domenica 14 luglio 2019

Italo Scanio (Romanzo 2 capitolo)


Capitolo Secondo






Italo aveva sempre vissuto la sua strana, astrusa, ma apparentemente irreprensibile realtà, in quel limbo che si chiama mediocrità e anonimato. La sua vera natura non si muoveva che nell’ambiguità: un modo di vivere destinato a caratterizzare, forse per sempre, il corso della sua esistenza. Da bambino aveva imparato a fare, assai bene, diverse cose: quando, nelle belle estati, lo portavano al mare, aveva sempre dimostrato una fobia nell’immergere le caviglie nella battigia ed una strana ritrosia nel bagnarsi. In realtà, egli aveva imparato a nuotare benissimo di nascosto dai suoi genitori, dai suoi parenti e da tutti gli altri. Infatti, si muoveva nell’acqua proprio come un delfino, con una scioltezza ed una potenza che lo avrebbero potuto portare, se si fosse dichiarato, a vincere sicuramente diverse medaglie negli sport acquatici. Anche a scuola si era sempre comportato da testone (almeno così erano convinti tutti i suoi maestri), con l’unico obbiettivo del sei minimo garantito, come si usava allora. Invece, la sua dedizione allo studio era appassionata, i suoi apprendimenti erano all’altezza, e forse anche più, dei primi della classe e la sua intelligenza dominava tutti gli altri. Celava bene, millantava. Nessuno dei suoi insegnanti, quasi certamente tutti di caratura modesta, avevano capito il suo genio, ma questo fatto non deve stupire, infatti accadeva spesso, nelle scuole italiane di allora, che gli insegnati non capissero un cacchio dei loro alunni.
Aveva prestato il servizio militare, obbligatorio in quegli anni, in una caserma vicino a Firenze, detta i “Lupi di Toscana”. Lì aveva imparato, assimilato, assorbito le varie tecniche sull’uso degli esplosivi, divetando un vero esperto in materia. Ma, davanti a tutti, li usava con troppa disinvoltura creando, volutamente, falsi incidenti che avevano terrorizzato i suoi superiori e i suoi commilitoni tanto che, finito il corso con esito negativo, era stato prontamente allontanato dal reparto esplosivi.
Fu così che venne trasferito in altra caserma e mandato a guidare le ambulanze nel vicino ospedale militare San Gallo, al centro della città medicea. Passava le giornate portando su e giù, fuori e dentro l`ospedale, militari malati o imboscati. Ma, intanto, aveva sviluppato, anche troppo, le competenze sull’uso del tritolo, sulla preparazione di bombe ed aveva, anzi, prodotto alcune ricerche sulla fabbricazione di ordigni deflagranti e distruttivi, studiando con pazienza ed entusiasmo sui volumi che aveva razziato abusivamente dalla biblioteca. Nella vita quotidiana, frequentava palestre di arti marziali, anche se mai aveva palesato, davanti agli altri, progressi sostanziali. In realtà Italo imparava, imparava e si allenava da solo: se nelle gare di Ju do tutti lo consideravano un imbranato e perdente, nella sua stanzetta, completamente solo, allenandosi con un sacco e con un manichino, arrivava a prodezze tali da farsi invidiare dai migliori atleti e judoki giapponesi.
Gli piaceva troppo passare per quello che non era, anche se non aveva ancora ben capito perché lo facesse, probabilmente meditava già qualcosa da compiere in seguito, ma non riusciva ancora a comprendere pienamente questa sua strana deviazione mentale.
Eppure, nonostante tutta la classe docente, dalle elementari al liceo o ai sottufficiali e ufficiali nella caserma della naia, avesse mai interpretato o sospettato nulla sulla genialità del ragazzo, (né men che meno sua madre, che lo considerava un idiota o il padre, che se ne era andato da molto e aveva abbandonato tutti), qualcuno aveva capito … qualcuno che se ne stava, e resterà, per sempre, nell’anonimato.
E questo qualcuno, che mai nessuno riuscirà a sapere chi è, né in Italia, né all’estero, deciderà la sorte di questo ragazzo, come deciderà le sorti di un paese tra i primi nel Mondo. Un “Belapaese” tra i più ricchi, creativi, geniali, laboriosi e avanzati di tutto il pianeta Terra, ma destinato, di lì a poco, a cadere nel baratro, mentre stavano per iniziare i terribili e spaventosi anni ottanta.




La prima volta, fu contattato da un vecchio e sporco barbone senza fissa dimora, puzzolente e impresentabile, che dormiva in un angolo della sua città, Padova, disteso su cartoni e coperto da fogli di giornale. Gli si avvicinò sulla piazza da cui si intravede la basilica di Sant’Antonio, gli porse un biglietto e poi sparì. Per sempre. “Leggi qui - gli aveva detto, con voce flebile, prima di andarsene - e che Dio ti benedica”.
Dopodiché, Italo andò a bersi uno spritz nel grande bar vicino all’università, sgranocchiò alcune patatine fritte che gli avevano servito assieme all`aperitivo, gusto` l`oliva verde che galleggiava sul calice e che aveva assorbito il profumo del vino con l`Aperol e si mise, tranquillo, a leggere quel foglio misterioso.
“Fratello, compagno, camerata – iniziava lo scritto- con noi potrai intraprendere una carriera fantastica che ti rendera` potente e ricchissimo.
Conosciamo tutto quello che tu sai fare, anche se gli altri non lo sanno e sei, percio`, proprio la persona adatta a noi. Obbedisci agli ordini che ti daremo, senza farti stupidi rimorsi, e senza fare domande. Non pensare neanche chi siamo noi, non lo capirai mai, ma siamo la forza che cambierà il nostro paese, per sempre. E saremo noi a decidere le sorti dell’Italia nei prossimi cinquant’anni. Non ti mancheranno mai i soldi, anzi, ne avrai anche troppi. Devi solo fare ciò che ti commissioniamo, non parlare con nessuno, nemmeno con tua madre. Non sposarti mai e non fare mai figli. I tuoi enormi compensi li troverai in Svizzera, nella prima banca che incontri dopo il confine italiano. Per capire il sistema con cui ti contatteremo ogni volta che avremo bisogno di te, recati, domani, alla biblioteca “Querini” di Venezia. Nella terza sala, scaffale 8, troverai il libro dal titolo “Venezia in catene”, di un autore poco noto e che, quindi, nessuno legge, datato 1814. Scorri i fogli, alla pagina 24 ci saranno tutte le istruzioni. Confidiamo in te.”
“Un altro spritz, prego” Ordinò al barista, poi andò in bagno e si mangiò il foglio, che era fatto di una carta speciale, un po’ come son fatte le ostie della Santa Comunione, tanto che, quello spuntino, non fu affatto sgradevole. Uscì dal gabinetto, bevve un po’ di quell’intruglio fantastico, fatto di vino bianco, liquore rosso e una spruzzata di soda, mangiò un’altra patatina, pagò alla cassa ed uscì, un po’ ebbro, nella bella e calda atmosfera della città di Sant’Antonio.
La via che va da Padova a Venezia, specie se percorsa a bordo di una piccola vespa, come la sua, è sicuramente una delle più belle strade del Mondo. Procede sinuosa, disegnando gli argini del fiume Brenta, la statale 11, mentre da ognuna delle due rive si pavoneggiano ville fantastiche, piene di fascino, di storie oscure e di vicende misteriose. Magioni incredibili, create dai migliori architetti della Storia dell`umanita`. Gran parte del fiume, che porta alla magica laguna di Venezia, è percorsa da battelli antichi, pieni di turisti, che non riescono ad esimersi dal fotografare ogni bellezza incontrino sul loro navigare.
Ci impiegò poco, il ragazzo, a raggiungere la Perla dell’Adriatico, neanche mezz`ora. Giunto a piazzale Roma, porta della citta`, dovette posteggiare il suo motorino lungo una scalinata adibita a parcheggio per bici e moto e proseguire a piedi. Si`, perché nella città Serenissima le ruote sono bandite, ad esclusione di quelle di certi carrettini, costruiti apposta per scalare i quattrocento ponti della città.
Per arrivare alla biblioteca che fu la casa dei nobili Querini, bisogna attraversare gran parte delle viuzze di questa strana e unica città.
Gente proveniente da tutto il Mondo passeggiava, camminava o correva lungo le stradine e le fondamenta lastricate di masegni. Italo non si annoiava mai quando approdava nel capoluogo veneto ma, questa volta, non poteva pensare ad altro che alla sua missione che lo avvinceva e lo incuriosiva morbosamente. Avrebbe dovuto recarsi subito nella biblioteca, come gli era stato indicato e cercare di comprendere questo strano ed inaspettato mistero.
Giunto al campiello Querini Stampalia, dopo il grande campo di Santa Maria formosa, valicò il ponticello sul piccolo canale dove passano sotto, e a fatica, solo le gondole. E`, questo, un piccolissimo ponte di legno e ferro che porta all’ingresso di quella favolosa biblioteca. Si entra solo di la`, come il passaggio di un castello.
Già conosceva quel fantastico luogo di cultura, ma ogni volta che ci entrava restava senza fiato. Migliaia e migliaia di volumi, conservati in un ambiente caldo, soffitti di legno, mobili pregiati ed una atmosfera ferma nel tempo. Trovò subito il volume che gli avevano segnalato, “Venezia in catene”. Aprì a pagina 24, il foglio era lì. Le istruzioni parevano complicate e astruse, ma il cervello del ragazzo, ed il suo intuito erano molto sviluppati.
Si trattava di un codice segreto molto bislacco, che nessuno avrebbe potuto decifrare, proprio perché banale e atipico: fatto apposta per lui, si direbbe. Per far capie meglio fecero una prova.
Esempio, se il messaggio ricevuto (tramite telegramma), avesse affermato: “ beatles, 33 più zero” lui avrebbe dovuto leggere il giornale prefissato, che si decise fosse, e sarà per sempre, “Il Gazzettino” di quello stesso giorno, a pag 1, (perché beatles significava prima pagina, topolino seconda pagina e spaghetti terza pagina), guardare, come indicato, alla colonna 3, rigo 30 e avrebbe intuito l’incarico da svolgere.
Dall’articolo di cui si parlava, o dalle parole scritte, Italo avrebbe dovuto, sempre, individuare la sua missione. Non era una cosa semplice, Ma i mandanti dei delitti avevano una fiducia enorme nelle doti del ragazzo, perciò vi si affidarono senza indugiare.
Nello stesso messaggio del libro recuperò, inoltre, un numero di codice che indicava un conto corrente in una banca svizzera, a Chiasso, appena al di là del confine italiano. Ovviamente, come sempre in questi casi, tutto era, assolutamente, anonimo.
E così, da quella volta, aveva avuto inizio la sua irresistibile ascesa, la sua fortunata carriera.











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