Capitolo
Secondo
Italo aveva
sempre vissuto la sua strana, astrusa, ma apparentemente
irreprensibile realtà, in quel limbo che si chiama mediocrità e
anonimato. La sua vera natura non si muoveva che nell’ambiguità:
un modo di vivere destinato a caratterizzare, forse per sempre, il
corso della sua esistenza. Da bambino aveva imparato a fare, assai
bene, diverse cose: quando, nelle belle estati, lo portavano al mare,
aveva sempre dimostrato una fobia nell’immergere le caviglie nella
battigia ed una strana ritrosia nel bagnarsi. In realtà, egli aveva
imparato a nuotare benissimo di nascosto dai suoi genitori, dai suoi
parenti e da tutti gli altri. Infatti, si muoveva nell’acqua
proprio come un delfino, con una scioltezza ed una potenza che lo
avrebbero potuto portare, se si fosse dichiarato, a vincere
sicuramente diverse medaglie negli sport acquatici. Anche a scuola si
era sempre comportato da testone (almeno così erano convinti tutti i
suoi maestri), con l’unico obbiettivo del sei minimo garantito,
come si usava allora. Invece, la sua dedizione allo studio era
appassionata, i suoi apprendimenti erano all’altezza, e forse anche
più, dei primi della classe e la sua intelligenza dominava tutti gli
altri. Celava bene, millantava. Nessuno dei suoi insegnanti, quasi
certamente tutti di caratura modesta, avevano capito il suo genio, ma
questo fatto non deve stupire, infatti accadeva spesso, nelle scuole
italiane di allora, che gli insegnati non capissero un cacchio dei
loro alunni.
Aveva prestato il
servizio militare, obbligatorio in quegli anni, in una caserma vicino
a Firenze, detta i “Lupi di Toscana”. Lì aveva imparato,
assimilato, assorbito le varie tecniche sull’uso degli esplosivi,
divetando un vero esperto in materia. Ma, davanti a tutti, li usava
con troppa disinvoltura creando, volutamente, falsi incidenti che
avevano terrorizzato i suoi superiori e i suoi commilitoni tanto che,
finito il corso con esito negativo, era stato prontamente allontanato
dal reparto esplosivi.
Fu così che
venne trasferito in altra caserma e mandato a guidare le ambulanze
nel vicino ospedale militare San Gallo, al centro della città
medicea. Passava le giornate portando su e giù, fuori e dentro
l`ospedale, militari malati o imboscati. Ma, intanto, aveva
sviluppato, anche troppo, le competenze sull’uso del tritolo, sulla
preparazione di bombe ed aveva, anzi, prodotto alcune ricerche sulla
fabbricazione di ordigni deflagranti e distruttivi, studiando con
pazienza ed entusiasmo sui volumi che aveva razziato abusivamente
dalla biblioteca. Nella vita quotidiana, frequentava palestre di arti
marziali, anche se mai aveva palesato, davanti agli altri, progressi
sostanziali. In realtà Italo imparava, imparava e si allenava da
solo: se nelle gare di Ju do tutti lo consideravano un imbranato e
perdente, nella sua stanzetta, completamente solo, allenandosi con un
sacco e con un manichino, arrivava a prodezze tali da farsi invidiare
dai migliori atleti e judoki giapponesi.
Gli piaceva
troppo passare per quello che non era, anche se non aveva ancora ben
capito perché lo facesse, probabilmente meditava già qualcosa da
compiere in seguito, ma non riusciva ancora a comprendere pienamente
questa sua strana deviazione mentale.
Eppure,
nonostante tutta la classe docente, dalle elementari al liceo o ai
sottufficiali e ufficiali nella caserma della naia, avesse mai
interpretato o sospettato nulla sulla genialità del ragazzo, (né
men che meno sua madre, che lo considerava un idiota o il padre, che
se ne era andato da molto e aveva abbandonato tutti), qualcuno aveva
capito … qualcuno che se ne stava, e resterà, per sempre,
nell’anonimato.
E questo
qualcuno, che mai nessuno riuscirà a sapere chi è, né in Italia,
né all’estero, deciderà la sorte di questo ragazzo, come deciderà
le sorti di un paese tra i primi nel Mondo. Un “Belapaese” tra i
più ricchi, creativi, geniali, laboriosi e avanzati di tutto il
pianeta Terra, ma destinato, di lì a poco, a cadere nel baratro,
mentre stavano per iniziare i terribili e spaventosi anni ottanta.
La prima volta,
fu contattato da un vecchio e sporco barbone senza fissa dimora,
puzzolente e impresentabile, che dormiva in un angolo della sua
città, Padova, disteso su cartoni e coperto da fogli di giornale.
Gli si avvicinò sulla piazza da cui si intravede la basilica di
Sant’Antonio, gli porse un biglietto e poi sparì. Per sempre.
“Leggi qui - gli aveva detto, con voce flebile, prima di andarsene
- e che Dio ti benedica”.
Dopodiché, Italo
andò a bersi uno spritz nel grande bar vicino all’università,
sgranocchiò alcune patatine fritte che gli avevano servito assieme
all`aperitivo, gusto` l`oliva verde che galleggiava sul calice e che
aveva assorbito il profumo del vino con l`Aperol e si mise,
tranquillo, a leggere quel foglio misterioso.
“Fratello,
compagno, camerata – iniziava lo scritto- con noi potrai
intraprendere una carriera fantastica che ti rendera` potente e
ricchissimo.
Conosciamo tutto
quello che tu sai fare, anche se gli altri non lo sanno e sei,
percio`, proprio la persona adatta a noi. Obbedisci agli ordini che
ti daremo, senza farti stupidi rimorsi, e senza fare domande. Non
pensare neanche chi siamo noi, non lo capirai mai, ma siamo la forza
che cambierà il nostro paese, per sempre. E saremo noi a decidere le
sorti dell’Italia nei prossimi cinquant’anni. Non ti mancheranno
mai i soldi, anzi, ne avrai anche troppi. Devi solo fare ciò che ti
commissioniamo, non parlare con nessuno, nemmeno con tua madre. Non
sposarti mai e non fare mai figli. I tuoi enormi compensi li troverai
in Svizzera, nella prima banca che incontri dopo il confine italiano.
Per capire il sistema con cui ti contatteremo ogni volta che avremo
bisogno di te, recati, domani, alla biblioteca “Querini” di
Venezia. Nella terza sala, scaffale 8, troverai il libro dal titolo
“Venezia in catene”, di un autore poco noto e che, quindi,
nessuno legge, datato 1814. Scorri i fogli, alla pagina 24 ci saranno
tutte le istruzioni. Confidiamo in te.”
“Un altro
spritz, prego” Ordinò al barista, poi andò in bagno e si mangiò
il foglio, che era fatto di una carta speciale, un po’ come son
fatte le ostie della Santa Comunione, tanto che, quello spuntino, non
fu affatto sgradevole. Uscì dal gabinetto, bevve un po’ di
quell’intruglio fantastico, fatto di vino bianco, liquore rosso e
una spruzzata di soda, mangiò un’altra patatina, pagò alla cassa
ed uscì, un po’ ebbro, nella bella e calda atmosfera della città
di Sant’Antonio.
La via che va da
Padova a Venezia, specie se percorsa a bordo di una piccola vespa,
come la sua, è sicuramente una delle più belle strade del Mondo.
Procede sinuosa, disegnando gli argini del fiume Brenta, la statale
11, mentre da ognuna delle due rive si pavoneggiano ville
fantastiche, piene di fascino, di storie oscure e di vicende
misteriose. Magioni incredibili, create dai migliori architetti
della Storia dell`umanita`. Gran parte del fiume, che porta alla
magica laguna di Venezia, è percorsa da battelli antichi, pieni di
turisti, che non riescono ad esimersi dal fotografare ogni bellezza
incontrino sul loro navigare.
Ci impiegò poco,
il ragazzo, a raggiungere la Perla dell’Adriatico, neanche
mezz`ora. Giunto a piazzale Roma, porta della citta`, dovette
posteggiare il suo motorino lungo una scalinata adibita a parcheggio
per bici e moto e proseguire a piedi. Si`, perché nella città
Serenissima le ruote sono bandite, ad esclusione di quelle di certi
carrettini, costruiti apposta per scalare i quattrocento ponti della
città.
Per arrivare alla
biblioteca che fu la casa dei nobili Querini, bisogna attraversare
gran parte delle viuzze di questa strana e unica città.
Gente
proveniente da tutto il Mondo passeggiava, camminava o correva lungo
le stradine e le fondamenta lastricate di masegni. Italo non si
annoiava mai quando approdava nel capoluogo veneto ma, questa volta,
non poteva pensare ad altro che alla sua missione che lo avvinceva e
lo incuriosiva morbosamente. Avrebbe dovuto recarsi subito nella
biblioteca, come gli era stato indicato e cercare di comprendere
questo strano ed inaspettato mistero.
Giunto al
campiello Querini Stampalia, dopo il grande campo di Santa Maria
formosa, valicò il ponticello sul piccolo canale dove passano sotto,
e a fatica, solo le gondole. E`, questo, un piccolissimo ponte di
legno e ferro che porta all’ingresso di quella favolosa biblioteca.
Si entra solo di la`, come il passaggio di un castello.
Già conosceva
quel fantastico luogo di cultura, ma ogni volta che ci entrava
restava senza fiato. Migliaia e migliaia di volumi, conservati in un
ambiente caldo, soffitti di legno, mobili pregiati ed una atmosfera
ferma nel tempo. Trovò subito il volume che gli avevano segnalato,
“Venezia in catene”. Aprì a pagina 24, il foglio era lì. Le
istruzioni parevano complicate e astruse, ma il cervello del ragazzo,
ed il suo intuito erano molto sviluppati.
Si trattava di
un codice segreto molto bislacco, che nessuno avrebbe potuto
decifrare, proprio perché banale e atipico: fatto apposta per lui,
si direbbe. Per far capie meglio fecero una prova.
Esempio, se il
messaggio ricevuto (tramite telegramma), avesse affermato: “
beatles, 33 più zero” lui avrebbe dovuto leggere il giornale
prefissato, che si decise fosse, e sarà per sempre, “Il
Gazzettino” di quello stesso giorno, a pag 1, (perché beatles
significava prima pagina, topolino seconda pagina e spaghetti terza
pagina), guardare, come indicato, alla colonna 3, rigo 30 e avrebbe
intuito l’incarico da svolgere.
Dall’articolo
di cui si parlava, o dalle parole scritte, Italo avrebbe dovuto,
sempre, individuare la sua missione. Non era una cosa semplice, Ma i
mandanti dei delitti avevano una fiducia enorme nelle doti del
ragazzo, perciò vi si affidarono senza indugiare.
Nello stesso
messaggio del libro recuperò, inoltre, un numero di codice che
indicava un conto corrente in una banca svizzera, a Chiasso, appena
al di là del confine italiano. Ovviamente, come sempre in questi
casi, tutto era, assolutamente, anonimo.
E così, da
quella volta, aveva avuto inizio la sua irresistibile ascesa, la sua
fortunata carriera.
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