Il racconto di Tatiana
La caduta degli angeli
La Repubblica di
Vannonia è una lussureggiante regione del Centro – Est
continentale, nel cuore verde e aristocratico dell’ antica Europa.
Bagnata dal
Seiball, grande affluente del Danubio blu, è il centro nevralgico
dei commerci fluviali, piena di risorse agricole e minerarie. La sua
gente, bella, garbata, lavoratrice, raffinata e coltissima, respira
amore per le arti, le scienze e per le buone maniere, da tempi,
ormai, immemorabili.
Essa rappresenta
uno stato ricchissimo e solido, sicuramente il più prospero del
vecchio continente. Eppure, il suo vero vanto, la sua vera ricchezza
umana è data dalla eccellente ed antichissima Università, La famosa
“Yujanka accademia d’ altissima cultura e scienze”, un vero e
proprio tempio, dove hanno studiato e imparato i più importanti
dirigenti e intellettuali mondiali, dove si sono istruiti i maggiori
capi di Stato e premi Nobel.
L’alta
personalità che dirige tale istituto, non è un qualsiasi Magnifico
Rettore, messo là per scaldare il posto, come avviene in molti
atenei del mondo … no, il Chiarissimo Professor Dottor Ignazio
Ferramonte (di sicure e nobilissime origini italiane) è il prototipo
del genio: è alto, bellissimo, con spalle possenti, nel suo cervello
c’è il dizionario completo della lingua vannona, più altri cinque
o sei delle principali lingue straniere, l’enciclopedia delle
scienze naturali, sociali, economiche, c’è anche il posto per un
compendio di letteratura classica, mezza antologia dell’arte
contemporanea e il dizionario completo e aggiornato dei sinonimi e
dei contrari.
Quando parla, a
detta di tutti quelli che l’hanno frequentato, ti ipnotizza e ti
trasporta nel suo magico mondo di cultura incantata. Poche donne gli
resistono. Possiede, come un grande e famoso condottiero medievale,
tre testicoli, che gli conferiscono una voce stentorea ed
irresistibile, ha un talento innato per la recitazione ed il canto.
Ha conquistato quattro ori in tre diverse olimpiadi, dove detiene un
record mondiale, ed è campione in varie specialità. Le sue
consulenze, richieste da istituti di tutto il pianeta (comprese le
Nazioni Unite e la Fao), rappresentano un qualcosa di prezioso e
indispensabile, oltre ad essere ben pagate.
Studiare nel
college Yujanka però, dopo il crollo del comunismo che lì è durato
solo pochi giorni, non è certamente cosa per tutti. A parte la
selezione durissima che bisogna sostenere, c’è il fattore costi.
La Vannonia è una nazione ricca, dove la vita, perciò, è fuor di
misura cara e ti presenta, assai spesso, conti salati. A questo
proposito, per ovviare al fatto, doloroso, che possano permettersi di
studiare solo i ricchissimi ed i pochissimi privilegiati, è stato
istituito, dalla direzione, un diverso sistema di corsi: si può
frequentare, all’occorrenza, un solo mese di studi, al costo di
centoventi mila euro, esclusi vitto, alloggio, spese di laboratorio e
di lavanderia. Però è compreso l’uso di piscina e dei magnifici
campi da golf.
Sembrano
tanti soldi certo, ma, dopo quel solo ed unico mese di istruzione,
l’universitario che ha passato l’esame finale otterrà
facilmente, ed in ogni parte dei due emisferi, i lavori e gli
impieghi più prestigiosi e più strapagati.
Io, Tatiana, dato
il mio talento ed una preziosissima borsa di studio, in quell’
Università ci sono stata cinque anni, le mie conoscenze sono
infinite, la mia Cultura è vastissima e variegata.
Ma, quando sono
venuta in Italia, nel vostro bel paese, sicuramente il più ricco
d’arte, di bellezze, di natura, di storia, di cultura e di
intelligenza del mondo, mi sono ritrovata in strada a fare la
prostituta.
Gli
ospiti, rimasti senza parole dopo tale pugno nello stomaco,
sgranarono gli occhi e posizionarono i lobi degli orecchi e l’intero
padiglione, verso la voce che usciva dalla bella, carnosa e dolce
bocca narrante.
Tutto cominciò con
l’offerta, fattami da un sedicente fotografo di modelle, di
offrirmi un viaggio culturale per un mese a Roma, Firenze, Siena,
Venezia ed altre bellissime città italiane, fino a Napoli. Ci
cascai, nonostante la mia cultura e la mia intelligenza, come una
pera matura.
Arrivai in Italia,
per la prima volta e ne rimasi affascinata. Mi prese subitola
sindrome di Stendhal e pensai, giurandolo, che questo sarebbe stato
il mio paese per sempre.
Però, poi, il
fotografo delle dive, come amava presentarsi a tutti, venne arrestato
dalla polizia italiana, che lo stava inseguendo da anni per truffa,
ricatto e vari altri reati, dopo pochi giorni dalla mia venuta. Mi
ritrovai abbastanza in difficoltà, anche perché non possedevo tutte
le carte regolari per risiedere nel vostro paese.
Fu un
conoscente del fotografo, un certo Rachelli, ad aiutarmi. Egli era
l’unico a sapere che mi trovavo, praticamente clandestina, in
Italia. Era, questi, un caro amico dell’arrestato ed anch’egli
sembrava un po’ allergico alle vostre forze dell’ordine. Per un
po’, riuscì a darmi da mangiare e mi procurò un alloggio molto
comodo. Ma, a quel punto e data la situazione, io avrei voluto
tornarmene a Vannonia, nonostante la sindrome strana da cui ero
affetta, che mi impediva fortemente di lasciare l’Italia.
Cercai,
allora, di uscire il meno possibile da quella casa, percé Rachelli,
coi suoi racconti, mi aveva spaventata a morte, mentendomi sul fatto
che, se mi avessero scoperto alcune persone “amiche” del
fotografo, avrei fatto una fine orribile. Per intimorirmi
maggiormente, aveva pronunciato, anche se vagamente, la parola
“Mafia”.
Quel termine, nel
nostro paese, quando si parlava di Italia, era impronunciabile: ci
evocava torture, sequestri, massacri e altro ancora. Tutti i film che
ci avevano mostrato, e da noi erano seguitissimi, dipingevano un
quadro sia edulcorato, dei criminali organizzati, che generalizzante,
come se ogni borgo del bel paese pullulasse di mafiosi, pronti ad
aggredirti in ogni momento.
Alla Yujanka, si
tenevano importantissimi corsi proprio di mafia italiana, relatori
erano i massimi esperti della materia. Ricordo che, un giorno, tenne
un corso il dottor Riina - accolto con onori dal Magnifico Rettore –
mentre, in Italia, il prezioso relatore era latitante e tutti, dalla
Intelligence fino all’ultimo questurino, lo stavano cercando.
Allora, a tali
minacce, preferii starmene calma nell’appartamento, anche se mi
sarebbe piaciuto, ogni tanto, uscire per visitare qualche bellezza
artistica. Provvedeva il signor Rachelli a mandarmi, ogni tanto,
qualche intellettuale a farmi visita ma, quelle strane visite,
prevedevano sempre che io mi spogliassi. Dopo molti mesi in cui feci
fare l’amore a molti uomini, mentre Rachelli intascava forti somme,
arrivarono, nella casa con le sirene spiegate, i carabinieri, che
portarono Rachelli a far visita al suo amico truffatore.
Mi trovarono
senza documenti, mi portarono via ma non mi fermarono molto. Passai
dal carcere alla Caritas e, quindi, in mezzo ad una strada, nel giro
di quindici minuti.
Tornare a
Vannonia a casa mia, in tali condizioni, mi sarebbe stato fatale: nel
mio paese sono troppo ben conosciuta ed un biglietto di ritorno
chiamato: “Foglio di via”, mi avrebbe rovinato la reputazione per
sempre. In fin dei conti ero una laureata alla Yujanka e, in più,
avevo beccato la sindrome di Stendhal, una dolce malattia che ti
costringe a non abbandonare le cose (meravigliose), che ti fanno
stare male, così rimasi nel più bel paese del Mondo. Di giorno
visitavo i monumenti ed i musei e di notte battevo il marciapiedi
che, tanto, a fare la mercenaria ormai ci ero abituata.
Ma la gente che
frequentava il mio marciapiedi era ben diversa dai tipi, altolocati,
che venivano a trovarmi nell’appartamento. Dapprima subii varie
violenze e furti, poi un signore, anch’egli profferendo, seppur
vagamente, la parola “mafia” o “camorra” non compresi
chiaramente, mi costrinse, terrorizzandomi, a lavorare per lui.
Altro che palazzi,
ville antiche, monumenti e bellezze artistiche!
L’Italia è fatta
anche di tetri scantinati, palazzoni incompiuti e di case fatiscenti.
In una di queste, posta in un orrendo quartiere popolare di Napoli,
fui rinchiusa per molto tempo, fino a quando l’altro giorno, un
meteorite o, come sostenevano molti, una terribile eruzione del
Vesuvio, investì la città partenopea. Scappai col primo camionista
che incontrai e, pagando in natura, mi feci portare fino al Nord.
Ogni volta che era stanco di guidare, si fermava ai bordi della
strada e si prendeva il suo compenso.
Proprio questa
notte, il suo mezzo si è fermato qui vicino, nella strada che passa
sotto al castello, perché era, finalmente, arrivato a destinazione e
mi fece scendere.
Appena scesa dal
camion, nel buio della notte, notai alcune luci provenire da dentro
un alto castello e, attraversando una strada ricoperta da uno spesso
manto di neve, arrivai sotto al portone.
E ora sono qui con
voi.
Tutti i presenti la
consolarono e la coccolarono. Ugo aveva già preparato un provocante
risotto di funghi porcini: lo servì ancora fumante. Versò del vino
bianco in un lungo calice e lo porse alla ragazza bionda e
bellissima:
“Bevi questo, ti
passeranno tutti i guai, le malinconie e i tristi ricordi. Forse
anche la sindrome di Stendhal.”
Così dicendo,
dimostrò a tutti che non aveva alcuna cognizione di cosa fosse
quella malattia. Ma poco importa, non tutti la conoscono, più che
medici bisognerebbe essere filosofi dell’arte.
Passato lo
sbigottimento generale, Angelo diresse lo sguardo verso il giovane
Samuele, chiedendo: “E tu, ragazzo, hai niente da rivelare?”
Il giovane
posò il calice da cui si stava generosamente abbeverando, tossì e
disse:
“Certo che ne
ho, di segreti da rivelare, state ad ascoltare, ora ve li racconto
io.”
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