I
SEGRETI
di
ITALO SCANIO
“A
VOLTE, SONO SUFFICIENTI POCHI
INDIVIDUI
PER FARE
GRANDE
UNA NAZIONE;
MA
NE BASTANO MOLTI
MENO PER DISTRUGGERLA.”
QUESTO
STESSO LIBRO,
CAP.
5, PRIMO COMMA.
Capitolo
Primo
Il caldo era
feroce, quel giorno nel centro Italia. Soffermandosi a guardare
attorno in quel luogo remoto, udendo solo velati cinguettii, si
percepiva un’atmosfera quasi surreale.
La polvere penetrava dentro i suoi vestiti, gli lambiva la
pelle facendogli bruciare gli occhi, fastidiosamente, mentre
percorreva quella stradina di campagna, bianca e silenziosa,
contornata dagli alti fusti di cipresso sempreverde e dai filari di
tiglio. Era quello il periodo in cui il loro verde era più intenso.
Italo guidava la
sua vespa 50 special, era di color giallo ocra, ma questo particolare
non riveste alcuna importanza, perché avrebbe potuto avere qualsiasi
colore, visto che egli la riverniciava, con perizia e maestria, dopo
ogni sua azione di criminalità chirurgica.
Quando si
arrestò, mise finalmente a tacere quel piccolo propulsore dal
fastidioso ronzio di zanzara, poté udire, allora, un coro ben
combinato di migliaia di minuscoli insetti, tutti nascosti
laboriosamente tra l’erba, il grano, gli alti rami degli alberi.
Scese dallo scooter e guardò, dall’alto della collinetta in cui
stava immobile, verso il basso, dove passava un piccolo binario
ferroviario che sembrava esser stato messo lì per sbaglio, in mezzo
ad una natura ancora illibata. Lo scrutò con la professionalità
consueta, controllò il cronometro, fece due rapidi calcoli a mente,
e stabilì subito il punto in cui avrebbe dovuto piazzare la carica
esplosiva, con il minor consumo di tritolo ed il massimo profitto di
distruzione.
In pochi minuti,
scendendo un po’ a piedi e un po’ ruzzolando sull`erba fresca, fu
sul punto esatto; con due piccoli movimenti estrasse, dall’involucro
avvolto in un giornale quotidiano, il composto gelatinoso e cretaceo
che poteva sembrare, a prima vista, della semplicissima plastilina,
ma che era, in realtà, qualcosa di più terribile, e lo piazzò nel
punto che aveva calcolato con precisione scientifica. Il timer era
già pronto, quindi non gli restò che risalire fulmineamente la
collina, mettere in moto, con due pedalate, il suo motorino, e
fuggire il più lontano possibile.
Di tutte le
operazioni che concludeva, Italo, non conosceva granché: non ne
comprendeva il motivo, e mai era andato ad indagare, men che meno era
informato circa l’identità di chi gli commissionava quegli orrendi
e odiosi atti criminali.
Mentre svolgeva
il suo lavoro, Italo non si creava problemi mentali né pustole
moralistiche; si limitava a provare piacere, perché, d’altronde,
uno, se può, il lavoro se lo sceglie che sia divertente … se può.
Poi, si andò ad
accomodare, molto tranquillamente e con la coscienza leggera, nel
tavolo gia` preparato con tovaglioli e posate, di una piccola
trattoria di campagna, di quelle che abbondano nei pressi di piccoli
borghi sperduti nella penisola. Piccole e caratteristiche, con un
patio rinfrescato dall`ombra di verdi frasche, queste osterie di
solito sono gestite da una semplice famigliola che, la notte, dorme
al piano superiore. Ogni tanto gettava un’ occhiata all’orologio
da polso, aspettando il botto. Distava più o meno un chilometro dal
luogo in cui aveva piazzato l’ordigno e, di conseguenza, pensò
che, anche stavolta, il temporizzatore poteva essere in ritardo. Sì,
perché, anche se nel suo lavoro era un professionista di livello
mondiale, portava una pecca, come tutti i geni: era un particolare
che, purtroppo per lui, andava avanti da tempo immemorabile, fin dai
suoi primi lavoretti e che difficilmente sarebbe stato in grado di
correggere, cioè la scarsa puntualità e attendibilità dei suoi
congegni a orologeria.
Egli sapeva
confezionare apparecchi esplosivi perfetti e innovativi, anche con
pochi mezzi a disposizione, ma ci fosse mai stata una volta, dico
una, che il timer fosse arrivato a svolgere il suo lavoro, nel giusto
istante in cui era stato regolato.
Pensare che, un
giorno, aveva rischiato la vita immediatamente dopo che aveva
piazzato una piccola bomba nei pressi di un istituto scolastico.
L’ordigno sarebbe dovuto esplodere alle otto in punto, quando la
ressa degli studenti, che solitamente si accalca all’entrata della
scuola, fosse stata al suo massimo. Ma non fece in tempo ad
allontanarsi dall’ordigno che questi esplose all’istante. Una
scheggia gli strisciò il polpaccio: gli era andata molto bene, aveva
rischiato grosso.
Seduto in una
panca di legno, continuava a sorseggiare il bicchiere di vino che
aveva ordinato in trattoria, mentre, guardando con insistenza
l’orologio, ebbe la certezza, ormai, che, anche questa volta, il
timer aveva funzionato da cani. Fu costretto a tornare sui suoi
passi. “Il panino con la soppressa”, gli urlò l’oste, appena
uscito dalla piccola cucina familiare, tenendo in mano un piatto
d’argento che sarebbe andato bene per servire l’aragosta. Pareva
croccante, quella pagnottella e aveva l’aspetto delizioso. La
soppressa, con aroma di aglio, profumava di cantina e di vino, era
invitante ma, Italo, aveva altro da fare. “Mo’ torno”, gli
rispose, “Mettilo in fresco e poi lo mangio piu` volentieri.”
Ricomparse sopra
la collina, in vista della piccola strada ferrata. L’orologio
segnava già venti minuti di ritardo, da quando sarebbe dovuta
avvenire l’esplosione. Eppure, anche stavolta la fortuna gli
sorrise, almeno a lui: anche il treno, in effetti, portava circa
venti minuti di ritardo, il ché era, ed è, abbastanza dentro la
media dei ritardi, negli orari delle ferrovie italiane. Vide
sopraggiungere il lungo convoglio, che trasportava molte merci, a
velocità elevata. Nella logica di Italo, la bomba sarebbe dovuta
esplodere, all’incirca, alla metà del treno, tanto da farlo
deragliare completamente, scagliandolo da sotto verso l’alto, ma
non fu cosi`.
L`ordigno
esplose, invece, pochi attimi prima che il treno raggiungesse il
punto prefissato, cosicché i due macchinisti (c’erano solo loro,
perché il treno non aveva caricato altri passeggeri), videro in
faccia la morte. Il convoglio ferroviario, infatti, deragliò in
seguito all’esplosione che aveva divelto i binari. I due poveretti
cozzarono la testa contro il parabrezza, che subito si macchiò del
rosso del loro sangue e di grigio della materia dei loro cervelli.
L’esibizione di
questo truce spettacolo si mostrò in primo piano agli occhi
dell’attentatore, che godette di una vista superba, in prima fila e
dall’alto. Gli andò molto bene, perché il convoglio uscì
egualmente dalle rotaie, nonostante il solito guaio dei timer e, in
più, aveva potuto godersi ogni fase dell`incidente. Sì, perché
Italo traeva un grande beneficio nel vedere realizzarsi le sciagure
da lui provocate: d’altronde era, questa, una delle tante
perversioni mentali comuni a moltissima gente frustrata, in quei
giorni lontani. Ne provava un piacere mentale e, addirittura,
sessuale irrefrenabile. La vista dell`orrore gli dava una carica
sensuale potentissima.
Tornò alla
trattoria per mangiarsi quel buon panino alla soppressa che lo
aspettava. Si accomodò al posto di prima: “Un altro bicchiere di
vino”, ordinò.
Uscì la moglie
del trattore, una signora ancora piacente, dalle forme generose, come
si usa da queste parti. A quella vista fu estasiato. “Signore, ecco
qua , tenga il suo panino, adesso arrivo col vino rosso, aggiungo un
po` di pomodorini secchi sotto olio?” Disse lei. Poi la signora
tornò dentro la cucina, camminando, dimenava quel grosso e armonioso
sedere coperto da un vestito abbastanza ristretto, che lasciava
passare molta aria, si`, perché faceva ancora molto, moltissimo
caldo. Italo, già provato nel sua irrefrenabile eccitazione, si
mise a seguirla, entrò con lei in cucina e chiese: “E suo marito,
dove e` andato?” Lei, per nulla sorpresa, rispose al maschio
arrapato: “E’ in città a vendere i maiali. Chissà quando
rientra.” Mentre gli parlava, aveva una voce calda e sensuale. Il
tipo di donna che gli piaceva, corrispondeva, grossomodo a quello
della signora che aveva davanti: cicciottella, quasi matura,
dall’aria poco sveglia e con una carica sessuale difficile da
incontrare tra le donne più giovani, le magrette, le modelle. In fin
dei conti, il ragazzo era più giovane di lei, con occhi azzurri come
il ghiaccio, capelli biondi difficili da incontrare da queste parti,
alto, magro, carino ed educato ed a lei, certamente, andava molto
bene averci a che fare. “Vuoi fare qualcosa?” gli chiese lei
inaspettamente, al che Italo rispose: “certo, con piacere”.
La donna sorrise
e andò su per le scale, verso l’abitazione che stava sopra
l’osteria. Mentre lo faceva, la sua gonna diveniva più corta, ed
il ragazzo poteva ammirare lo spettacolo che c’era sotto. Lei entrò
nella camera nuziale, quella dove di solito dorme col marito, si
spoglio` nuda, mostrando seni abbondanti, carni burrose e
bianchissime, si inginocchio` per entrare nel letto, dove poi si
distese con noncuranza. Italo le fu subito sopra e sfogò
l’eccitazione che aveva accumulato in quella giornata per lui così
dura.
Il mattino
seguente, come faceva sempre dopo ogni “incidente”, andò a
leggere i giornali in un bar vicino a casa sua. Come al solito, non
comprava mai i quotidiani, non voleva che nessuno sapesse del suo
interessamento, lo faceva per tener lontani i sospetti. Si recava,
allora, in qualche locale che teneva rotocalchi per i clienti,
ordinava un bicchiere di rosso e si metteva a leggere tutte le
notizie che riguardavano gli attentati che lui aveva commesso. Cosi`,
con gli stessi soldi che avrebbe speso per il quotidiano, poteva
leggere il giornale gratis, seduto in un comodo tavolino col
bicchiere accanto.
Anche quel giorno fece lo stesso, ma un particolare lo sorprese,
balzando ai suoi occhi. Il giornale riportava testualmente: “Un
altro scellerato attentato ha sconvolto il nostro paese. Una carica
di tritolo, collocata forse da neofascisti, dalle brigate rosse o da
una banda criminale legata alle cosche mafiose o da qualcun altro (i
giornalisti avevano molte certezze, ma non in questi affari), ha
fatto deragliare un treno merci che conteneva, tra le altre cose, un
carico di armi clandestine destinato ai paesi orientali. Si pensa che
il motivo dell’attentato, che ha ucciso due ferrovieri, sia
riconducibile proprio a questo particolare.”
“Carico di
armi?” pensò a lungo … forse chi gli aveva commissionato il
colpo apparteneva ai servizi segreti del paese che era in guerra con
i destinatari dell’arsenale bellico, forse si trattava dei servizi
“deviati” italiani o americani. O probabilmente i russi o le
brigate rosse. Smise di pensare facendo spallucce. “In fin dei
conti, a me, che me ne frega?”
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