martedì 1 febbraio 2022

Oggi vi parlo

  Buongiorno a tutti voi. Oggi vi parlo di: Saffo, una poetessa greca antica originaria di Eresos, città dell'isola di Lesbo nell'Egeo; le notizie riguardanti la sua vita sono state tramandate dal lessico Suda e da vari riferimenti di autori latini come Cicerone e Ovidio. Ciò che sappiamo di Saffo è stato dedotto dalle liriche e frammenti a lei attribuiti, o riportato da storici dell'antichità le cui fonti erano di dubbia attendibilità. Gli antichi furono concordi nell'ammirare la sua maestria: Solone, suo contemporaneo, dopo aver ascoltato in vecchiaia un carme della poetessa, disse che a quel punto desiderava due sole cose, ossia impararlo a memoria e morire. In età imperiale, Strabone la definì "una creatura meravigliosa", e una lode simile si trova anche in un epigramma attribuito a Platone: «Alcuni dicono che le Muse siano nove; che distratti! Guarda qua: c'è anche Saffo di Lesbo, la decima.» Già nell'antichità Saffo, a causa della bellezza dei suoi componimenti poetici e della conseguente notorietà acquisita presso gli ambienti letterari dell'epoca, fu oggetto di vere e proprie leggende, poi riprese e amplificate nei secoli a venire, specie nel momento in cui, a partire dal XIX secolo, la sua poesia divenne paradigma dell'amore omosessuale femminile, dando origine al termine "saffico" Fu il poeta Anacreonte, vissuto una generazione dopo Saffo (metà del VI secolo a.C.), ad accreditare la tesi che la poetessa nutrisse per le fanciulle, che nel tiaso educava alla musica, alla danza e alla poesia, un amore omosessuale: secondo la tradizione, fra l'insegnante e le fanciulle nascevano rapporti di grande familiarità, talora anche sessuale. La poetica di Saffo s'incentrava sulla passione e sull'amore per vari personaggi e per tutti i generi. Le voci narranti di molte delle sue poesie parlano di infatuazioni e di amore per vari personaggi femminili, ma le descrizioni di atti fisici tra donne sono poche. Dedicò a una delle sue allieve la poesia "A me pare uguale agli dei". Saffo compose degli epitalami, struggenti canti d'amore per le sue allieve destinate a nozze e questo ha lasciato supporre un innamoramento anche con componenti sessuali. In realtà è presumibile che Saffo, comunque affezionata alle sue allieve, li abbia scritti poiché le vedeva destinate ad un triste destino: lasciavano infatti l'isola dove si trovavano, dove erano accudite e felici, per andare nella casa dei loro mariti, da cui non sarebbero uscite quasi mai; lì sarebbero state in pratica rinchiuse a vita, come voleva la tradizione greca. Gli studiosi della biblioteca di Alessandria suddivisero l'opera della poetessa in otto o forse nove libri, organizzati secondo criteri metrici: il primo libro, ad esempio, comprendeva i carmi composti in strofe saffiche, ed era composto da circa 1320 versi. La sua poesia, nitida ed elegante, si espresse in diverse forme metriche tutte tipiche della lirica monodica, fra cui un nuovo modello di strofe, dette "saffiche", composte di quattro versi ciascuna, tre endecasillabi saffici e un adonio finale. Tale forma metrica fu ripresa da molti poeti, fino alla "metrica barbara" di Carducci. Si narra che si sia gettata da una rupe sull'isola di Lefkada, vicino alla spiaggia di Porto Katsiki, per l'amore non corrisposto verso il giovane battelliere Faone, che in realtà è un personaggio mitologico. Tale versione è stata ripresa anche da Ovidio, nelle Eroidi, e da Giacomo Leopardi nell'Ultimo canto di Saffo. Alla poetessa greca, inoltre, è stato dedicato un asteroide, battezzato 80 Sappho. ora veniamo al suo pensiero: "Scuote l'anima mia Eros, come vento sul monte che irrompe entro le querce; e scioglie le membra e le agita, dolce amaro indomabile serpente. Sei venuto, hai fatto bene, io ti desideravo. Hai sollevato il mio animo che arde d'amore. Nuovamente Eros di sotto alle palpebre languido mi guarda coi suoi occhi di mare; con oscure dolcezze mi spinge nelle reti di Cipride inestricabili. Verginità, m'abbandoni, dove vai? Non verrò più, non verrò più, cara sposa, più da te. Ascoltami: se proprio mi vuoi bene portati a letto una donna più giovane di me. Ti giuro, non ce la farei a vivere con te. Sono troppo vecchia. Quando guardo te un momento, non ho più modo di parlare, ma la mia lingua resta muta, e di colpo una fiamma delicata scorre sotto la mia pelle, e con i miei occhi non vedo nulla, e le mie orecchie ronzano, e un sudore umido mi bagna, e un tremore mi prende dappertutto."



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