CAPITOLO
Vi
LUCI
NELLA NOTTE
21
novembre 1813,
L
a
notizia si propagò in breve tempo tra le calli coi panni stesi e le
fondamenta. Scese nei rii e nei sotoporteghi. Attraversò il
canalazzo e fu udita da tutta la città.
"Venezia
xè bloccada. Stavolta xemo proprio finii" andava gridando un
bimbo che ripeteva ciò che aveva sentito urlare: avrà avuto - si e
no - sette anni.
"Madona
Benedeta" balbettarono due donne sedute su sedie di paglia in
strada, quelle che cucivano gli scialli.
"Come?
Cossa? Dove?" rilanciò una vecchia con una stranissima
parrucca, ma queste domande se le faceva da anni e le andava
ripetendo fin dai tempi remoti in cui il mondo era ancora intero e la
repubblica era retta da un Doge.
Era
successo, quel giorno, che gli unici due passaggi rimasti ancora
aperti per consentire il passaggio di merci, ossia di roba da
mangiare, Fusina alla foce del Brenta e Brondolo vicino a Chioggia,
erano caduti in mano ai crucchi, i militari austriaci i quali avevano
affermato che, da quel momento, non avrebbero permesso più a nulla e
a nessuno di entrare in laguna, né di uscirne.
E
così fu.
Qualcuno
commentò sul giornale,: “da oggi la città è perfettamente
bloccata.” Ed il termine era il più appropriato.
Del
resto, ogni canale che potesse condurre alla città era già stato
chiuso qualche giorno prima e veniva controllato dalle forze
austriache al comando del generale Nugent; dal mare, nel contempo, la
flotta inglese teneva sotto stretta sorveglianza ogni uscita alle
bocche di porto già da diverso tempo, dal momento in cui avevano
sistemato, da una parte all’altra delle imboccature, quelle strane
e grosse catene.
Il
Giornale del dipartimento, qualche tempo dopo, riporterà i dati
relativi alle persone bloccate in laguna: sono le cifre di un assedio
che mai, in tutta la storia dell’umanità, avrà paragoni:
Nella
sola città di Venezia si trovarono prigionieri centoquindicimila
abitanti, mentre a Chioggia ventiduemila persone non poterono più
uscire per mesi e mesi; a Pellestrina e a Malamocco vivevano, allora,
ben novemila persone, quattromila abitavano Murano e altri novemila
le floreali case di Burano, mentre a Treporti, alle Vignole e nelle
altre isolette si contavano più di ottomila abitanti: donne, vecchi,
bambini, cani e gatti isolati e senza possibilità di ricevere
alimenti, all’interno di una laguna che, giunti quasi a dicembre,
andava verso il gelo.
Se
a questi numeri si aggiungono gli undicimila e settanta soldati
dell'esercito napoleonico di presidio, si arriva all’altissimo
numero di cento e ottanta mila anime rinchiuse senza speranza: né
altra epoca né altre civiltà conosciute, negli ultimi millenni,
avevano assistito a una cosa del genere.
Davanti
alla piazzetta ed alle zattere sostavano le navi con l'artiglieria
pronta all'estrema ed improbabile difesa della laguna.
E,
intanto, la gente moriva.
"Papà...,
stavolta ea xè proprio finia",
commentò
Pompeo, mentre teneva la testa tra le mani.
"Ma
no, ma no. Ti no ti conossi i venexiani",
rispose,
quasi con allegria, Gregorio.
"I
veneziani i xa resister a tuto, i xè boni de ridere. I lo ga fato
per mille anni e più."
Il
vecchio sapeva quel che diceva: anche se ogni persona ragionevole si
sarebbe aspettata - dopo aver compreso ciò che stava succedendo -
una reazione disperata, estrema del popolo veneziano, successe
esattamente il contrario.
E
neppure questo estroso, stravagante e bizzarro modo di comportarsi,
durante tanti mesi di assedio atroce, ha paragoni col resto della
storia dell’ uomo.
Perciò
Pompeo non avrebbe mai, ma proprio mai, sospettato di vedere, la sera
stessa l’ inizio del blocco, quello che poi vide.
E
ciò che accadde, allora, fu davvero un fatto curioso, che merita di
essere menzionato.
Era
stata emanata dal governatore francese, a causa della particolare
situazione in cui ci si veniva a trovare e per paura di attacchi
nemici, una ordinanza che imponeva, per quella stessa notte anzi,
subito dopo la mezzanotte, il divieto - valido per qualsiasi
cittadino che avesse l’urgenza di muoversi da casa - di uscire
senza una luce in mano, o un qualsiasi lume per farsi riconoscere.
Fin
qui nulla di strano: l’ ordine impartito fu molto chiaro e di
indiscutibile utilità.
In
effetti, la situazione era diventata complessa, la cosa migliore da
farsi era di mantenere la calma e rimanere a casa, perchè sarebbe
potuto capitare, da allora e per le notti future, qualsiasi fatto,
anche il più terribile.
Probabilmente,
qualsiasi altro popolo, bloccato da terra e dal mare, col cibo che
iniziava a scarseggiare considerevolmente, con due eserciti stranieri
appena fuori della porta ed uno in casa a comandare dittatorialmente,
se ne sarebbe stato chiuso a meditare sulle proprie disgrazie e a
piangere se non, addirittura, a prendere in considerazione l’estremo
gesto.
Ma
quello che abitava Venezia, evidentemente, non era un popolo da
classificare nella normalità, né in bene né in male.
Pompeo
era uscito di casa perché non riusciva a respirare. Appena fuori,
gli era parso di avvertire una strana agitazione diffusa in ogni
parte, una inquietudine che sembrava riversarsi nelle calli tra la
gente.
Tornato
indietro, rassettò quel che poté della sua vecchia e malandata
stamberga e, dopo aver controllato il vecchio padre che serenamente
teneva gli occhi chiusi, cercò di dormire.
Non
ci riuscì in alcun modo. La serata era fredda, ma ancora non si
sentiva l'aria pungente dell'inverno; tutto sommato una passeggiata –
pensò tra sé - non ci sarebbe stata male.
Mentre
camminava per le strade s'accorse che l'agitazione, invisibile ma
intensa, continuava a pervadere la città.
Mancava
poco alla mezzanotte quando arrivò in vista di piazza san Marco.
Sparuti capannelli di perditempo, come ogni notte, sostavano sotto
alla torre dei mori o vicino ai leoncini o ai piedi della grande
statua di Napoleone.
Sembrava,
insomma, una normale nottata veneziana quando d'un tratto, da ogni
imbocco della piazza, udì avvicinarsi un rumore di massa brulicante
e vide fioche luci divenire sempre più vive.
Come
scoccò la campana delle dodici (l’ora fatidica in cui scattava
l’ordinanza), un nugolo di persone, le più eterogenee, sbucò da
ogni angolo. In pochi istanti mille individui o forse duemila e anche
più, invasero la piazza e le botteghe da caffé. Arrivarono festanti
compagnie e gruppi folcloristici, chi teneva in mano fanaletti di
diverse forme, chi di diversi colori posti anche sopra la testa a mo'
di cappello sortendo l’effetto comico che ci si aspettava; chi
armeggiava lucerne fiorentine chi, addirittura, enormi candelieri.
Tutti
ridevano e chiassavano in modo diverso; pareva proprio una nottata di
pieno carnevale. Molte erano le signore, a schiamazzare,
frammischiate agli uomini e ai ragazzi.
Pompeo
se ne stette per più di un'ora a seguire quella baraonda, ma non
riusciva a darsene una spiegazione.
"E’
mai possibile che nessuno sia preoccupato?” si chiese, ma poi gli
vennero in mente le parole del padre.
Erano
quasi le due quando giunsero, con decisione, i militi della polizia.
Bastò la loro presenza a placare gli animi.
Quelli
che, presi da massima euforia, avevano fatto esplodere petardi furono
arrestati e poi rilasciati.
Pompeo
rimase di sasso quando vide un francese che accompagnava verso casa
Gregorio, il quale teneva, anch’ egli, un lume grandioso trovato
chissà dove, sopra la testa, che veniva da chiedersi come faceva mai
a sostenerlo senza perdere l'equilibrio.
"Papà,
ma... no ti dormivi?"
"Sì,
ma ea mamma me gà ciamà."
"Ti
ga visto ea mama?"
"Sì,
finalmente"
"E
dove xela?"
Maria,
la mamma di Pompeo che da anni era uscita di senno ed era sempre
ubriaca, mancava alla famiglia ormai da diverso tempo e Dio solo sa
quanto l’avevano cercata. Quella notte tre militi si erano offerti
di condurla, volonterosamente, verso la sua abitazione, anche se lei,
nel corso della nottata, aveva continuato a dare indirizzi sbagliati
facendosi portare a spasso da quei bei giovani, quasi di peso, per
tutta Venezia.
“Forse
ea xè già rivada a casa”.
"Dai,
papà, andemo in leto, che ti xè imbriago anca ti."
Il
mattino successivo, il giornale riportava la notizia che l'ordine di
girare con il lume, promulgato soltanto il giorno prima, era stato
sospeso; chissà, forse si erano accorti che, a Venezia, certe leggi
è meglio non emanarle:
"La
commissione di polizia ha fatto sapere che entro il circondario di
piazza san Marco sino ai ponti, sarà permesso il girare di notte
senza lume."
Quella
notte, di Gilberto - un vecchio amico di Gregorio che faceva di
mestiere il venditore di articoli vari, tra cui anche i fanaletti -
si disse che triplicò, in poche ore, il proprio capitale.
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