giovedì 30 aprile 2020

" Venezia in catene" Capitolo sesto


CAPITOLO Vi



LUCI NELLA NOTTE


21 novembre 1813,

L a notizia si propagò in breve tempo tra le calli coi panni stesi e le fondamenta. Scese nei rii e nei sotoporteghi. Attraversò il canalazzo e fu udita da tutta la città.
"Venezia xè bloccada. Stavolta xemo proprio finii" andava gridando un bimbo che ripeteva ciò che aveva sentito urlare: avrà avuto - si e no - sette anni.
"Madona Benedeta" balbettarono due donne sedute su sedie di paglia in strada, quelle che cucivano gli scialli.
"Come? Cossa? Dove?" rilanciò una vecchia con una stranissima parrucca, ma queste domande se le faceva da anni e le andava ripetendo fin dai tempi remoti in cui il mondo era ancora intero e la repubblica era retta da un Doge.
Era successo, quel giorno, che gli unici due passaggi rimasti ancora aperti per consentire il passaggio di merci, ossia di roba da mangiare, Fusina alla foce del Brenta e Brondolo vicino a Chioggia, erano caduti in mano ai crucchi, i militari austriaci i quali avevano affermato che, da quel momento, non avrebbero permesso più a nulla e a nessuno di entrare in laguna, né di uscirne.
E così fu.
Qualcuno commentò sul giornale,: “da oggi la città è perfettamente bloccata.” Ed il termine era il più appropriato.
Del resto, ogni canale che potesse condurre alla città era già stato chiuso qualche giorno prima e veniva controllato dalle forze austriache al comando del generale Nugent; dal mare, nel contempo, la flotta inglese teneva sotto stretta sorveglianza ogni uscita alle bocche di porto già da diverso tempo, dal momento in cui avevano sistemato, da una parte all’altra delle imboccature, quelle strane e grosse catene.
Il Giornale del dipartimento, qualche tempo dopo, riporterà i dati relativi alle persone bloccate in laguna: sono le cifre di un assedio che mai, in tutta la storia dell’umanità, avrà paragoni:
Nella sola città di Venezia si trovarono prigionieri centoquindicimila abitanti, mentre a Chioggia ventiduemila persone non poterono più uscire per mesi e mesi; a Pellestrina e a Malamocco vivevano, allora, ben novemila persone, quattromila abitavano Murano e altri novemila le floreali case di Burano, mentre a Treporti, alle Vignole e nelle altre isolette si contavano più di ottomila abitanti: donne, vecchi, bambini, cani e gatti isolati e senza possibilità di ricevere alimenti, all’interno di una laguna che, giunti quasi a dicembre, andava verso il gelo.
Se a questi numeri si aggiungono gli undicimila e settanta soldati dell'esercito napoleonico di presidio, si arriva all’altissimo numero di cento e ottanta mila anime rinchiuse senza speranza: né altra epoca né altre civiltà conosciute, negli ultimi millenni, avevano assistito a una cosa del genere.
Davanti alla piazzetta ed alle zattere sostavano le navi con l'artiglieria pronta all'estrema ed improbabile difesa della laguna.
E, intanto, la gente moriva.

"Papà..., stavolta ea xè proprio finia",
commentò Pompeo, mentre teneva la testa tra le mani.
"Ma no, ma no. Ti no ti conossi i venexiani",
rispose, quasi con allegria, Gregorio.
"I veneziani i xa resister a tuto, i xè boni de ridere. I lo ga fato per mille anni e più."
Il vecchio sapeva quel che diceva: anche se ogni persona ragionevole si sarebbe aspettata - dopo aver compreso ciò che stava succedendo - una reazione disperata, estrema del popolo veneziano, successe esattamente il contrario.
E neppure questo estroso, stravagante e bizzarro modo di comportarsi, durante tanti mesi di assedio atroce, ha paragoni col resto della storia dell’ uomo.
Perciò Pompeo non avrebbe mai, ma proprio mai, sospettato di vedere, la sera stessa l’ inizio del blocco, quello che poi vide.
E ciò che accadde, allora, fu davvero un fatto curioso, che merita di essere menzionato.

Era stata emanata dal governatore francese, a causa della particolare situazione in cui ci si veniva a trovare e per paura di attacchi nemici, una ordinanza che imponeva, per quella stessa notte anzi, subito dopo la mezzanotte, il divieto - valido per qualsiasi cittadino che avesse l’urgenza di muoversi da casa - di uscire senza una luce in mano, o un qualsiasi lume per farsi riconoscere.
Fin qui nulla di strano: l’ ordine impartito fu molto chiaro e di indiscutibile utilità.
In effetti, la situazione era diventata complessa, la cosa migliore da farsi era di mantenere la calma e rimanere a casa, perchè sarebbe potuto capitare, da allora e per le notti future, qualsiasi fatto, anche il più terribile.
Probabilmente, qualsiasi altro popolo, bloccato da terra e dal mare, col cibo che iniziava a scarseggiare considerevolmente, con due eserciti stranieri appena fuori della porta ed uno in casa a comandare dittatorialmente, se ne sarebbe stato chiuso a meditare sulle proprie disgrazie e a piangere se non, addirittura, a prendere in considerazione l’estremo gesto.
Ma quello che abitava Venezia, evidentemente, non era un popolo da classificare nella normalità, né in bene né in male.
Pompeo era uscito di casa perché non riusciva a respirare. Appena fuori, gli era parso di avvertire una strana agitazione diffusa in ogni parte, una inquietudine che sembrava riversarsi nelle calli tra la gente.
Tornato indietro, rassettò quel che poté della sua vecchia e malandata stamberga e, dopo aver controllato il vecchio padre che serenamente teneva gli occhi chiusi, cercò di dormire.
Non ci riuscì in alcun modo. La serata era fredda, ma ancora non si sentiva l'aria pungente dell'inverno; tutto sommato una passeggiata – pensò tra sé - non ci sarebbe stata male.
Mentre camminava per le strade s'accorse che l'agitazione, invisibile ma intensa, continuava a pervadere la città.
Mancava poco alla mezzanotte quando arrivò in vista di piazza san Marco. Sparuti capannelli di perditempo, come ogni notte, sostavano sotto alla torre dei mori o vicino ai leoncini o ai piedi della grande statua di Napoleone.
Sembrava, insomma, una normale nottata veneziana quando d'un tratto, da ogni imbocco della piazza, udì avvicinarsi un rumore di massa brulicante e vide fioche luci divenire sempre più vive.
Come scoccò la campana delle dodici (l’ora fatidica in cui scattava l’ordinanza), un nugolo di persone, le più eterogenee, sbucò da ogni angolo. In pochi istanti mille individui o forse duemila e anche più, invasero la piazza e le botteghe da caffé. Arrivarono festanti compagnie e gruppi folcloristici, chi teneva in mano fanaletti di diverse forme, chi di diversi colori posti anche sopra la testa a mo' di cappello sortendo l’effetto comico che ci si aspettava; chi armeggiava lucerne fiorentine chi, addirittura, enormi candelieri.
Tutti ridevano e chiassavano in modo diverso; pareva proprio una nottata di pieno carnevale. Molte erano le signore, a schiamazzare, frammischiate agli uomini e ai ragazzi.
Pompeo se ne stette per più di un'ora a seguire quella baraonda, ma non riusciva a darsene una spiegazione.
"E’ mai possibile che nessuno sia preoccupato?” si chiese, ma poi gli vennero in mente le parole del padre.
Erano quasi le due quando giunsero, con decisione, i militi della polizia. Bastò la loro presenza a placare gli animi.
Quelli che, presi da massima euforia, avevano fatto esplodere petardi furono arrestati e poi rilasciati.
Pompeo rimase di sasso quando vide un francese che accompagnava verso casa Gregorio, il quale teneva, anch’ egli, un lume grandioso trovato chissà dove, sopra la testa, che veniva da chiedersi come faceva mai a sostenerlo senza perdere l'equilibrio.
"Papà, ma... no ti dormivi?"
"Sì, ma ea mamma me gà ciamà."
"Ti ga visto ea mama?"
"Sì, finalmente"
"E dove xela?"

Maria, la mamma di Pompeo che da anni era uscita di senno ed era sempre ubriaca, mancava alla famiglia ormai da diverso tempo e Dio solo sa quanto l’avevano cercata. Quella notte tre militi si erano offerti di condurla, volonterosamente, verso la sua abitazione, anche se lei, nel corso della nottata, aveva continuato a dare indirizzi sbagliati facendosi portare a spasso da quei bei giovani, quasi di peso, per tutta Venezia.

Forse ea xè già rivada a casa”.
"Dai, papà, andemo in leto, che ti xè imbriago anca ti."
Il mattino successivo, il giornale riportava la notizia che l'ordine di girare con il lume, promulgato soltanto il giorno prima, era stato sospeso; chissà, forse si erano accorti che, a Venezia, certe leggi è meglio non emanarle:
"La commissione di polizia ha fatto sapere che entro il circondario di piazza san Marco sino ai ponti, sarà permesso il girare di notte senza lume."

Quella notte, di Gilberto - un vecchio amico di Gregorio che faceva di mestiere il venditore di articoli vari, tra cui anche i fanaletti - si disse che triplicò, in poche ore, il proprio capitale.

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