domenica 21 luglio 2019

Italo romanzo (Romanzo 7 Capitolo)

Capitolo Settimo




Ebbe inizio, così, una vita coniugale da passare assieme alla fantastica Elisabetta, un rapporto “more uxorio”, poiché il marito precedente se n’era andato senza preoccuparsi di divorziare e l’aveva abbandonata a sé stessa con il bambino.
Eh sì, non avrebbe mai immaginato di vivere un’esistenza migliore, il giovane Italo, né tantomeno di poter provare una felicità così intensa. Oramai, pensava che, quelli dell’organizzazione, non l’avrebbero più chiamato. Tanto meglio, di soldi ormai ne aveva a iosa, benedetta Svizzera.
Aveva smesso di seguire i suoi studi e le sue ricerche, anche se era arrivato a conseguire risultati eccezionali. Ogni momento libero lo passava a giocare col Gimmy, gli faceva i compiti, lo coccolava. Ma soprattutto “giocava” tanto e tanto e tanto con l’Elisa. Avevano trovato un’intesa così forte, che provava un piacere intenso ogni volta che stavano vicini. Anche se, all’apparenza, non sarebbe sembrato, l’Elisa conteneva dentro di sé una carica libidinosa e senza tabù, da far perdere la testa ad ogni uomo.
Non c’era situazione erotica che lei non volesse provare. Era rimasto sorpreso il giorno in cui, mentre il piccolo era dalla nonna, aveva invitato a pranzo una sua amica, bellissima e più giovane di lei. Dapprima non l’aveva capito, beata ingenuità, poi aveva notato come le due meravigliose creature gli si avvicinassero con una carica libidinosa aggressiva. La sua amica, Marisa, si era tolta la maglietta stretta, proprio davanti a lui, facendo uscire due bei seni tondi tondi, coi capezzoli irrigiditi, poi iniziò, senza nemmeno fiatare, a fare l’amore con lui davanti agli occhi della sua donna. Provò un piacere enorme, il ragazzo, ma la sua estasi fu completa, allorché si accorse che Elisabetta, seduta nuda vicino a loro due, si stava toccando.
Sembrava che la sua gioia non dovesse finire mai. Aveva, oramai, allentato tutte le sicurezze e l’anonimato di cui si era circondato in questi anni. Andava spesso al mare con tutta la famiglia, compresa la madre. Insomma, faceva quello che fanno tutte le persone normali.
Fu proprio una domenica sera, di ritorno da una gita, che, andando ad accompagnare a casa la vecchia madre, trovò, sull’uscio, l’avviso di un telegramma.
La mattina successiva lo andò a ritirare all’ufficio postale. Il messaggio, stavolta, era un pochino più complesso del solito: non gli venne facile decifrarlo come aveva fatto le altre volte, forse stava invecchiando, forse la vita facile gli aveva reso l’istinto più smorto e molto più spento. Il piacere continuo, gli aveva, un po’, intontito il cervello.
Si poteva leggere, sul telegramma, un avviso più lungo e complicato del solito, diceva così: “Spaghetti 1, 6 e, poi, Topolino 3, 7.” Una postilla che prima non aveva notato, indicava il Papa, il creatore dell’unità d’Italia ed il numero due gambe di donna ed un numero: il 6 … l’enigma si infittiva.
Nella seconda pagina, prima colonna, rigo sesto, si poteva leggere, sul solito quotidiano, il nome di un ufficiale americano che, notizia dei giorni scorsi, era stato rapito da una delle tante organizzazioni terroristiche, o mafiose, che percorrevano, in quei giorni, l’Italia in lungo e in largo.
Lo avevano prelevato nella base U.S.A. di Vicenza, una delle più importanti e strategiche dell’Europa occidentale ed anche una delle più sicure. Come ci fossero riusciti, solo Dio lo sa. La lettura seguente fu molto confusa, perché, in terza pagina (quella culturale), terza colonna, rigo 7, si parlava di storia americana: veniva citato il caso dell’assassino di John Kennedy del 1963, che fu assassinato, a sua volta, da un killer mentre era ammanettato a due poliziotti. “Che c’entrava il signor Lee Harvey Oswald?” pensò costernato. Non ci capiva niente.
Dopo aver riflettuto a lungo, montò un’ipotesi che, per altri, ma non per lui, sarebbe potuta sembrare agghiacciante.
Capì, allora, che i suoi capi avevano l'intenzione che lui uccidesse, così, l’ufficiale americano, mentre stava nelle mani dei suoi carcerieri. Sì, era proprio in questo modo che avrebbe dovuto agire, non c`erano dubbi. Ma dove andarlo a recuperare, se tutti i poliziotti del paese, i carabinieri, i finanzieri, i guardia boschi e i metronotte della polizia privata lo stavano cercando da giorni, senza trovarne la minima traccia?
“Cazzo”, disse tra sé, quando pensò alla postilla: Il Papa simboleggia Roma, mentre il creatore dell’Italia unita (che Dio l’abbia in gloria) è Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi. E le due gambe di donna? “Mah, sì, porco giuda”, si trattava del numero 77, almeno stando ai dettami della “smorfia”. Alla fine, chiaramente c’era il numero 6.
L’indirizzo completo era: “Via Garibaldi 77, interno 6, Roma”. Ecco dove stava rinchiuso l’ufficiale americano rapito dai terroristi. E “loro”, come caspita facevano a saperlo?
Allo scopo, avrebbe dovuto procurarsi un’arma piccola, anche se non sapeva dove trovarla tanto facilmente: nella solita nave – relitto c’era solo esplosivo, quindi non gli sarebbe servito andare ad immergersi. Pensò subito a come procurarsela senza, ovviamente, andarsela a comprare.
Poi gli sovvenne che, proprio vicino a casa sua, a Padova, esisteva una grande sede della Cassa di Risparmio. Vi esercitava un vecchio metronotte, avrà avuto più di sessanta cinque anni, il quale rispettava l’orario che va dalle undici di sera fino alla mattina alle otto, quando arrivavano gli impiegati e quando giungeva il cambio guardia, cioè all’ora in cui veniva a lavorare un guardiano più giovane e bello di lui, più presentabile alla clientela.
Era anziano, legnoso nei movimenti, quel sorvegliante notturno, ma aveva, alla cintola, portata come un pistolero del west, un’arma che faceva al caso suo.
Era notte a casa sua. In un buio impenetrabile, era l’una in punto, Elisa stava dormendo bene, anche perché Italo, si era premunito di fornirle un sedativo che non l’avrebbe fatta svegliare, nemmeno se ci fosse stato, nel centro di Padova, un terremoto di settimo grado della scala Mercalli.
Le strade erano deserte, e chi volevi che uscisse, di notte, in quei tempi oscuri pieni di banditi? Fu troppo facile, per Italo, aggredire alle spalle il vecchio e rubargli la pistola dalla fondina. Purtroppo per lui, il guardiano riuscì a girar le testa e a riconoscere l’aggressore. Con la stessa pistola, Italo sfondò, con un colpo sordo, il cranio del malcapitato. Morirà all’ospedale due ore dopo.
Per andare a compiere quel viaggio a Roma, egli dovette trovare diverse scuse con la sua famiglia. Questo lo irritò non poco, perché era abituato ad agire da solo, senza dover rendere conto ad alcuno delle sue assenze, oltre a creare sospetti e pensieri alla moglie e a Gimmy. Era costretto a lavorare con sempre minor tranquillità e questo non gli andava certo a genio.
La Vespa in quei giorni, colorava di azzurro cielo, molto brillante. Marciava ancora bene, certo: non per niente simboleggiava uno dei prodotti più duraturi dell’industria italiana del miracolo economico. Quarant’anni dopo, le strade italiane e del resto del mondo saranno ancora piene di quelle strane e colorate vetturine.
Italo approdò a Roma, la città eterna, in serata, dopo diverse ore di viaggio. Si presentò, assai presto, in via Garibaldi, al fatidico numero 77. Non riuscì, anche se ci aveva provato in ogni maniera, ad aprire il portone del palazzo. Allora suonò ad un campanello (facendo attenzione che non fosse proprio quello dell’interno 6) e, alla domanda, rispose: “Posta in cassetta”. Qualcuna gli aprì la porta, senza nemmeno domandarsi perché il postino arrivava a quell’ora così strana. Fece tre rampe di scale e trovò l’interno 6. Stavolta ebbe gioco facile ad aprire il portoncino d’ingresso. Appena messo piede nell’appartamento, si trovò davanti un giovane, che portava la pistola sulla cintola. Il tipo aveva il volto pallido e scoperto, e l’errore più grosso che commise, lo sbaglio più grave della sua breve vita fu che, prima di estrarre l’arma per sparare a Italo, cercò di tirarsi giù il passamontagna. Chissà perché, a volte, si commettono certe sciocchezze, certe leggerezze: si chiamano “gesti inconsulti, o istintivi” o almeno così direbbero gli psicologi a buon mercato. Fatto sta che, in un attimo, Italo bucò, esplodendo un colpo ravvicinatissimo, il suo cervello.
Entrò nell’altra stanza, e vide il soldato statunitense, lo capi` perche` portava capelli molto corti (cosa inconsueta, perché, all’epoca, sarebbe stato più usuale vedere in giro tanti cappelloni, basettoni, barboni coi baffoni), che lo stava aspettando.
Era stato collocato, dai suoi rapitori, su una sedia di legno, con le sole caviglie imprigionate, il resto del corpo si poteva muovere abbastanza per prendersi la coca cola sul comodino o per tirarsi fuori il pistolino per la minzione.
Come lo vide, il marines mostrò un sorriso a tutti denti. Alzò le mani per abbracciarlo e farsi abbracciare. Stava per pronunciare una frase, una di quelle che gli americani, nei tanti film di Hollywood, sfoggiano nei momenti clou, per ringraziare il “buono” che ti viene a salvare, o la cavalleria che giunge al galoppo, mentre tutti urlano: “arrivano i nostri”, ma non fece in tempo. Il giustiziere piantò la canna sul suo cuore e sparò. Andandosene, Italo girò gli occhi a guardarlo. Tutti e due , vittima e assassino, avevano pensato, in quel breve lasso di tempo, la stessa cosa: “perché?”
Verrà a sapere solo dopo, leggendo i giornali, che l’ufficiale era stato rapito proprio da una famigerata organizzazione politica, le brigate rosse.
Quando tornarono gli altri uomini della “colonna” brigatista, se lo trovarono morto in casa, senza sapere mai chi fosse stato ad uccidere sia l’americano che il loro compagno. Nel frattempo, i vicini di casa avevano avvisato la polizia per gli spari che avevano udito. Perciò, al loro ritorno, i terroristi trovarono, oltre ai due cadaveri, anche una cinquantina di agenti delle forze speciali che li stavano aspettando.
Italo respirò l’aria di Roma, lanciò la pistola in una delle tante discariche abusive, dove nessuno la troverà mai. Qualche chilometro più in là, gettò via anche i guanti di lattice che aveva usato per non lasciare impronte digitali.
Il colpevole ed i suoi mandanti, non saranno scoperti neanche fra cento anni.







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