Maria Rosa Troisi ha trentasette anni, un pancione che comincia appena a mostrarsi, due figli che la tirano per mano, una casa col cortile a Battipaglia. La vedi di spalle, la mattina, mentre stende lenzuola bianche che il sole agita come vele. Pensa al bambino che si muove, alla spesa da fare, al turno in farmacia, a Marco che ieri è rientrato tardi e non ha parlato.
Marco Aiello è un uomo che tiene il fiato in tasca: lo trattiene, poi lo esala in un soffio di rabbia. Non urla quasi mai, ma quando parla sposta l’aria, fa tremare i bicchieri. Maria Rosa ascolta, china la testa, cerca la stella polare nel piatto che sta lavando. Dice 'andrà tutto bene, si vedrà'. Noi donne sappiamo fare degli avanzi un pranzo di festa, dicono.
È mercoledì, 20 settembre 2023. La luce è netta, taglia le stanze come un coltello. E infatti: il coltello arriva davvero, luccica un secondo. Marco lo stringe. Il tempo si ferma. Maria Rosa cade.
Restano le stoviglie mezze sciacquate, la tovaglia coi le stampe, lo sfrigolio del sugo sul fuoco. Restano due bambini affacciati sull’assenza. Restiamo noi, fuori da quella porta, a chiederci da quanto la violenza viveva in casa, quante volte abbiamo distolto lo sguardo.
Come sempre, dopo il trauma, la città si mette a marciare in silenzio. Centinaia di fiammelle per le strade, la voce delle donne che si chiamano: Maria, Rosa, Francesca. Ogni passo è un tamburo che dice basta. Il vento di settembre porta l’odore del mare, mischiando sale e lacrime.
E Marco? Seduto in cella, racconta che non ricorda, che un’ombra gli ha guidato la mano. I periti dicono no: lucido, capace, responsabile. Nessuno può derubare Maria Rosa della verità. Il suo cuore tace, ma parla il nostro: se una donna muore a casa sua ogni tre giorni il problema è di tutti.
La cronaca finisce qui, ma la storia resta. Sta nel disordine delle stoviglie, nel grembo vuoto, nel sonno inquieto dei figli. Noi la raccogliamo come si raccolgono i cocci di una tazza cara: pezzo dopo pezzo, perché non vada perduta. Angela Marino
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