Capitolo decimo
Del buon governo
Questo capitolo e’
intitolato al grande poeta Mario Stefani, veneziano Radicale e libero
pensatore.
Fiero di essergli stato
amico.
I precetti per una buona
amministrazione politica, dettati dall’esimio prof. Mario Stefani
“Se Venezia non avesse il
ponte
L’Europa sarebbe
un’isola”
Mario Stefani
Angelo e Ugo,
vagliando le ipotesi sull’ assassinio del bambino, appartatisi in
un’altra stanza, si trovarono a meditare, da soli e lontano dagli
ospiti, se quello che avevano commesso contro il malcapitato Gionni
fosse stato un grande errore poi, i due si perdono in una divagazione
assai dotta sui massimi sistemi.
Più che una
discussione, si trattava di un monologo impostato da Angelo, mentre
l’amico Ugo sembrava lieto di ascoltare le sue riflessioni: pareva,
anzi, che volesse registrare, in un certo modo, le sue parole. Ugo
era stranamente divertito e per nulla sorpreso da quegli stranissimi
avvenimenti. Sembrava non lo toccassero e piu’ succedevano cose
terribili, piu’ lui era contento come se ci dovesse guadagnare
qualcosa.
“Caro Ugo mi piace
ricordare con te, adesso che stiamo per andarcene da questa vita, le
belle parole di un grande poeta, ma anche stratega politico,
statista, filosofo.
Egli, un tempo,
ebbe a dire che, il sindaco di una città, di ogni città, dovrebbe
essere la donna di casa, La semplice moglie, la mamma di una
famigliola come ce ne sono molte, con pressanti problemi economici,
che lei risolve con tenacia ogni mese, da tempo immemorabile ed in
ogni giorno dell’anno. Una signora che riesca a far quadrare il
bilancio famigliare nonostante la crisi, il basso stipendio del
marito e le tante spese necessarie, la scuola dei figli, le bollette
di casa - ed in ciò il professor Stefani aveva sacrosanta ragione –
sarà, anche, in grado di gestire con la stessa fermezza il Comune
della sua città, il suo Municipio, che assomiglia ad una grande
casa, questa è la realtà … altro che quei professoroni di
prestigiose Università, i baroni e cattedratici economici (che, poi,
economici lo sono stati assai poco e assai male.)”
Ugo seguiva con
interesse l’argomento, avrebbe voluto intervenire, ribadire
l’esempio della “cuoca di Lenin” che sintetizzava questo
concetto gia’ conosciuto nella Storia, ma l’altro, ch’ era come
un fiume in piena e ingrossato, proseguì:
“Il Ministro del
lavoro lo potrebbe fare con profitto, sempre secondo Stefani, solo e
soltanto chi ha provato sulla sua pelle cosa sia la disoccupazione,
la mancanza di un reddito che ti permetta mantenere la tua famiglia.
Potrebbe esserlo uno dei tantissimi che hanno lavorato una vita per
una impresa che poi, non di certo per colpa dei lavoratori, chiude
per fallimento o perché il padrone de localizza (cioè parte per
l’estero col primo treno) o semplicemente perché lo stesso
padrone non ha più voglia o interesse in quella azienda.”
“Certo – lo
interruppe Ugo – come è successo a tutti i miei parenti.”
Angelo proseguì
senza soluzione di continuità:
“Ministro
dell’Industria e del Commercio sarà colui che ha gestito una
impresa che poi, per via della crisi o perché ha pagato tutte le
tasse a differenza degli altri (quindi non potendo reggere la
concorrenza dei disonesti), ha visto fallire il suo progetto, dopo
aver dato l’anima ed il corpo alla sua iniziativa, colui che ha
visto morire le sue speranze di crescita, solo per colpa di una
burocrazia inetta e di un governo formato da certe persone, che non
hanno mai lavorato veramente e non sanno il significato del verbo
faticare“.
Ugo
annuiva sempre più convinto.
“E
il Ministro della Sanità - riprese Angelo, sempre citando le idee
rivoluzionarie del grande Stefani - lo farà colui che ha
sperimentato il funzionamento degli ospedali: come quello che ha
subìto un errore clinico e ha dovuto rioperarsi con un altro dottore
in un altro ospedale, magari in un altro paese.”
Ugo
stava buono e zitto.
“ Il Ministro della
Giustizia lo potrà fare soltanto chi ha provato il carcere. Come
Enzo,il grande Enzo nostro, che ha subito l’onta delle sbarre pur
essendo completamente e palesemente innocente (ma non per il signor
“Vostro Onore”, che ha le sue idee già ben radicate e che non si
smentisce neanche davanti all’evidenza). Purtroppo Enzo, in quel
carcere, è morto.
E anche i signori
giudici, al conseguimento della loro laurea e alla vincita del
concorso, prima di svolgere l’ altissimo e prestigioso incarico di
magistrato, dovrebbero provare un mesetto di galera anonimamente.
Senza che
nessuno conosca le loro identità, tanto per capire come funziona
quella gattabuia in cui loro, nel corso della carriera,
rinchiuderanno tanti e tanti malcapitati: staranno ben attenti a non
creare troppi “fornareti di Venezia” e a lasciare, d’altro
canto, in libertà troppi mostri e criminali.”
Tutti conoscevano la
storia del “fornareto de Venexia”, giustiziato innocente sulla
piazza san Marco, nell’epoca della Repubblica Serenissima, al posto
di un Nobiluomo, vero colpevole del delitto ed Ugo ripensò a quanta
gente avesse passato anni ed anni in carcere pur essendo innocente.
Certo, non c’era la
pena di morte nella nostra Italia ma, come aveva anzidetto Angelo,
Enzo era morto per la prigionia, proprio in Italia. E lui era stato
solo uno dei tanti “fornareti”.
“E poi le
banche, Ugo caro, le banche … secondo Stefani andrebbero tutte
chiuse, da quando hanno smesso il loro compito di:
1) custodire i soldi dei
clienti.
2)
prestare quegli stessi soldi alle aziende o alle famiglie che ne
hanno bisogno, per far crescere l’economia.
Altri
punti non ce ne sono. Il punto 3) recita: seguire bene le istruzioni
dei punti 1) e 2).
Adesso le banche
prendono a prestito i soldi dallo Stato, o dalla banca europea, al
tasso dell’uno percento. Poi comprano i titoli dello stesso stato,
facendogli un favore, al tasso del cinque per cento. In questo modo,
alla mattina, i banchieri, possono fare a meno di alzarsi dal letto.
Di certo non vanno a rompersi le scatole nel prestar soldi alle
aziende, che possono tutte crepare come infatti stanno facendo, o
alle famiglie che, chissà perché, si stanno sfaldando.
Ed
infatti, tra le prime leggi che proporrebbe Stefani, la primissima è
quella di chiudere le sedi e le filiali, mettendoci al loro posto
teatri, cinema, pratici negozi o case di piacere. Forse è per
questo che avevano già tentato, quattro volte, di farlo fuori.”
Ci
fu silenzio, sospiri, poi un attimo di riflessione (forse paura).
“Sai
Angelo – disse Ugo – se questa è veramente la nostra ultima
notte, capisco molto bene e solo ora, il tempo che abbiamo passato.
Forse tante e tante sono state le occasioni della vita che abbiamo
sprecato.
Dicono
che, quando due vecchi parlano tra di loro, non emergono quasi mai
rimorsi, ma sempre e inesorabilmente rimpianti.”
Eh
sì, povero Mario, chi l’avrebbe detto che una persona così
geniale, avrebbe fatto quel passo, si sarebbe tolto la vita
impiccandosi nella sua stanzetta? E ciò, solo perché era stanco del
Mondo che non lo comprendeva, che non gli perdonava di essere
omosessuale.
Un
giorno, mi aveva raccontato delle azioni orribili commesse dai
fanatici estremisti nei paesi arabi. Tutti i paesi arabi, anche
quelli amici dell’occidente. Mi narrava delle donne lapidate, dopo
essere state infilate in un sacco di iuta e mezze seppellite, solo
per aver avuto rapporti sessuali senza essersi, prima, maritate.
Del giovane omosessuale
condannato a morte, che già è una cosa brutta, ma solo dopo aver
patito una settimana di torture disumane. E i giudici di dio, sicuri
del loro mandato, non dimostravano la minima pietà, anzi, si pensa
che provassero, come tutti i torturatori, un grande piacere. Eppure,
affermava Stefani, per capire quella gente tanto bigotta e crudele,
bastava andare agli anni cinquanta, nel nostro stesso paese. Anche
allora le fedifraghe venivano punite e così gli omosessuali. Molte
volte, anche nel nostro paese, si compivano violenze contro di loro,
al pari di ciò che fanno i talebani.
Molte
altre, ci si limitava a riempire queste persone di disprezzo e
svilimento, cacciandoli in una vita di umiliazioni e di inferno.
Angelo,
cambiando completamente argomento, affermò: “Forse so chi ha
ucciso veramente il bambino. Sì, ho capito che abbiamo sbagliato
completamente il bersaglio. Fammi ascoltare l’ultimo racconto,
anche se non servirà tanto alla soluzione del giallo, e poi ti
svelerò, o capirai da solo, la mia opinione.
Ugo restò perplesso
e incuriosito.
Al
termine del loro incontro riservato, Angelo ed Ugo tornarono nello
stanzone del caminetto, dove nel frattempo gli ospiti s’erano
rilassati, eccome. Tatiana e Serena si erano tolte alcuni vestiti,
perché l’atmosfera era sempre più calda. vedere vicine le loro
pelli così diverse, che quasi si completavano l’una con l’altra,
era cosa meravigliosa. Chissà che cosa avranno fatto, in quel
mentre, gli ospiti? Cosa sarà successo in quello stanzone, mentre
loro stavano chiacchierando sui massimi sistemi? Pensarono i due
vecchi, (che, poi, tanto vecchi non erano, in fin dei conti), con un
certo imbarazzo.
In
effetti si era bevuto molto, e come dargli torto, se il vino veneto
che produceva quel castello era buonissimo e profumato? Essi notarono
che anche alcuni maschi erano leggermente svestiti, ed l’ afrore
nell’aria era intenso e sensuale.
D’altronde, quella era, con
molta probabilità, l’ultima notte della loro vita. Anche se quei
ragazzotti più o meno giovani e quelle bellissime fanciulle avessero
commesso qualche “atto impuro”, ascoltando il richiamo della
libidine, probabilmente non avrebbero commesso un grave peccato, e
poi, chi di loro due anziani e saggi, avrebbe potuto fare del
moralismo, proprio durante la fine del mondo? Infatti nessuno dei due
diede importanza al fatto che, in quel salone, vicino al fuoco, era
avvenuta un’orgia vera e propria. Nessuno ha visto nulla. Tanto
meglio.
Però ad Ugo, il
fatto che si fosse consumata una grande profusione sessuale, piacque
molto, ed Angelo lo vide diventare molto allegro. Non ne capirà il
motivo per un po’
Ma lo
comprendera’. Solo e soltanto alla fine.
Nel
frattempo, qualcuno era andato in cucina allo scopo di rimpiazzare le
pietanze che mancavano nel buffet. Ora il tavolo con il panno bianco
che contornava lo stanzone, era di nuovo strapieno.
C’erano le
pappardelle fresche al sugo di lepre, il pasticcio di carciofi,
quello di melanzane alla parmigiana e quello di pesce e tantissime
verdure cotte, ottime da gustare con la porchetta speziata e un po’
di senape e gli immancabili salami, sia freschi che stagionati.
Angelo
si rivolse a tutti: “Scusateci se ci siamo trattenuti, ma era una
questione di affari personali, anche se immagino che non vi siate
annoiati nel frattempo.”
I
ragazzi arrossirono, ad esclusione del monaco.
Poi
si dedicò al monaco (il quale aveva partecipato ardentemente
all’orgia … pensando: “tanto, domani saremo tutti morti”) e
dichiarò a voce alta non senza ironia:
“Prego, signor pastore,
ministro del culto, ci racconti e ci illumini. Sono certo che la sua
narrazione sarà molto interessante per tutti noi.”
Padre
Luigi andò a raccontar loro qualcosa che li avrebbe fati trasalire
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