sabato 13 luglio 2019

Italo Scanio (Romanzo 1 capitolo)


I SEGRETI
di ITALO SCANIO












A VOLTE, SONO SUFFICIENTI POCHI
INDIVIDUI PER FARE
GRANDE UNA NAZIONE;
MA NE BASTANO MOLTI
MENO PER DISTRUGGERLA.”
QUESTO STESSO LIBRO,
CAP. 5, PRIMO COMMA.






















Capitolo Primo


Il caldo era feroce, quel giorno nel centro Italia. Soffermandosi a guardare attorno in quel luogo remoto, udendo solo velati cinguettii, si percepiva un’atmosfera quasi surreale.
La polvere penetrava dentro i suoi vestiti, gli lambiva la pelle facendogli bruciare gli occhi, fastidiosamente, mentre percorreva quella stradina di campagna, bianca e silenziosa, contornata dagli alti fusti di cipresso sempreverde e dai filari di tiglio. Era quello il periodo in cui il loro verde era più intenso.
Italo guidava la sua vespa 50 special, era di color giallo ocra, ma questo particolare non riveste alcuna importanza, perché avrebbe potuto avere qualsiasi colore, visto che egli la riverniciava, con perizia e maestria, dopo ogni sua azione di criminalità chirurgica.
Quando si arrestò, mise finalmente a tacere quel piccolo propulsore dal fastidioso ronzio di zanzara, poté udire, allora, un coro ben combinato di migliaia di minuscoli insetti, tutti nascosti laboriosamente tra l’erba, il grano, gli alti rami degli alberi. Scese dallo scooter e guardò, dall’alto della collinetta in cui stava immobile, verso il basso, dove passava un piccolo binario ferroviario che sembrava esser stato messo lì per sbaglio, in mezzo ad una natura ancora illibata. Lo scrutò con la professionalità consueta, controllò il cronometro, fece due rapidi calcoli a mente, e stabilì subito il punto in cui avrebbe dovuto piazzare la carica esplosiva, con il minor consumo di tritolo ed il massimo profitto di distruzione.
In pochi minuti, scendendo un po’ a piedi e un po’ ruzzolando sull`erba fresca, fu sul punto esatto; con due piccoli movimenti estrasse, dall’involucro avvolto in un giornale quotidiano, il composto gelatinoso e cretaceo che poteva sembrare, a prima vista, della semplicissima plastilina, ma che era, in realtà, qualcosa di più terribile, e lo piazzò nel punto che aveva calcolato con precisione scientifica. Il timer era già pronto, quindi non gli restò che risalire fulmineamente la collina, mettere in moto, con due pedalate, il suo motorino, e fuggire il più lontano possibile.
Di tutte le operazioni che concludeva, Italo, non conosceva granché: non ne comprendeva il motivo, e mai era andato ad indagare, men che meno era informato circa l’identità di chi gli commissionava quegli orrendi e odiosi atti criminali.
Mentre svolgeva il suo lavoro, Italo non si creava problemi mentali né pustole moralistiche; si limitava a provare piacere, perché, d’altronde, uno, se può, il lavoro se lo sceglie che sia divertente … se può.
Poi, si andò ad accomodare, molto tranquillamente e con la coscienza leggera, nel tavolo gia` preparato con tovaglioli e posate, di una piccola trattoria di campagna, di quelle che abbondano nei pressi di piccoli borghi sperduti nella penisola. Piccole e caratteristiche, con un patio rinfrescato dall`ombra di verdi frasche, queste osterie di solito sono gestite da una semplice famigliola che, la notte, dorme al piano superiore. Ogni tanto gettava un’ occhiata all’orologio da polso, aspettando il botto. Distava più o meno un chilometro dal luogo in cui aveva piazzato l’ordigno e, di conseguenza, pensò che, anche stavolta, il temporizzatore poteva essere in ritardo. Sì, perché, anche se nel suo lavoro era un professionista di livello mondiale, portava una pecca, come tutti i geni: era un particolare che, purtroppo per lui, andava avanti da tempo immemorabile, fin dai suoi primi lavoretti e che difficilmente sarebbe stato in grado di correggere, cioè la scarsa puntualità e attendibilità dei suoi congegni a orologeria.
Egli sapeva confezionare apparecchi esplosivi perfetti e innovativi, anche con pochi mezzi a disposizione, ma ci fosse mai stata una volta, dico una, che il timer fosse arrivato a svolgere il suo lavoro, nel giusto istante in cui era stato regolato.
Pensare che, un giorno, aveva rischiato la vita immediatamente dopo che aveva piazzato una piccola bomba nei pressi di un istituto scolastico. L’ordigno sarebbe dovuto esplodere alle otto in punto, quando la ressa degli studenti, che solitamente si accalca all’entrata della scuola, fosse stata al suo massimo. Ma non fece in tempo ad allontanarsi dall’ordigno che questi esplose all’istante. Una scheggia gli strisciò il polpaccio: gli era andata molto bene, aveva rischiato grosso.
Seduto in una panca di legno, continuava a sorseggiare il bicchiere di vino che aveva ordinato in trattoria, mentre, guardando con insistenza l’orologio, ebbe la certezza, ormai, che, anche questa volta, il timer aveva funzionato da cani. Fu costretto a tornare sui suoi passi. “Il panino con la soppressa”, gli urlò l’oste, appena uscito dalla piccola cucina familiare, tenendo in mano un piatto d’argento che sarebbe andato bene per servire l’aragosta. Pareva croccante, quella pagnottella e aveva l’aspetto delizioso. La soppressa, con aroma di aglio, profumava di cantina e di vino, era invitante ma, Italo, aveva altro da fare. “Mo’ torno”, gli rispose, “Mettilo in fresco e poi lo mangio piu` volentieri.”
Ricomparse sopra la collina, in vista della piccola strada ferrata. L’orologio segnava già venti minuti di ritardo, da quando sarebbe dovuta avvenire l’esplosione. Eppure, anche stavolta la fortuna gli sorrise, almeno a lui: anche il treno, in effetti, portava circa venti minuti di ritardo, il ché era, ed è, abbastanza dentro la media dei ritardi, negli orari delle ferrovie italiane. Vide sopraggiungere il lungo convoglio, che trasportava molte merci, a velocità elevata. Nella logica di Italo, la bomba sarebbe dovuta esplodere, all’incirca, alla metà del treno, tanto da farlo deragliare completamente, scagliandolo da sotto verso l’alto, ma non fu cosi`.
L`ordigno esplose, invece, pochi attimi prima che il treno raggiungesse il punto prefissato, cosicché i due macchinisti (c’erano solo loro, perché il treno non aveva caricato altri passeggeri), videro in faccia la morte. Il convoglio ferroviario, infatti, deragliò in seguito all’esplosione che aveva divelto i binari. I due poveretti cozzarono la testa contro il parabrezza, che subito si macchiò del rosso del loro sangue e di grigio della materia dei loro cervelli.
L’esibizione di questo truce spettacolo si mostrò in primo piano agli occhi dell’attentatore, che godette di una vista superba, in prima fila e dall’alto. Gli andò molto bene, perché il convoglio uscì egualmente dalle rotaie, nonostante il solito guaio dei timer e, in più, aveva potuto godersi ogni fase dell`incidente. Sì, perché Italo traeva un grande beneficio nel vedere realizzarsi le sciagure da lui provocate: d’altronde era, questa, una delle tante perversioni mentali comuni a moltissima gente frustrata, in quei giorni lontani. Ne provava un piacere mentale e, addirittura, sessuale irrefrenabile. La vista dell`orrore gli dava una carica sensuale potentissima.
Tornò alla trattoria per mangiarsi quel buon panino alla soppressa che lo aspettava. Si accomodò al posto di prima: “Un altro bicchiere di vino”, ordinò.
Uscì la moglie del trattore, una signora ancora piacente, dalle forme generose, come si usa da queste parti. A quella vista fu estasiato. “Signore, ecco qua , tenga il suo panino, adesso arrivo col vino rosso, aggiungo un po` di pomodorini secchi sotto olio?” Disse lei. Poi la signora tornò dentro la cucina, camminando, dimenava quel grosso e armonioso sedere coperto da un vestito abbastanza ristretto, che lasciava passare molta aria, si`, perché faceva ancora molto, moltissimo caldo. Italo, già provato nel sua irrefrenabile eccitazione, si mise a seguirla, entrò con lei in cucina e chiese: “E suo marito, dove e` andato?” Lei, per nulla sorpresa, rispose al maschio arrapato: “E’ in città a vendere i maiali. Chissà quando rientra.” Mentre gli parlava, aveva una voce calda e sensuale. Il tipo di donna che gli piaceva, corrispondeva, grossomodo a quello della signora che aveva davanti: cicciottella, quasi matura, dall’aria poco sveglia e con una carica sessuale difficile da incontrare tra le donne più giovani, le magrette, le modelle. In fin dei conti, il ragazzo era più giovane di lei, con occhi azzurri come il ghiaccio, capelli biondi difficili da incontrare da queste parti, alto, magro, carino ed educato ed a lei, certamente, andava molto bene averci a che fare. “Vuoi fare qualcosa?” gli chiese lei inaspettamente, al che Italo rispose: “certo, con piacere”.
La donna sorrise e andò su per le scale, verso l’abitazione che stava sopra l’osteria. Mentre lo faceva, la sua gonna diveniva più corta, ed il ragazzo poteva ammirare lo spettacolo che c’era sotto. Lei entrò nella camera nuziale, quella dove di solito dorme col marito, si spoglio` nuda, mostrando seni abbondanti, carni burrose e bianchissime, si inginocchio` per entrare nel letto, dove poi si distese con noncuranza. Italo le fu subito sopra e sfogò l’eccitazione che aveva accumulato in quella giornata per lui così dura.
Il mattino seguente, come faceva sempre dopo ogni “incidente”, andò a leggere i giornali in un bar vicino a casa sua. Come al solito, non comprava mai i quotidiani, non voleva che nessuno sapesse del suo interessamento, lo faceva per tener lontani i sospetti. Si recava, allora, in qualche locale che teneva rotocalchi per i clienti, ordinava un bicchiere di rosso e si metteva a leggere tutte le notizie che riguardavano gli attentati che lui aveva commesso. Cosi`, con gli stessi soldi che avrebbe speso per il quotidiano, poteva leggere il giornale gratis, seduto in un comodo tavolino col bicchiere accanto.
Anche quel giorno fece lo stesso, ma un particolare lo sorprese, balzando ai suoi occhi. Il giornale riportava testualmente: “Un altro scellerato attentato ha sconvolto il nostro paese. Una carica di tritolo, collocata forse da neofascisti, dalle brigate rosse o da una banda criminale legata alle cosche mafiose o da qualcun altro (i giornalisti avevano molte certezze, ma non in questi affari), ha fatto deragliare un treno merci che conteneva, tra le altre cose, un carico di armi clandestine destinato ai paesi orientali. Si pensa che il motivo dell’attentato, che ha ucciso due ferrovieri, sia riconducibile proprio a questo particolare.”
“Carico di armi?” pensò a lungo … forse chi gli aveva commissionato il colpo apparteneva ai servizi segreti del paese che era in guerra con i destinatari dell’arsenale bellico, forse si trattava dei servizi “deviati” italiani o americani. O probabilmente i russi o le brigate rosse. Smise di pensare facendo spallucce. “In fin dei conti, a me, che me ne frega?”





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