venerdì 19 giugno 2020

" Venezia in catene" CAPITOLO XIV





Donne


"Da alcuni giorni si vanno raccogliendo tutti li poveri fanciulli vaganti per le strade" - annota Pompeo nel suo diario - "Sono stati sottratti alla miseria e sono stati mandati a comporre un battaglione agli ordini del signor Dandolo, capitano di fregata. Questi ragazzi si esercitano prestando servizio con i veterani".
A corto, ormai, di uomini il governo francese tenta, nei suoi ultimi giorni di resistenza, di mandare a combattere i ragazzini, con la scusa di sottrarli dalla fame che imperversava in città.
Le notizie circa le diserzioni, ormai, giungevano costantemente al giornale, ma perdurava l'ordine di non pubblicarle.
A Canal Regio, uno dei più popolosi quartieri di Venezia, vengono arrestati due macellai complici di diserzioni. La notizia viene riportata nella prima pagina del "Giornale Dipartimentale Adriatico".

Ben poche erano le notizie che riuscivano a giungere ancora in città.
Pompeo ciondolava la testa seduto sulla sedia del direttore (chissà dove era andato a finire, erano due giorni che non si vedeva).
Il giornale era uscito quasi per miracolo, tante erano le difficoltà di pubblicazione. Di denari, il giovane non ne vedeva da tanto tempo e già pensava che, se Venezia non fosse stata liberata in tempo, sarebbe stato costretto ad andare, anche lui come molti altri, a mendicare qualcosa da mangiare.

Un militare entrò nella sede del giornale, salutò tutti (erano rimaste solo tre persone, l'addetto alla stampa Pietro Orsini, Pompeo e il vecchio Brandolino, l'uomo più moderato del mondo, l'unico a cui era permesso, ormai, di scrivere articoli), e consegnò a Pompeo il foglietto con le nuove della città:
l'osteria del "Cavaleto" aveva chiuso definitivamente i battenti, il governo aveva iniziato la requisizione di semola e crusca dai bottegai che ancora ne possedevano.
Nel giorno 26 di marzo erano morte 161 persone, mentre avevano visto la luce, in quello stesso tempo, 71 bambini. L'ultimo dato aveva stupito Pompeo.
"Hai qualche altra novità, Gorghetto?"
"Beh, qualcos'altro c'è, Pompeo. Il governo ha anche proibito la vendita di vino prodotto da uva passa. Dicono che sia nocivo, o almeno lo stanno provando. E credo che anche l'osteria "Cappello" vada a chiudere. Ho appena incontrato il proprietario.”
"Ma che caspita scriviamo sul giornale? sto tirando fuori tutti i vecchi articoli di scienze naturali, di antiquariato, gli aneddoti si sprecano. Non c'è nulla da dire, mentre quel che sarebbe giusto scrivere mi è vietato. Che se lo faccia Graziosi, il giornale, visto che è suo. A proposito, Gorghetto, sai dove può essere andato a finire?"
"Era da queste parti, poche ore fa. Anche per lui la situazione non è chiara. Sta cercando di capire come si evolveranno le cose. Se arriveranno gli austriaci, se potrà continuare col suo giornale. Sta prendendo contatti con tutti."
In quel momento entrò Boscolo, che era appena giunto da Chioggia. Pareva esagitato.
"Fioi, che roba, mai visto tante disgrazie tutte insieme".
"Che succede?"
"Chioggia ormai, xè alla fame, non xe trova più niente da magnar, non xe pol pescar...santa madona. Par le strade ghe xè sempre più sentinelle. Qualcossa deve succeder."
Era circolata la notizia (falsa) che Chioggia aveva ceduto agli assedianti. In seguito a ciò molte famiglie ricche veneziane erano subito fuggite verso quella città, ma avevano dovuto subito girare i tacchi, visto che l'assedio continuava e che la fame era ben peggiore che a Venezia.

Era il 12 aprile.
L'aria s'era addolcita, il grande freddo che s'era portato via tanti poveri veneziani, aveva lasciato il posto ad un sole messaggero di buoni auspici. In quell' atmosfera qualcosa fremeva. Giunse notizia che un "parlamentario" inglese era arrivato al Lido, portando con sé un dispaccio al comandante superiore. Il popolo sperava che si stesse giungendo ad un accordo.
Proprio quel giorno, un gruppo di donne di "basso popolo" esasperate, aveva iniziato a manifestare davanti all'abitazione di Seras, il comandante generale, il governatore della città, in campo santo Stefano. Le poverine avevano fame, ma bastò distribuir loro alcune monetine per far cessare la protesta.
13 aprile. Il tumulto di donne si replica ma, stavolta, in numero superiore. Erano, queste, donne del quartiere di Canal Regio, o Cannaregio che dir si voglia. Il loro attivismo e la loro grinta aveva messo paura agli invasori.
Il comandante ordinò la carica. Le più scalmanate vennero arrestate.

"Hai sentito, Pompeo? Gli sbirri hanno portato in carcere due donne di Cannaregio, si dice che le abbiano violentate e torturate".
"Maledeti lori e i so morti"
"Ho visto Baldo, fuori dalla porta della prigione, il marito di una delle arrestate.”
"Baldo, el fruttariol?"
"Era fruttariol, adesso ha chiuso il suo negozio, visto che non aveva più nulla da vendere. Poveretto, stava piangendo come un bambino. Cossa i ghe fa a la mia donna? Cossa i ghe fa? chiedeva sconsolato. Ma i militari lo tenevano a distanza. Ha... se potesse mettergli le mani addosso, di certo qualcuno ammazzerebbe".
In quel mentre, entrò Graziosi, il direttore del giornale.
"Ciao fioi, Ci siamo, xè giunta l'ora". Tutti lo guardarono a bocca aperta.
"Gli austriaci hanno intimato la resa della città. Ho appena parlato con Seras".
Nientepopodimeno, pensò Pompeo.
"Il comandante ha detto che abbiamo viveri per resistere fino a Giugno, ma non mi sembrava così convinto".
"Che dobbiamo scrivere?" chiese Pompeo, ormai deciso a non prendersi più alcuna responsabilità.
"Mah... no so, aspetemo. A sto punto non conviene muoversi. Del resto Seras ha messo in giro per Venezia altre quaranta pattuglie. "
E ti pareva? pensò Pompeo.
Gorghetto, che era uscito un attimo, tornò dentro di corsa, urlando come un ossesso:
"Il Papa è libero, il Papa è libero. Sia benedetto il Signore Iddio."
Fuori c'era una folla tumultuante e osannante. Un corteo di barche con uomini e donne era già sul Canal Grande; dentro le imbarcazioni si urlava, si pregava, ci si inginocchiava. Le campane suonavano a festa. I militari francesi non riuscivano a contenere l'entusiasmo.
Con un po' di ritardo la notizia della liberazione di Papa Pio VII era giunta anche a Venezia.
Il pontefice, che era stato costretto a incoronare Napoleone proclamandolo Imperatore, venne da questi arrestato, il giorno in cui il dittatore decise di abrogare il potere temporale. La reazione del Papa, che scomunicò Napoleone, non servì a nulla: sua santità fu dapprima incarcerato a Savona, poi a Fontainebleau e durò parecchio tempo. Questa liberazione significava, inoltre, che il potere di Napoleone era finito, anche se il giornale non ne parlava (I veneziani ignoravano che, già da dieci giorni, Napoleone aveva abdicato ed era stato mandato all'isola d'Elba, mentre sul trono di Francia sedevano i Borboni con Luigi XVIII).
Pompeo annota nel suo diario, il giorno 16 Aprile 1814, che l'esultanza dei veneziani è "incontenibile". L'amore verso il Papa e l'odio verso Napoleone accomunava, ormai, gran parte della popolazione.
Il giovane si sedette, tranquillamente, sulla riva del carbon, dalla parte opposta del Canal Grande alla riva del vin (che già il bel tempo lo permetteva), e si mise ad ammirare le barche addobbate a festa che passavano “ attraverso la via più bella del Mondo” sotto il ponte di Rialto.

Forse il vento aveva iniziato a soffiare dalla parte giusta.




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