venerdì 27 dicembre 2019
Per essere
Nulla di ciò che hai ti appartiene
ad eccezione di ciò che sei
Non vivere per avere :
Vivi per essere
mercoledì 25 dicembre 2019
domenica 15 dicembre 2019
Vivimi
Stagione di nebbia e morbide luci,
intima abbondanza di questi giorni,
della luna, al culmine della notte.
Tu, intimo amico del sole vivimi
nei tuoi raggi.
Sono ritaglio di poesia,
silenzio da leggere tra le carezze.
Sono in questo sguardo,
ti disegno dal di dentro
Vivimi nella radio che si inventa
le parole
mentre canto questa emozione.
Vivimi, come quando la pelle tra la folla ci sfiorò.
Bruneta Sacchet
giovedì 5 dicembre 2019
Estratto di vita
domenica 1 dicembre 2019
Infuso di armonie
venerdì 15 novembre 2019
Questo sole
Peccato da sciogliere
Sei il sole che da calore hai miei giorni.
Sei la bellezza di un fiore.
Sei un incantevole risveglio dopo un lungo inverno.
Sei vita e passione da vivere.
Sei carne che pulsa desiderio.
Sei peccato da sciogliere in un bacio senza tempo.
Sei la bellezza di un fiore.
Sei un incantevole risveglio dopo un lungo inverno.
Sei vita e passione da vivere.
Sei carne che pulsa desiderio.
Sei peccato da sciogliere in un bacio senza tempo.
martedì 12 novembre 2019
Sei
Sei come un cucciolo:
vivace - tenero.
curioso - profondo.
Sei come il primo giorno di scuola:
emozione - timidezza,
camuffate di sicurezza.
Sei dolce come il primo bacio,
quello che mi hai dato.
Sei vigoroso come la moto,
quando
acceleri per respirare il vento,
Sei come quel fuoco che arde nei miei sensi.
Sei la mano che mi coglie per regalarmi una carezza,
Sei il cuore che mi indossa con naturale eleganza!
Brunetta Sacchet🌹
vivace - tenero.
curioso - profondo.
Sei come il primo giorno di scuola:
emozione - timidezza,
camuffate di sicurezza.
Sei dolce come il primo bacio,
quello che mi hai dato.
Sei vigoroso come la moto,
quando
acceleri per respirare il vento,
Sei come quel fuoco che arde nei miei sensi.
Sei la mano che mi coglie per regalarmi una carezza,
Sei il cuore che mi indossa con naturale eleganza!
Brunetta Sacchet🌹
lunedì 28 ottobre 2019
Sazia di silenzio
L'essenza di te evapora,
ti scioglie e ti sazia il silenzio
del cuore che sottovoce batte,
abbracci, contenitori dell'anima;
passi scalzi i nostri incontri.
Anna By.
ti scioglie e ti sazia il silenzio
del cuore che sottovoce batte,
abbracci, contenitori dell'anima;
passi scalzi i nostri incontri.
Anna By.
venerdì 25 ottobre 2019
Come. incastri
Siamo incastrati nelle nostre vite,
incollati tra paure e inchiostri neri.
Perenne l'attesa di mano leale,
per poi rammentare..
di essere privi di padrini;
perenne attesa di mano divina
carezza di cherubini!
Siamo in attesa di colei che tutto coglie,
cosa ne farà del piccolo fiore e, del robusto olmo?
Siamo qui, osservatori silenziosi.
Brunetta Sacchet🌹
Parte di una poesia
Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini
lunedì 21 ottobre 2019
Per ogni metà di un sogno
Ho sognato il frutto proibito,
non un totem sospeso nell'Eden.
Ho sognato la mela tagliata,
nel cielo incastonata.
Ho sognato lo sfondo maestoso
mutarsi tra le braccia dell'alba e
procedere abbracciato incontro al tramonto.
Ho sognato il frutto del melo,
riposare nel bacio di mille fanciulle,
ogni metà,
sia gialla, oh rossa, oh verde,
oh acerba, oh matura,
oh..., incastro perfetto, di più: aureo.
La dote ritorna intatta
il frutto proibito è salvo!
Ho sognato che ti assaggiavo...
nel morso di una notte evanescente
di quelle che attendi fin dal primo sorriso
quello che sboccia tra il volto ingenuo.
Scansando la paura,
una piuma di rondine, mi indica la via
ed io mi desto
mordendomi le labbra
Trattengo il sapore di questi colori.
Sanno di te...
Sacchet Brunetta🌹
non un totem sospeso nell'Eden.
Ho sognato la mela tagliata,
nel cielo incastonata.
Ho sognato lo sfondo maestoso
mutarsi tra le braccia dell'alba e
procedere abbracciato incontro al tramonto.
Ho sognato il frutto del melo,
riposare nel bacio di mille fanciulle,
ogni metà,
sia gialla, oh rossa, oh verde,
oh acerba, oh matura,
oh..., incastro perfetto, di più: aureo.
La dote ritorna intatta
il frutto proibito è salvo!
Ho sognato che ti assaggiavo...
nel morso di una notte evanescente
di quelle che attendi fin dal primo sorriso
quello che sboccia tra il volto ingenuo.
Scansando la paura,
una piuma di rondine, mi indica la via
ed io mi desto
mordendomi le labbra
Trattengo il sapore di questi colori.
Sanno di te...
Sacchet Brunetta🌹
martedì 15 ottobre 2019
Il Grande Castello
Siamo come le lucciole
Gran finale
Soluzione del mistero
Sbirciando
attraverso la fessura che si era formata nel finestrone, Samuele
scorse, con raccapriccio, che una zona del maniero, quella già in
parte diroccata, stava andando velocemente a fuoco.
Roberto realizzò,
solo allora, che il monaco gli era misteriosamente sparito tra le
mani, come fosse stato un’anguilla.
“
Dove s’è cacciato? Come
avrà fatto a dileguarsi se tutte le porte sono state bloccate? -
pensò ad alta voce – di qui è impossibile uscire.”
“Di uscite ce ne sono tante
altre, ve lo dico con certezza – affermò Angelo – Il falso
monaco è pratico di tutti gli impianti di sicurezza e conosce questo
castello, o per meglio dire, questo labirinto, pieno di varchi,
passaggi segreti, usci oscuri, più di quanto lo conosca io stesso
che ne sono il custode ed il guardiano. ”
Ma,
a questo punto, entrò in scena Ugo (e chi se lo sarebbe aspettato),
si armò di una chiave ed aprì la porta che dava sulle scale.
“Seguitemi
– disse agli ospiti con una flemma che pareva, in quegli attimi,
perduta da tutti – scoprirete la verità.”
Lo disse quasi cambiando voce,
come se stesse per rivelare qualcosa che, prima di allora, si era
divertito a nascondere a tutta la comunità.
Forse
era proprio lui il depositario di un qualche oscuro segreto. Ma cos’è
che ci aveva nascosto quel caro signore?
Da
una porta dello scantinato al piano basso, che si era pensato fosse
un magazzino vivande e almeno così continuavano a credere tutti
quanti, uscivano fuori rumori insistenti, tanto che ognuno dei
presenti, ad esclusione di Ugo, mostrava una faccia pallida di
terrore.
La
porta venne aperta con gentilezza e apparve, alla piccola comunità
accorsa lì sotto, un bambino seduto sul suo letto, il giaciglio in
cui era stato disteso dai suoi soccorritori che lo avevano creduto
privo di vita.
Il piccolino sorrideva, mentre
stava terminando di mangiare qualcosa.
Vicino
a lui, su un comodino, alcuni libri a fumetti e una scatola di
cioccolatini, degli snack . In alto a destra, un televisore al plasma
ultrapiatto trasmetteva programmi per bambini ed era collegato con un
sistema multiplo di videogiochi.
Appena
lo vide, Serena sbiancò (nel modo in cui un africano può sbiancare)
strinse gli occhi come per vederci meglio e, dopo aver pronunciato il
suo nome: “Marco!”, barcollò, come per svenire.
“Ciao,
mamma - disse il pupo con gioia - finalmente sei arrivata,
cominciavo a stancarmi.” La donna lo abbracciò che pareva
soffocarlo. “Sei vivo, mio tesoro – disse – allora Dio esiste
sul serio.”
Gli
ospiti, che prima erano solo spaventati, cominciarono ad abbracciarsi
tra di loro. In quel momento non sapevano se sentirsi commossi,
stupiti o, come negli show televisivi di basso ordine, soltanto
gasati. Chissà quale altra terribile cosa stava succedendo,
pensarono tutti quando, ad un certo punto, si sentì arrivare, da
fuori, una specie di carica di bufali.
“Uno
show televisivo?” Cominciò, pian pianino a chiedersi qualcuno. I
ragazzi si guardavano tra loro.
Infatti, per chi non lo avesse
capito, eravamo proprio in uno show.
Questa
è roba da matti.
Perciò, dopo l’abbraccio
tra madre e figlio che suggella ogni forma di reality televisivo, il
magazzino o, se preferiamo, lo studio TV , fu invaso da una mandria
umana formata da innumerevoli cameraman, fotografi, tecnici delle
luci, dirigenti televisivi e vecchie star.
Ecco chi produceva
tutti quei rumori sospetti e quei sinistri scricchiolii, ecco chi
aveva provocato quel flash (fotografico) che aveva illuminato la
mente di Angelo.
In quel mentre,
cigolando, si spalancò l’ennesima porta segreta del labirinto
misterioso che si era rivelato essere il castello di san Salvatore.
Si trattava di un ingresso seminascosto, situato dall’altro lato
dello stanzone: v’entrò un bell’uomo che presentava,
nell’aspetto, un qualcosa di familiare.
Serena lo vide e
svenne, precipitando a terra. Stavolta, nessuno riuscì a reggerla.
“Questo è Luigi –
affermò Ugo – cioè il monaco senza la barba bianca e senza il
saio. Cioè il fidanzato di Serena ed il papà del bambino che noi
tutti credevamo trapassato.”
Luigi aiutò il
suo amore a rinvenire. A dare le spiegazioni ci pensò Ugo che,
assicurandosi che l’ora dello spettacolo televisivo in collegamento
diretto fosse arrivata e verificandolo con uno sguardo al polso
sinistro, iniziò, solennemente, a parlare.
“E’ giunto il
momento di raccontarvi tutta la verità”, disse. Mentre parlava
coglieva , attorno a sé, solo sguardi perplessi. Prima di
cominciare, però, sembrò sistemarsi una specie di microfono che
teneva dietro ai pantaloni.
Ugo, dirigente
televisivo, era già in contatto audio e video con una entusiasta e
fibrillante Barbara D’Urso (la bella e gentile presentatrice) che,
evidentemente, era la madrina del programma cui i ragazzi (e Angelo)
avevano partecipato, pur senza esserne stati messi al corrente.
“Siete stati molto
bravi, ragazzi – affermò, dallo schermo, la viva voce di Barbara -
Lo spettacolo è andato a gonfie vele. Avete partecipato alla prima
puntata del reality:
“la
fine del mondo”,
uno show seguito in diretta
dalle televisioni di tutto il pianeta e questa … non è altro che
la casa de
Il
Grande Castello
(ne seguì una musica forte ed
accattivante). Se vi guardate attorno, noterete che questo studio è
pieno zeppo di videocamere e di microfoni, qualcuno è installato
anche su di voi.”
Nessuno reagì o profferì
verbo, ma tutti parvero più che felici a questa bella, meravigliosa,
stupefacente notizia. Qualcuno, dalla gioia inaspettata e
dall’emozione che si prova nello scoprirsi all’improvviso in
diretta tv, si fece la pipì addosso.
Serena,
che sembrava la più sbigottita, chiese: ”Ma come avete fatto a
trovare Marco e come è riuscito a farsi credere morto?”
“Niente
di più facile” continuò Ugo, e proseguì il suo strano racconto:
“Luigi, dalla cella in cui era stato rinchiuso da Angelo, che lo
credeva un eremita, evase facilmente e andò subito, con le movenze
di un gatto, a prelevare il bambino (era stato portato, poco prima,
fin là fuori da una vettura della direzione) , poi lo distese in un
punto del cortile, sotto le finestre, in cui Angelo avrebbe potuto
scoprirlo subito e tornò, camminando sulla neve (ecco perché le sue
orme ricomparivano indietro), nel ritiro in cui doveva nascondersi
per esigenze di copione, nella sua dimora solitaria da cui seguiva le
vostre azioni sullo schermo in diretta.
Dopodiché il
bambino venne sistemato in questa bella stanzetta, ad aspettare le
fine del reality, mentre ingannava il tempo giocando con aggeggi
elettronici rumorosi , mangiando dolci e guardando, da quello schermo
posto in alto, le vostre spettacolari interpretazioni.”
Luigi continuava a
baciare Serena che, nel frattempo, era rinvenuta. “Perché non mi
hai avvertita prima? Quante sofferenze mi avresti risparmiato.”
“Scusami se mi ero
fatto creder morto, il fatto è che la mia famiglia, razzista, mi
aveva vietato di incontrarti, perché non voleva che sposassi una
donna di colore. Ma dopo, ci avevo ripensato e avevo deciso di
cercarti e ritrovarti ad ogni costo. Solo da poco ti avevo raggiunta,
grazie alle indagini che aveva fatto la direzione di questo reality,
finanziate dal nostro canale televisivo.
Sia le cose
da mangiare che ultimamente trovavi sulla tua strada, che e i soldi,
te li sistemavo io di nascosto.
Il piccolino
Marco, invece, era stato rintracciato qualche giorno prima, dopo mie
ricerche estenuanti. Per esserne certo, anche se non serviva, ho
fatto l’esame del DNA, poi l’ho riconosciuto legalmente, ora sono
suo padre. Avremmo dovuto fartelo vedere tre settimane fa, nel corso
della trasmissione in diretta:
“Trova
il caro tuo”,
quella
condotta dalla brava e giovane Raffaella Carrà
e
avremmo dovuto piangere abbondantemente tutti e tre, ma il direttore
generale della rete mi disse di stare calmo, poiché preferì
aspettare un altro po’e inserire, questo lacrimevole e struggente
incontro, nel programma che si sarebbe tenuto, come poi avvenne,
nella casa del Grande Castello in mondovisione.
In effetti, dicono, la
raccolta pubblicitaria ha dato i suoi frutti, gli introiti sono
stratosferici, è stata una grande mossa, molto strategica, gli
indici di ascolto sono stati strabilianti, specialmente durante
l’orgia (e qui Serena arrossì), dicono si sia toccato il picco dei
sette miliardi di contatti.
“Scappiamo
di qui - urlò ad un certo punto qualcuno – la costruzione sta
andando a fuoco, tra un po’ bruceremo tutti.”
Gli
ospiti erano pronti a fuggire dal castello in fiamme e correre
all’aria aperta. ”Ma non sarebbe stato peggio”, pensarono? In
effetti sembrava che dovesse crollare tutto.
Invece
Angelo, che era arrivato da solo e prima di tutti gli altri
concorrenti alla conclusione, e aveva capito, da troppi segnali, che
tutto quello che stava succedendo non poteva essere che uno scherzo
televisivo, pieno di effetti speciali, sonori e luminosi.
Quindi era rientrato e
s’era portato dietro, tenendolo alto, un vassoio strapieno di
croissant caldi, del caffè bollente con latte, marmellata di pesche
e albicocche, burro, buon miele e arance spremute: il tutto prodotto
in casa. Nella casa del Grande Castello
“Ma quali
radiazioni? - rispose Angelo - qui è tutto un trucco
cinematografico, si sono divertiti con noi, ci hanno fatto credere
tutto quello che hanno voluto. Perciò calmi, calmi, ragazzi. Il
fuoco si spegnerà da solo: i sistemi di sicurezza installati dalla
direzione non permetteranno alle fiamme di continuare per molto.”
Luigi annuì.
Quelli
che si affacciarono dalla finestra del magazzino si accorsero di una
piccola luminescenza che usciva dal fuoco. Dopo un po’ il rogo si
spense e la parte diroccata del castello, che non era altro che un
trucco scenico e cinematografico, tornò a splendere come prima.
“E’
strana quella luce verde, Chissà come avrà fatto ad uscire dal
falò?”
“E’
l’anima del fantasma che infestava questo castello che se n’è
andata per sempre.” Affermò Angelo con piacere veritiero.
Ugo
assentì e rise beatamente e con soddisfazione, perché, più che
pensare ai fantasmi, pensava agli indici di ascolto ed alle entrate
pubblicitarie che gli stavano comunicando, attraverso i telefonini
che teneva aggrappati ai lobi delle orecchie.
“Avete
consumato la colazione, ragazzi? Adesso, allora, usciamo tutti
assieme per vedere - affermò ridendo, perché ormai era
completamente rilassato - se è venuta la fine del Mondo prevista da
quei burloni dei sacerdoti maya.
Con
entusiasmo ognuno entrò nell’aria fresca della notte, che stava
per finire, dopo essersi protratta quasi per un’eternità.
L’impatto
con l’aria aperta fu meraviglioso, incantevole, la sensazione fu di
quelle che si prova poche, rarissime volte nella vita.
Il
cielo rappresentava un’immensa volta di stelle. A Serena, quella
visione, ricordò gli affreschi di Giotto, visti nella grande chiesa
di
Sant’ Antonio,
a Padova.
In
quel luogo sacro, la ragazza era stata a pregare il santo affinché
le donasse il miracolo di tornare a vedere il figlio perduto.
Ricorderà per sempre il brivido che provò, una volta dentro,
nell’ammirare quella cupola blu, piena di luci d’oro, che
brillavano e luccicavano, ad eterna gloria del Creatore e del suo
Santo nome.
Ehi,
ma stava proprio per schiarire, lì fuori. Incredibile! Siamo vivi!
“Guardate,
stiamo brillando – urlò Samuele, brilliamo nelle tenebre.” In
realtà una certa luce, forse radioattiva, forse dovuta ai funghi che
avevano mangiato durante le grandi libagioni, aleggiava sui loro
corpi, al di sopra dei loro capelli.
“Siamo come le lucciole “
disse qualcuno, e la sensazione che provavano era quella: piccoli,
minuscoli, insignificanti insetti nell’oscurità e davanti al Mondo
intero che li aveva scrutati per tutta la notte.
L’impatto
con l’aria aperta fu meraviglioso, incantevole.
Continuò a risplendere,
ancora per un po’, almeno fin che durò il buio, la grande
Stella Polare,
quella che ci indica la via, la stessa che ha sempre orientato, nei
secoli, il cammino dei popoli. Senza il chiarore di quell’astro,
la nostra civiltà non sarebbe stata la stessa.
“Ma,
allora, questa notte avremmo condannato un innocente, avremmo mandato
a morire quello che noi tutti credevamo un assassino, anche se non
aveva mai ammazzato qualcuno?” Si chiese Roberto, pensando a
Gionni.
“E’
questo l’errore che commettiamo quando vogliamo e pretendiamo
inutilmente di farci giudici – rispose Pedro - il Giudice è uno
soltanto e solo a Lui ci dovremmo affidare.”
Ugo,
pur indaffaratissimo, intervenne nella loro questione: “non
preoccupatevi per Gionni, lo rivedrete tra pochissimo negli studi
televisivi, sta già parlando con Barbara e lo stanno festeggiando i
suoi amici.”
Poi l’alba si impose in
tutta la sua straordinarietà. Lungo la linea dell’orizzonte si
potevano ammirare le luci che illuminavano Venezia … le campane
iniziarono a suonare, perché tra poco si doveva andare a messa e, da
queste parti, in Chiesa ci vanno tutti. Si sentivano quelle vicine e,
distanti ma non meno confortanti, quelle dei paesetti lontani: il
suono era dolcissimo.
Luigi,
non più monaco ormai, guardò verso la grande luce che cacciava le
tenebre, il suo lampeggiare e danzare in cielo la rendevano simile ad
una vera e propria aurora boreale … e teneva dolcemente in braccio
suo figlio, un bambino risorto dalla notte. Avvinghiata a loro stava
Serena, la ragazza di ebano, nera come la Vergine di Czestochowa,
che, abbracciandoli affermò: “fra tre giorni sarà Natale.”
Voci
insistenti davano per vincitrice, alla prima puntata del Grande
Castello, proprio la coppia Serena – Luigi, ma il ragazzo non poté
concorrere, visto che era già a conoscenza delle regole del
programma. I due innamorati si rifecero partecipando a tutte le
puntate dell’altro show televisivo, quello condotto dalla Carrà al
Sabato sera.
In
base alle sue stesse dichiarazioni, effettuate in mondovisione (anche
se non lo sapeva), Roberto venne arrestato per concorso in omicidio -
oltre alla imputazione di banda armata e traffico di armi - e
conseguentemente condannato a dieci anni di carcere, in merito alla
vicenda del povero Giulio, il figlio dell’Onorevole democristiano
Lazzari; non fu difficile risalire anche ai complici. Per l’
uccisione del magistrato Polentini, invece, riconosciuto come l’unico
colpevole, venne condannato ad altri trentuno anni. Fu incriminato
anche per l’assalto al giovane di estrema destra che era stato
sprangato fuori dal cinema. Uscirà dalla casa della Grande Prigione
nell’anno del Signore duemila e sessantuno.
Samuele
venne incriminato e processato per il tentato rapimento del figlio
del calciatore Strafazzi. Anche gli altri componenti della sua banda
furono arrestati. Per il signor Ercole, invece, vennero aperte le
porte del penitenziario, sia perché il magistrato inquirente (grande
fan del reality) giudicò che era stato lui a decidere di riportare
il povero bimbo nella sua casa, quindi si doveva considerare una
attenuante alla pena, sia perché i termini della carcerazione era
stati superati senza che nessuno, né i giudici né i questurini, se
ne fossero accorti.
Di
Pedro, fu notata la sua abilità nel trattare le persone e i fatti
storici e politici. Venne contattato dall’Università Sorbona di
Parigi, dove attualmente vive e insegna. E’ docente di Scienze
storiche e filosofiche.
Ad
Angelo, date le sue strabilianti conoscenze nell’arte del governo,
venne proposto di pubblicare un saggio, ed ebbe un enorme successo.
Divenne deputato al parlamento europeo ed ora è Ministro
dell’Economia nell’attuale governo.
Kevin,
che non voleva mai più tornare nella sua casa, fu introdotto dalla
direzione in vari reality che si trasmettevano in giro per l’Europa
e in America del Nord. Divenuto oramai un professionista, ne vinse
molti.
Ugo
è il nuovo Direttore della più importante rete televisiva del
nostro paese.
Gionni
fa il corrispondente dal Brasile per Canale Sette,
Infine,
la prima stagione del Grande Castello, dal titolo: “La fine del
mondo”, fu vinta
(musica celestiale, inno della
gioia, Primavera di Vivaldi),
da Tatiana,
che conseguì anche una bella
sommetta di denaro. Venne votata in maggioranza sia dal pubblico
televisivo che dalla giuria interna, per lei fu un vero trionfo. La
Repubblica di Vannonia (orgogliosa davanti a tutto il Mondo per
questa sua meritevole concittadina) le offrì gloria e onori, più
alcuni prestigiosi incarichi. Le fu chiesto di coprire la mansione,
dapprima, di Magnifica Rettrice della più importante Università
della nazione, successivamente di dirigere la più rilevante
industria di Stato, poi di scegliere tra l’incarico di Primo
Ministro con l’interim all’economia, infine di essere nominata,
addirittura, Presidente della Repubblica. Le cifre in denaro vannone
che le offrirono, oltretutto, superavano il prodotto interno lordo di
nazioni come San Marino o il Liechtenstein.
Ma no, niente, la
sindrome di Stendhal le imponeva di restare nel nostro paese. E qui
restò per il resto dei suoi giorni.
Infatti, con la
sommetta guadagnata nello show televisivo, comprò una tenuta al
confine tra Toscana e Umbria, chiamò una trentina di sue belle
connazionali, e aprì un centro benessere con piscine, saune,
palestre, cavalli. I clienti corsero in quel paradiso terrestre, dove
poterono sollazzarsi in massaggi, giochi erotici e altro con le
bellissime ragazze vannone.
All’interno
funzionava anche un attrezzatissimo sexy shop.
Tutti
i concorrenti vennero incriminati per atti osceni in luogo pubblico,
su denuncia del comitato popolare “madri europee contro
l’indecenza”, ma la procura, visto che il fatto, cioè l’orgia,
era stato commesso senza che gli orgiasti stessi sapessero di
trovarsi in diretta mondovisione, ha dichiarato
TUTTI ASSOLTI …
e lo spettacolo continua.
THE
SHOW MUST GO ON
Signori…..la
vostra avventura…..finisce qui.
Fascia araldica
Non so, se il tempo che ruba i ricordi,
mi concederà il riflesso dell'alba che vidi con te.
Non so se saprò interpretare la tua voce quando si poserà tra le ali del vento.
Non so se il mio cuore,
domani, ti amerà come ora,
tra questo profumo di gelsomino e quello di un appassito pensiero.
Solo una cosa so, quello che celato segreto
essenza di me...
la lama affilata che, alle spalle mi prese,
si quella,
che resecò l'immagine di noi, anima al sogno destata...
Umili frammenti di mille dolci, colorati momenti,
ora, scivolati giù a terra;
per mano di colei avvezza di piume.
Con il peso dei suoi goffi piedi,
schiacciò...calpestò, i nostri giorni rosati.
Svanirono tra il nulla di un fungo maligno.
La menzogna vestita di specchi, si camuffò tra lastre di vetro fredde e opache,
fu così che determinata tesi la fionda,
posai tra il lembo di gomma
un piccolo sasso di fiume
con esso il sortilegio spezzai,
il feudo di ghiaccio come scaglia di terra bruciò
ogni dolore, cessò..
la fascia araldica portatrice di fede,
che in noi convessa fu, si fece più spessa, robusta, si fece...
E, ancora no so, se il tempo che ruba i ricordi...
mi concederà il riflesso dell'alba che vidi con te!
Brunetta Sacchet🌹
Immagine realizzata dall'artista Giuseppe Malfattore .
mi concederà il riflesso dell'alba che vidi con te.
Non so se saprò interpretare la tua voce quando si poserà tra le ali del vento.
Non so se il mio cuore,
domani, ti amerà come ora,
tra questo profumo di gelsomino e quello di un appassito pensiero.
Solo una cosa so, quello che celato segreto
essenza di me...
la lama affilata che, alle spalle mi prese,
si quella,
che resecò l'immagine di noi, anima al sogno destata...
Umili frammenti di mille dolci, colorati momenti,
ora, scivolati giù a terra;
per mano di colei avvezza di piume.
Con il peso dei suoi goffi piedi,
schiacciò...calpestò, i nostri giorni rosati.
Svanirono tra il nulla di un fungo maligno.
La menzogna vestita di specchi, si camuffò tra lastre di vetro fredde e opache,
fu così che determinata tesi la fionda,
posai tra il lembo di gomma
un piccolo sasso di fiume
con esso il sortilegio spezzai,
il feudo di ghiaccio come scaglia di terra bruciò
ogni dolore, cessò..
la fascia araldica portatrice di fede,
che in noi convessa fu, si fece più spessa, robusta, si fece...
E, ancora no so, se il tempo che ruba i ricordi...
mi concederà il riflesso dell'alba che vidi con te!
Brunetta Sacchet🌹
Immagine realizzata dall'artista Giuseppe Malfattore .
lunedì 14 ottobre 2019
Nei tuoi occhi
Un mare senza fine
dove trova posto l'universo intero!
Profondo e limpido
ogni cosa in esso trova la giusta dimensione...
Sporgenti sul tuo viso,
intingono le mie fantasie,
propongono peccati...
Vivo nel tuo sorriso
dove
ogni peccato trova redenzione!
A.T.
dove trova posto l'universo intero!
Profondo e limpido
ogni cosa in esso trova la giusta dimensione...
Sporgenti sul tuo viso,
intingono le mie fantasie,
propongono peccati...
Vivo nel tuo sorriso
dove
ogni peccato trova redenzione!
A.T.
mercoledì 9 ottobre 2019
C'è stato
- C'è stato un tempo in cui sapevo sempre dove trovarti, incastrato tra lo stomaco e lo sterno.
- Schiacciato tra le cose che sapevamo di dovere e quelle che profumavano di vorrei.
- C'è stato un tempo in cui sembrava che tutto potesse accadere.
- E non avevo capito che tutto era già accaduto.
-JUNE TONY PARKER-
Ieri l'estate
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La pioggia fuori,
un autunno che è appena iniziato,
foglie ingiallite dal tempo...
Tutto così fugace ed impalpabile,
resta in me il tuo profumo, l tuo sorriso, la tua essenza!
Ieri le tue labbra calde,
ieri la tua pelle e le mie mani
libere sinuose e curiose,
voraci inarrestabili!
Ieri i tuoi occhi affamati in cerca di un pasto...
Il lago dove campeggiavamo
i nostri piaceri ,
sponde che si univano ed abissi profondi...
Ieri l'estate!
A.T.
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lunedì 7 ottobre 2019
Il Grande Castello (12° Capitolo)
Capitolo dodicesimo
Così e’se vi pare
Il racconto di Angelo,
Il capo,
di tutte le paure
e delle sue paranoie
Il
capo, prima di dare inizio al suo racconto verificò,
inspiegabilmente perché non l’aveva mai fatto in precedenza, che
tutte le uscite fossero chiuse e assicurandosi che il grosso
chiavistello fosse abbassato.
Poi parlo’ e cosi”
parlo’ Angelo
Vi
sarete chiesti perché abito in questo castello, da solo e da un
tempo immemorabile.
Certo,
è cosa assi strana.
Anch’io
ho avuto una mia vita, una famiglia che mi ha dato tanto amore.
Tutto
quello che mi è successo nella esistenza successiva – un destino
duro, molto difficile e spietato – è irraccontabile.
Preferirò
narrarvi la storia di questo maniero … anche se già immagino che
voi capirete, tra le righe, che cosa tragica mi è capitata e perché
non ne voglia parlare direttamente.
In questi giorni
le vicissitudini toccate al mondo intero – che Dio ci assista –
hanno in parte diroccato, come avete avuto modo di vedere entrandovi,
la costruzione al piano ovest ed in quello superiore. Non è stato
causa di un meteorite - come sembrava in apparenza nei primi giorni -
ma di un qualche strano e misterioso ordigno lanciato da molto
lontano, il danneggiamento di quella parte del castello. Se lo aveste
visitato prima, alcuni giorni fa, lo avreste ammirato nel suo massimo
splendore, perché il conte Rambaldo, il proprietario, lo aveva
restaurato divinamente e tutto risplendeva come non mai da secoli.
Io fui nominato
unico custode e guardiano, allorquando gli altri dovettero fuggire ed
intendo restarci
-sempre se non terminerà
tutto domani –
fino
a quando ritornerà ad essere – come lo era stato in un tempo
meraviglioso - luogo di delizie, di conforto lussuoso, anche se
severo, per il viaggiatore di passaggio, mensa divina in cui gustare
le pietanze più saporite del Mondo intero, sito prestigioso per
riunioni, convegni e simposi internazionali.
Prima di fare il
portiere, ho lavorato in queste terre come esperto in agraria
svolgendo, però, anche i lavori più umili. Dopo aver vissuto, e
dimenticato terribili episodi familiari, per me l’esistenza in
questo posto è diventata dolce e piacevole … ricordo molte feste
durante la prosperità economica, rammento di gente che voleva solo
divertirsi e pensare che, il giorno seguente, sarebbe stato
certamente migliore di quello che ora stava vivendo.
San Salvatore aveva
resistito alle guerre, le grandi guerre del secolo scorso.
Ma fu durante la prima,
circa cento anni fa, che la cattiveria degli uomini si abbatté su di
esso. Le artiglierie nemiche, che cercavano di raggiungere il Piave,
il fiume sacro, distrussero parte del borgo, la rocca e le mura. La
fine della prima guerra mondiale lasciò un panorama sconsolante ed
avvilente, facendo pensare che, questa stupenda opera architettonica,
dovesse essere distrutta per l’eternità, come è successo a tante
e tante altre straordinarie bellezze del nostro mondo, che non sono
più tornate a risplendere per gli occhi delle giovani generazioni.
Poi passarono
altri anni. Quando arrivò la seconda guerra mondiale, trovò il
castello ancora diroccato.
Non fu ulteriormente
distrutto, per fortuna, quando passarono i carri armati tedeschi
nell’Aprile del 1945. Era diventato, infatti, rifugio di partigiani
e di militari anglo-americani, per qualche tempo.
Fu negli anni cinquanta e
sessanta, durante la “guerra fredda”, quando cioè il Mondo era
diviso dalla impenetrabile “Cortina di ferro”, che il comando
americano in Italia, la cui sede era, ed è ancora, nella vicina
città di Vicenza, propose al conte padrone di affittargli, per una
cifra - in dollari - considerevole, tutto il maniero.
Lo avrebbero, in più
oltre ai dollaroni , schermato con le più moderne tecnologie di
difesa elettronica e dotato di stanze con dispositivi antiradiazioni
nucleari. Gli scienziati del pentagono, che formavano, al tempo, una
equipe internazionale dei migliori studiosi, lo tramutarono nel più
perfetto sistema di difesa militare dell’Europa libera. E, come
vedete, ancora adesso la barriera col mondo esterno funziona
perfettamente, senza alcuna falla. Siamo al sicuro da ogni radiazione
nucleare.
Negli
anni successivi, quelli in cui l’Italia conquistò un grande
sviluppo economico e sociale, come vi ho detto, il castello fu
portato al suo massimo splendore, conobbe un fiorire di appuntamenti
mondani, incontri di artisti e poeti. Fu un gran periodo di benessere
e di gioia di vivere e di godere i suoi frutti.
Ma, forse, non mai come lo fu
in tempi remoti: nei secoli della rinascita italiana. Sì, è vero,
l’Italia in quanto tale ancora non esisteva, fu unita soltanto
parzialmente nel 1866, quando i nostri territori veneti furono
annessi, e definitivamente, nel 1871 quando arrivò anche Roma coi
suoi territori e la sua grandezza.
Ma la reale forza del paese
sortì quando gli italiani (cioè gli abitanti e sudditi dei
tantissimi stati o staterelli della variegata penisola italica)
compresero che il vero vanto stava nel genio dei nostri letterati,
pittori, poeti, artisti, musicisti. Solamente ciò unì, e ancor’
oggi unisce, la nostra bella patria.
Al
castello approdarono, nel periodo della grandezza italica, insieme a
tanti e tanti ospiti illustri e rinomati in tutto il resto d’Europa,
artisti come Cima da Conegliano, Monsignor Giovanni della Casa, e,
prima ancora, il grande maestro Pordenone e poi altri innumerevoli
scrittori, vati, scultori grandiosi.
Avvenne
ancora prima, nel periodo del medioevo, subito dopo il terribile anno
mille, che i conti di Collalto cominciarono ad erigere questa
magnificenza architettonica, di trentamila metri quadri, che fu una
delle più grandi ed inespugnate fortezze di tutto il Nord Italia.
Ma
il meraviglioso periodo della “Pax veneziana”, che coincide con
la magnificenza della gloriosa Repubblica Veneta Serenissima, retta
da Dogi e da nobili mercanti illuminati portò, anche al castello,
la meravigliosa fioritura artistica e letteraria di cui abbiamo
parlato.
Il
racconto di Angelo, detto il capo, pareva finito e concluso con la
narrazione della storia, grandiosa , di questo castello. Ma qualcuno
non si accontentò.
Il
monaco si alzò con velocità e dichiarò, guardando il capo: “Non
ci hai raccontato di te, della tua famiglia, del fantasma che aleggia
in queste stanze. Prima di morire vogliamo sapere. Io desidero,
voglio, che tutti gli ospiti sappiano.”
Angelo,
allora, sembrò adirarsi: “Vi ho già detto che non parlerò dei
miei cari, della mia vita. Accontentatevi di questo racconto. Basta
così.”
“E’
vero – lo incalzò il frate – che il terribile fantasma abita qui
da cinquecento anni e che ha provocato la depressione a tua moglie,
morta suicida e a tuo figlio che da quello spirito orrido fu persuaso
a provocare un incidente, avvenuto nella vicina città di Conegliano?
Forse anche tu sei stato vittima di un atroce esaurimento nervoso.
Avanti rispondi …”
“Avanti
rispondi, avanti rispondi.” Ripeté convulsamente il capo, che
stava per esplodere.
Allora
Il capo, con uno scatto di nervi si alzò e decise di rivelare a
tutti la conclusione delle indagini che aveva condotto, fino a quel
momento, dentro la sua mente. E così sentenziò Angelo:
“
Tu monaco sai dire solo queste
parole, sei abituato agli interrogatori, non è vero? Il tuo mestiere
è quello del mercenario. Tu interrogavi i monaci tibetani usando i
tuoi poteri e i tuoi sistemi. Tu torturavi i guerilleros
nell’Honduras usando le minacce e la scossa elettrica, i ribelli
nel Salvador e nel Guatemala, compresi i veri discendenti dei Maya,
ecco perché sai tante cose su di loro.”
Il
monaco cercò di controbattere, ma Angelo si alzò e lo prese a calci
fino a farlo cadere, poi gli gettò addosso un’armatura di ferro
che stava appoggiata al muro maestro del salone da quasi quattrocento
anni. “Taci e non parlare mai più della mia famiglia.”
Angelo
aveva aspettato a lungo questo momento, perciò aveva sbarrato le
uscite prima di iniziare il racconto. Le sue parole nei confronti del
monaco furono minacciose:
Adesso
tocca a me parlare di te.
Angelo
bloccò a terra il monaco con il peso di un’arma medievale
sistemata sopra l’armatura. Iniziò un altro e differente racconto
…
Non
voglio dire niente di me, sono un essere stressato come il novanta
per cento degli abitanti del pianeta, ai giorni nostri. Non voglio
parlare del fantasma perché i fantasmi non esistono. Quel che
successe ai miei familiari è colpa mia, così come è mia la colpa
di aver pensato troppo poco alla mia vita privata e a loro.
Dai
dati che qualcuno, segretamente in questi giorni, mi ha fornito, caro
il mio falso monaco, io ho trovato su di te tutte le prove che
cercavo, sbraitò, sventolando dei grandi fogli. So che non sei un
religioso, un monaco vero, ma un militare, un soldato di professione.
So che hai combattuto in molti teatri di guerra, praticamente in
quasi tutti quelli che si svolsero negli ultimi decenni.
Ti
trovavi in Serbia col contingente dell’ONU, quando vennero
violentati e uccisi alcuni bambini di quel territorio smembrato che,
prima, qualcuno chiamava Jugoslavia.
Vennero accusati proprio i
militari del tuo contingente, ma tutto finì in una bolla di sapone,
che tanto di morti ce n’erano a migliaia, cinque o sei in più,
cinque o sei in meno … poco sarebbe cambiato.
(Mentre
snocciolava queste informazioni sul falso monaco, Angelo pensò, per
un momento, ad una cosa strana: le persone che gli avevano fornito i
documenti sul frate indossavano, cosa già notata da altri, degli
enigmatici occhiali scuri. Ed erano vestiti uguali ad altri, come
quelli che avevano accompagnato i ragazzi al castello. Ma chi erano?
Forse una organizzazione? E poi occhiali scuri anche dove non poteva
penetrare la luce del sole.)
Adesso ho capito che il vero
assassino, forse pedofilo, non puoi essere che tu, tu che sei sceso
da quella finestra nella cella in cui ti eri fatto rinchiudere non
per pregare, non per una astinenza ascetica, ma solo e soltanto per
poter ammazzare quel bambino che abbiamo trovato. Si vede che non ne
puoi piu’ fare a meno.
Peccato
che hai lasciato tante tracce nella neve. Ho controllato: quelle orme
erano proprio le tue, corrispondevano perfettamente alle suole dei
tuoi sandali, l’ho verificato pochi minuti fa.
Ed è perciò che io ho
provveduto a sbarrare tutte le porte di questa stanza a chiave. Il
religioso nel suo abito era ancora disteso, quando Roberto e
Samuele, che avevano capito abbastanza, gli saltarono addosso e lo
immobilizzarono.
Padre Luigi, a terra,
sorrideva.
Intanto,
rumori sempre più forti continuavano costantemente a provenire dal
basso ed erano, se possibile, molto più inquietanti degli altri che
si erano sentiti in precedenza.
“Nessuno
ha ucciso il bimbo, né io né altri – gridò con forza il monaco –
lasciatemi. Possibile che non ci arrivi? Se ci pensi, caro Angelo,
capirai la verità. Tu hai il dono di farlo, ti manca un piccolo
sforzo per arrivare alla conclusione, so che tra qualche minuto, con
la tua perspicacia, comprenderai la realtà, altrimenti, essa ti
verrà rivelata’.”
Tutti se ne stavano fermi e
ammutoliti a guardare l’uomo a terra, pacifico come un gatto
sornione. La stanza, silenziosa, era resa triste dal fatto che
l’energia, prodotta dal generatore, si stava esaurendo e tutto
pareva diventare buio … l’atmosfera possedeva un non so ché di
macabro, di tetro, di spaventosamente lugubre come l’arrivo della
morte imminiente e irrefrenabile.
Fu
in quel momento che tre o quattro boati spaventosi fecero tremare le
possenti mura del castello. Un vetro si fracassò cadendo in pezzi
piccolissimi, nonostante fosse blindato e
antisfondamento, a
prova di razzo lanciato da un bazooka. Tutti furono presi dal panico
e si misero ad urlare.
Era giunta, quindi, la
fine? Una maestosa palla di fuoco, nel cielo, si era avvicinata
minacciosa e sembrava dovesse travolgere tutto e tutti quanti. Angelo
si accostò alla finestra squarciata. Mentre un vento rigido e secco
penetrava la fessura, la grande scia luminosa rischiarò il cielo
fino all’orizzonte e la sua luce si protrasse, almeno sembrò, per
una eternità.
“Ecco.”
La sua bocca svelò un sorriso interiore.
“Ho capito.” Disse, a voce
alta il grande Angelo, il capo, il grande vecchio.
Per lui, quel segnale,
quella fiammata, ebbe un effetto straordinario: fu come una
illuminazione, un flash per la sua mente, certo! proprio un flash,
ecco cos’era quel lampo. C’era, finalmente, arrivato anch’egli,
come successe per Saulo, cioè san Paolo, il quale si accorse, alla
fine, che aveva sbagliato il bersaglio per tanto tempo.
Angelo comprese, allora,
ogni tassello di quella storia, capì le parole – risentendole
dentro la sua mente - del monaco Benedettino e afferrò finalmente
con chi aveva a che fare: comprese chi era veramente quell’uomo.
Capì chi erano i personaggi misteriosi con gli occhiali scuri, e
perché avevano offerto, sia a lui che ad altri presenti nella sala,
soltanto alcuni giorni prima, documenti e materiali enigmatici.
“Come
ho fatto a non capire prima tutta questa bella e divertente
macchinazione? E solo per un flash.” Dichiarò con solennità. Poi
si rasserenò, la calma lo pervase e ci rise su, pensando che,
sovente, la risoluzione dei misteri è molto più semplice di quanto
si possa credere.
Non
c’era tempo per mangiare.
Sorrise
forte e si appresto’ ad aprire tutte le uscite.
mercoledì 2 ottobre 2019
Quando rimani
Quando ti avvicini dolcemente vestito del tuo sorriso.
Quando le tue labbra sulle mie
mi bruciano in mille cerchi di fuoco
Quando la tua mano mi scrive una carezza sulla schiena e poi,
un colore rosa mi posa tra l'ombra del ventre.
Quando sento il tuo corpo
avvicinarsi forte e possente come fosse il rombo del tuono...
Quando non esisto più io,
ma tu in me,
risorgo muta ancella
Preda del tuo volo di falco,
in alto oltre il tetto del cielo,
Li, come bianchi fiocchi di neve,
danziamo nel vento.
Danziamo e discendiamo,
Ora il silenzio ci canta!
Brunetta Sacchet🌹
Quando le tue labbra sulle mie
mi bruciano in mille cerchi di fuoco
Quando la tua mano mi scrive una carezza sulla schiena e poi,
un colore rosa mi posa tra l'ombra del ventre.
Quando sento il tuo corpo
avvicinarsi forte e possente come fosse il rombo del tuono...
Quando non esisto più io,
ma tu in me,
risorgo muta ancella
Preda del tuo volo di falco,
in alto oltre il tetto del cielo,
Li, come bianchi fiocchi di neve,
danziamo nel vento.
Danziamo e discendiamo,
Ora il silenzio ci canta!
Brunetta Sacchet🌹
martedì 1 ottobre 2019
Il Grande Castello ( 11°Capitolo )
Capitolo undicesimo
Lo Spirito di Dio
Il racconto del monaco
E l’abito che non lo fa.
“Si sta come d’autunno
sugli alberi le foglie”
Giuseppe Ungaretti,
“Soldati.”
Vi riferirò,
ora, di mostruose genti che io ho incontrato nella mia vita e dei
loro misfatti agghiaccianti, nonché degli eventi terrificanti che
hanno provocato; delle cose orribili e disumane cui l’ essere
superiore
-
il così detto “Homo Sapiens”, creato a immagine e somiglianza
dell’Essere Supremo, il padrone incontrastato del pianeta e del
cosmo, colui il quale, con la sua intelligenza smisurata, ha
sconfitto le leggi fisiche e di gravità, ogni sorta di malattie, la
sofferenza, la fame, e sta per sconfiggere la morte –
si è potuto macchiare: di
come lui e i suoi simili sono stati capaci di compiere, con estrema
leggerezza e senza provar alcuna vergogna, atrocità efferate e
crudeli barbarie. E tutto questo, perché il loro animo,
sciaguratamente, è intrinsecamente feroce, malvagio, spietato e
sanguinario.
Stavolta,
nell’udire questa parole, anche il vecchio Angelo pareva
spaventato. Dopo un sospiro, l’ecclesiastico proseguì la
narrazione.
Fin
da piccolo ho sempre avuto fiducia nell’essere umano, negli uomini
per bene,onesti, leali. Ho continuato a possedere, negli anni, uno
speciale intuito, che mi ha aiutato spesso e mi ha permesso di
comprendere l’animo delle persone che mi stavano vicino.
Di
loro vedevo l’aurea stagliarsi da sopra le loro teste, dai loro
capelli. Qualcuno emanava una luce grigia, in altri pareva brillare,
magicamente, l’aurora boreale.
Mentre
parlava, padre Luigi volgeva il suo sguardo, con insistenza e
benevolenza, verso la ragazza africana e lei lo ricambiava con
stupore misto ad un certo imbarazzo (anche per quello che era
successo tra loro poco prima). Sembrava, quell’asceta, ricordarle
qualcuno che già aveva conosciuto in altri tempi e in luoghi
diversi, probabilmente in altre vite.
Quando
guardate Serena, voi cosa vedete? Vedrete, di sicuro, solo una bella
donna dalle pelle color ebano. Io scorgo, invece, un’anima candida,
una dolcezza profonda, che le viene dal cuore, percepisco qualcosa
che giunge non da quaggiù, ma da un’altra dimensione. So che Dio
ama tutte le sue creature, ma qualcuna la preferisce, senza che gli
altri se ne vogliano. Serena è una delle preferite di Dio. Lo so.
Ma
molte altre persone da Dio si sono allontanate. Anche chi opera e
lavora faticosamente in nome dell’Altissimo, o crede di farlo, in
realtà sta servendo involontariamente la bestia, satana, il principe
delle tenebre. L’angelo più bello che tradì il suo Signore,
trascinandoci tutti nel fango. E siccome quelli che sbagliano sono
molti di più di quanto si riesca a contare, noi dentro la melma, nel
disonore, nella vergogna, ci siamo finiti in massa.
DELLE
GUERRE
Andando
a cercare di aiutare il prossimo, come la mia vocazione ha ordinato,
mi son trovato, per gran parte della vita, dentro le catastrofi
provocate proprio da questo mio prossimo, e ho visto cose che narrerò
solo ora, a voi, sentendo che ormai la fine è arrivata.
Negli
ultimi anni del secolo scorso, il secolo delle guerre continue, fui
in Kosovo, per soccorrere e curare gli infermi. Viaggiai per quel
territorio che prima aveva visto l’unione degli slavi, ed era ormai
ridotto ad una faida tra popoli fratelli e sentimenti religiosi assai
mal interpretati.
Le
stragi ed i massacri, le carneficine e gli stermini cui dovetti
assistere, riempiono il mio cuore, anche in questo momento, di uno
strazio che a stento avrà fine. Ho visto bambini morire mentre
cercavano qualcosa da mangiare, o si riparavano dal freddo e dalla
neve. Donne incinte con le pance squartate, altre, ancora ragazzine,
fatte a pezzi da orribili mostri umani viventi, ma con la divisa
piena di medaglie (ma chi mai avrà conferito medaglie a dei boia
criminali ed assassini? Solo un pazzo assassino peggiore di loro),
piccole casette di gente povera che bruciavano con, dentro, le loro
famigliole, e poi uomini (uomini?), uomini che ridevano e
sogghignavano di gusto, che gioivano alla vista dell’inferno che
avevano realizzato.
Fu lì che cominciai a capire
perché l’essere umano ha sempre fatto la guerra. Me l’ero
continuamente chiesto: ma come ci riescono i generali, i governi, i
padroni di una nazione, a convincere un ragazzo di diciotto anni o un
uomo di sessanta, a offrire il proprio sangue, a patire le
sofferenze, a donare la sua vita per una battaglia? Sono stati bravi
ad indottrinarlo, ad indurlo a commettere una colpa così grave, cui
sarebbe francamente impossibile essere persuasi?
Forse gli hanno detto che è
per difendere il proprio paese, i propri figli, la propria moglie?
La terra, forse o la propria
ricchezza?
Magari
gli avranno offerto denari e onori affinché combattesse?
Ma,
anche se fosse così, sarebbe assai difficile da svelare, questo
mistero. Non è facile smuovere un essere umano, costringerlo ad
andare lontano, fargli rischiare sofferenze inaudite (quando il solo
tagliarsi, ad esempio, un dito con un vetro o battere la testa da
qualche parte è cosa dolorosissima e temuta da tutti), senza alcuna
possibilità di essere curato, di morire dopo una lunga agonia,
probabilmente nel freddo della neve, al buio, senza mangiare, senza
qualcuno che lo sostenga. Eppure in questi ultimi millenni è SEMPRE
stato così.
No,
la ragione è un’altra:
all’uomo piace fare la
guerra.
Ho detto proprio così:
all’uomo piace fare la guerra. Essa è piacevole, è divertente, è
spassosa: l’ho visto negli occhi dei serbi, che ridevano e godevano
di gusto, dopo aver stuprato e ucciso giovani donne inermi. Ridevano
e godevano, erano felici, esultavano. A volte, alcuni uomini non
riescono a completare l’atto sessuale, per vari motivi,
probabilmente psicologici, per stress, per stanchezza o per qualche
malattia o altro, a volte perché hanno paura della donna.
Ma quando sono loro che
violentano, che ammazzano, che terrorizzano, il loro membro è saldo,
compatto, resistente. Il loro godimento è al massimo, mai più
proveranno quella sensazione di piacere, in tutto il resto della loro
vita. In questa orribile maniera, perfettamente e atrocemente, è
stato programmato, progettato il robot umano. Da un demone perverso
Un
giorno, “intervistai” un ragazzone che proveniva dalla provincia
di Belgrado, dopo che venne arrestato dalle forze alleate di
liberazione: era legato come un cinghiale perché fortissimo e
pericoloso, gli avevano stretto le manette ai polsi ed alle caviglie.
Quando gli chiesi il perché
di quell’attacco al villaggio kosovaro, alle tre di notte, quando
tutti i poveri abitanti stavano dormendo, terminato in un macello di
carne umana, gli si illuminò il viso.
Disse che era una
sensazione fantastica arrivare di corsa, coi suoi compagni, nel
villaggio di notte, armati fino ai denti. Disse che era magnifico
immaginare che, in quel momento, l’ ignara popolazione, assorta nel
sonno, si sarebbe risvegliata con uno shock e, terrorizzata, avrebbe
intuito il destino che l’aspettava, non potendoci far niente,
aspettando solo che arrivasse il più presto possibile, il colpo
mortale, per sé e per i suoi cari. “Era bellissimo correre e
sparare - mi rivelò - sembrava di galleggiare nell’aria, come
volare, l’estasi era suprema, non c’era stanchezza … era molto
meglio di qualsiasi altra condizione.”
E
le stesse cose me le raccontarono altri, nelle zone di guerra del
medio oriente, in America centrale, nell’Africa sub – sahariana ,
dove un “patriota”, che nemmeno aveva sedici anni, mi raccontò
per filo e per segno, di come la sua banda aveva massacrato più di
trecento civili, poi decapitati, derubati di tutto quel poco che
possedevano, bruciati in un solo falò. Poi il tutto fu seppellito,
cenere sotto la cenere. Le tombe furono scoperte da un satellite dei
francesi, che svelarono al Mondo intero l’orribile eccidio. Quel
giovane ragazzo, quel bambino, si giustificò parlando di amore per
la nazione bla bla, etnie diverse bla bla, religioni diverse bla bla,
riti esoterici e tante altre infamità ancora,
che qualche scellerato
maledetto infame gli aveva instillato nel suo depravato lavaggio
della mente.
Sì
amici, sì fratelli, dopo un po’ compresi tutto, mi illuminai alla
luce di tante tragedie. Capii perché da cinquemila anni l’uomo fa
la guerra e solo la guerra come attività principale. L’uomo è
peggio della peggior bestia, anche perché prega prima di andare ad
ammazzare e poi ricorda i suoi eccidi con feste e celebrazioni e
bandiere e pianti.
E
il prete lo benedice.
Preferisco l’ateo perché,
se uccide, è un assassino e basta, sa chiaramente di esserlo e
almeno non lo fa nel nome del Nostro Signore.
E
continuai a frequentare i tanti e tanti conflitti, in Africa, in
Afghanistan e in tutte le zone dove il principe dei demoni il re
delle tenebre, in barba all’altissimo che, pure, lo aveva amato ed
onorato, spargeva il suo sale rabbioso e avvelenato.
E i popoli della Terra, le
genti ignare, correvano ad adorarla, quella bestia satanica,
pronunciando per lui vocaboli come:
“Nazione”,
“Patria”,“coraggio”, “virtù”, “onore”, “valore”,
“audacia”, “ardimento”,“eroismo”.
Cosa ci sia di eroico nella
stuprare una vecchia o una bambina, solo satana lo sa.
Mentre
pronunciava queste terribili parole, rumori strani e misteriosi
giungevano, ovattati, dal piano di sotto. Non potevano essere i
meteoriti, stavolta. Cosa si stava preparando dai piani bassi?
Cos’altro ci si doveva aspettare?
CIRCA
LA FINE DEL MONDO
Ah,
dimenticavo, proseguì il saggio individuo, volevo parlarvi della
fine del mondo … anche se non ne sarei tanto sicuro, giunti a
questo punto.
Ma
che cosa avrà voluto dire, con queste parole? Nessuno riusciva a
comprenderle, e arrivavano proprio da lui, che era venuto ad
annunciare la fine.
Sì,
la fine del Mondo, ne stiamo parlando da tanto tempo, nessuno ci
credeva, ma ora pare proprio che i gufi avessero ragione. I
sacerdoti, i profeti e gli scienziati Maya hanno parlato chiaro. E,
limpide, sono state le testimonianze ed i calcoli matematici che ci
hanno tramandato .
Il
lungo periodo ciclico di cui ci parlano i Maya, misura 5125 anni ed
essendo l’ultimo di questi periodi iniziato esattamente l’11
agosto 3114 Avanti Cristo, finirà, sempre secondo i loro calcoli,
domani o, forse, stanotte stessa. Ma che finisca un periodo, cari
fratelli, significa anche che ne potrebbe cominciare uno nuovo. Il
brutto delle profezie di questo popolo meso americano, suffragate
anche da altre più antiche predizioni dei Sumeri e degli Aztechi è
che, e questo lo stiamo constatando coi nostri occhi e con le nostre
orecchie, la fine oppure il cambiamento, verranno anticipati da
enormi sciagure. E più enormi di quelle calamità che abbiamo
provato in quest’ultimo anno, difficilmente si potrebbero
immaginare. Navi che cambiano rotta da sole, radar e aerei che
sbagliano i dati, enormi veicoli stradali che creano disastri,
montagne che franano dopo esser state immobili per milioni di anni,
familiari che uccidono i familiari, il sangue del proprio sangue,
malessere inconscio, stress dentro ognuno di noi, senza che ne
conosciamo il motivo. E poi odio, odio, odio: forse tale sentimento,
a pensarci bene, non è una novità, ma una costante di questi ultimi
5125 anni.
E
i rumori provenienti da sotto le scale si facevano intensi, anche se
cercavano tutti, fingendo, di non farci caso. Il monaco si inventò
altri argomenti, giusto per non dare il tempo agli ospiti di farsi
prendere dal panico.
Eppure,
odio o non odio, bisogna interpretare bene le parole dei Maya. Siamo
sicuri che non intendessero qualcosa d’altro?
Di loro non ci sono rimaste
prove, né scheletri: loro sono spariti tutti assieme senza lasciare
traccia. Non sono morti, pare.
Sono
solo passati di là. Dicono che se ne siano andati, vibrando con
anima e corpo, in un pianeta parallelo, che chiamavano Nibiru,
lo stesso pianeta, invisibile che sta arrivando da noi.
E noi che faremo, qui nel
nostro bel castello di san Salvatore? Sarà questa la città della
salvezza? La città di cui si parlava era
Bugarach, tra i
monti Pirenei. Forse si erano sbagliati.
Comunque,
state tranquilli, tra un po’ sapremo la verità e, molto
probabilmente, non sarà poi così tanto brutta come ce l’hanno
dipinta.
SULLA
CASTITA’
Adesso,
però, voglio parlarvi di un’altra cosa. Precedentemente, qualcuno
di voi mi ha chiesto del perché i monaci osservano la castità. Essa
è gran bella cosa nelle anime sante.
Tramite
la castità, l’essere privilegiato può arrivare ad una intensa
meditazione, che lo può portare direttamente a conoscere un’altra
dimensione del proprio corpo.
Sembra un paradosso, ma il
digiuno, combinato alla preghiera e all’astinenza sessuale , ci
farà conoscere (e parlo sempre degli spiriti prescelti), un piacere
che supera di mille volte quello sessuale, tanto che, quest’ultimo,
ci apparirà come una banale soddisfazione di pochi istanti, una
squallida pratica da cui dopo, infatti, dobbiamo ripulirci.
Ma
state bene attenti … io ho parlato solo degli spiriti eletti. Gli
altri, tutti gli altri, non possono trarre beneficio da una
illibatezza, da una morigeratezza non desiderata. La castità
imposta, fratelli carissimi, è un disastro, una calamità peggiore
di quelle che stiamo subendo in questi tragici mesi. Chi serve Dio
non dovrebbe essere obbligato all’astinenza, fare l’amore con chi
si ama non deve essere considerato un peccato. Forse è per questo
che molti ministri di Cristo si macchiano di violenza contro i
bambini?
Angelo
ascoltava, apparentemente pensando ad altro, queste parole, mentre
altri rumori, intensi e sempre più frequenti, provenivano dal basso.
La repressione sessuale
imposta dall’alto ha sempre scatenato , e ve lo dico io che l’ho
visto coi miei occhi, la rabbia interiore, l’insoddisfazione e,
quindi, la guerra tra i popoli. Eh sì, figlioli, la guerra. Ecco,
questo è un altro dei motivi che spinge l’essere umano a fare la
guerra. Ecco perché quella bestia di un militare stuprava le donne
con tanto odio. Eccoli davanti a voi gli ultimi cinquemila anni di
odio, di ignoranza, di religioni mal interpretate, di repressione
sessuale.
Angelo,
ancora serio e pensieroso, si apprestò a correre in aiuto di Ugo
che, con l’assistenza di Pedro, stava rientrando nel salone del
focolare spingendo un carrello portavivande.
Presentava
un grande strudel di mele già tagliato a pezzi e ancora fumante, poi
tanti bicchierini pieni di uva passa in un bagno di grappa al miele.
Per chi ne avesse voluta ancora, sarebbe bastato versarsela dal
contenitore.
Solennemente, Angelo, il
capo, il custode, l’ospite di tutta la compagnia, si schiarì la
voce e, quasi tremante, iniziò a parlare.
“Adesso, amici carissimi,
stavolta finalmente tocca a me parlare, mettetevi comodi e saro’
l’ultimo a farlo.”
Ma prima di iniziare a
raccontare la sua storia, fece qualcosa di assai strano ed
inconsueto.
Ascoltatelo bene.
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