, odio, odio: forse tale sentimento, a pensarci bene, non è una novità, ma una costante di questi ultimi 5125 anni.




E i rumori provenienti da sotto le scale si facevano intensi, anche se cercavano tutti, fingendo, di non farci caso. Il monaco si inventò altri argomenti, giusto per non dare il tempo agli ospiti di farsi prendere dal panico.




Eppure, odio o non odio, bisogna interpretare bene le parole dei Maya. Siamo sicuri che non intendessero qualcosa d’altro?
Di loro non ci sono rimaste prove, né scheletri: loro sono spariti tutti assieme senza lasciare traccia. Non sono morti, pare.
Sono solo passati di là. Dicono che se ne siano andati, vibrando con anima e corpo, in un pianeta parallelo, che chiamavano Nibiru, lo stesso pianeta, invisibile che sta arrivando da noi.
E noi che faremo, qui nel nostro bel castello di san Salvatore? Sarà questa la città della salvezza? La città di cui si parlava era Bugarach, tra i monti Pirenei. Forse si erano sbagliati.
Comunque, state tranquilli, tra un po’ sapremo la verità e, molto probabilmente, non sarà poi così tanto brutta come ce l’hanno dipinta.
SULLA CASTITA’
Adesso, però, voglio parlarvi di un’altra cosa. Precedentemente, qualcuno di voi mi ha chiesto del perché i monaci osservano la castità. Essa è gran bella cosa nelle anime sante.
Tramite la castità, l’essere privilegiato può arrivare ad una intensa meditazione, che lo può portare direttamente a conoscere un’altra dimensione del proprio corpo.
Sembra un paradosso, ma il digiuno, combinato alla preghiera e all’astinenza sessuale , ci farà conoscere (e parlo sempre degli spiriti prescelti), un piacere che supera di mille volte quello sessuale, tanto che, quest’ultimo, ci apparirà come una banale soddisfazione di pochi istanti, una squallida pratica da cui dopo, infatti, dobbiamo ripulirci.
Ma state bene attenti … io ho parlato solo degli spiriti eletti. Gli altri, tutti gli altri, non possono trarre beneficio da una illibatezza, da una morigeratezza non desiderata. La castità imposta, fratelli carissimi, è un disastro, una calamità peggiore di quelle che stiamo subendo in questi tragici mesi. Chi serve Dio non dovrebbe essere obbligato all’astinenza, fare l’amore con chi si ama non deve essere considerato un peccato. Forse è per questo che molti ministri di Cristo si macchiano di violenza contro i bambini?




Angelo ascoltava, apparentemente pensando ad altro, queste parole, mentre altri rumori, intensi e sempre più frequenti, provenivano dal basso.




La repressione sessuale imposta dall’alto ha sempre scatenato , e ve lo dico io che l’ho visto coi miei occhi, la rabbia interiore, l’insoddisfazione e, quindi, la guerra tra i popoli. Eh sì, figlioli, la guerra. Ecco, questo è un altro dei motivi che spinge l’essere umano a fare la guerra. Ecco perché quella bestia di un militare stuprava le donne con tanto odio. Eccoli davanti a voi gli ultimi cinquemila anni di odio, di ignoranza, di religioni mal interpretate, di repressione sessuale.




Angelo, ancora serio e pensieroso, si apprestò a correre in aiuto di Ugo che, con l’assistenza di Pedro, stava rientrando nel salone del focolare spingendo un carrello portavivande.




Presentava un grande strudel di mele già tagliato a pezzi e ancora fumante, poi tanti bicchierini pieni di uva passa in un bagno di grappa al miele. Per chi ne avesse voluta ancora, sarebbe bastato versarsela dal contenitore.
Solennemente, Angelo, il capo, il custode, l’ospite di tutta la compagnia, si schiarì la voce e, quasi tremante, iniziò a parlare.
Adesso, amici carissimi, stavolta finalmente tocca a me parlare, mettetevi comodi e saro’ l’ultimo a farlo.”
Ma prima di iniziare a raccontare la sua storia, fece qualcosa di assai strano ed inconsueto.
Ascoltatelo bene.

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