domenica 14 luglio 2019

Italo Scanio (Romanzo 3 parte)

Capitolo Terzo


Tanto tempo era passato da quel giorno, tanti attentati aveva portato a termine. Ormai era un professionista e un bravo veterano.
La giornata era di quelle buone, calda e soleggiata, la gente, fuori, rideva e chiacchierava delle vacanze imminenti, di politica, dei disastri continui.
Quel giorno gli arrivò, tramite il solito telegramma, come sempre intestato a sua madre, il messaggio: “spaghetti 5, 20 pacchi.”
Capì che doveva leggere, allora, in terza pagina del “Gazzettino”, quinta colonna al rigo 20, lo fece: Ne fu agghiacciato, anche se per poco.
Si parlava del treno speciale, lunghissimo e sempre pieno di passeggeri, che attraversava l’Italia e si citava la regione tosco emiliana. Egli, allora, capì, sospirando, che questa volta avrebbe dovuto trattarsi di un bel botto.
Secondo le indicazioni ricevute in passato, Italo non avrebbe dovuto mai sposarsi né avere fidanzate, vivere sempre a casa della mamma vecchia e pensionata e risultare disoccupato nullatenente.
E così si adattò a fare. Ogni tanto, per sfogarsi, Egli si accompagnava con donne mature e in carne, le sue preferite, ma senza creare legami che avrebbero potuto risultare pericolosi per il suo lavoro.
A volte, qualcuna la pagava.
Tra le tante cose che sapeva fare bene, c’era la sua capacità di immergersi nel mare profondo: anche se nemmeno sua madre era a conoscenza che lui sapesse nuotare, era un espertissimo sommozzatore, un inimitabile subacqueo. E questo fu fondamentale per il suo lavoro, proprio per un fatto assai curioso, uno dei tanti misteri italiani che sara` scoperto solo dopo tanti e tanti anni.
Infatti, anche se nessuno lo sapeva, era avvenuta una cosa molto originale, nella meta`degli anni ’30, durante il periodo fascista: era affondata una nave e nessuno (almeno così si pensava) l’aveva più localizzata, da quei giorni, nel fondo marino.
Italo si doveva procurare, ogni volta e al bisogno, l’esplosivo proprio dal relitto di questa nave, affondata al largo di Salerno, durante la guerra d’Africa, che nessuno era mai riuscito a individuare (ad esclusione solo di “loro”) e che conteneva ancora, (oltre a tante armi e ordigni bellici), il tritolo destinato all’esercito italiano che, a quel tempo, si trovava in Somalia. Era stato informato di questa scoperta, dal suo mandante segreto, che gli aveva fornito, inoltre, le precise coordinate del relitto navale.
E così, quando ce n’era il bisogno, lui si calava al fondo, e ciò avveniva prima di ogni attentato, per rifornirsi di quanto gli serviva e, senza farsi mai vedere da anima viva, riusciva, con quella quantità, a fabbricare esso stesso, senza aiuti di altre persone, gli ordigni che avrebbe usato nei suoi attentati.
Quella nave, forse, era stata utilizzata anche da altre organizzazioni.
Quando si doveva recare a Salerno e iniziare l`immersione da quella spiaggia segreta da cui avrebbe raggiunto il bastimento scomparso, ci andava sempre in Vespa (quella che Lui cambiava sempre di colore), nel cui bagagliaio portava la tenda canadese ed un caldo sacco a pelo. Non avrebbe mai dovuto dormire in una pensione o in un albergo, né farsi vedere in giro da quelle parti. Campeggiava con la sua canadese dentro un boschetto, da cui si poteva ammirare la spiaggia che, però, era sempre deserta, d’estate e d’inverno, per la sua inaccessibilità, dovuta alla presenza di scogli alti e ripidi: la gente, infatti, preferiva le comode spiagge poco distanti, piene di chioschi per le bibite, ombrelloni, sdrai e bagnini per il salvataggio.
Le bombole per l’immersione, sempre pronte, le teneva nascoste dentro un vecchio bunker, o forse si trattava di una casa abusiva, dove non penetrava mai nessuno, a parte qualche trans che frequentava la zona, ma che si limitava a fare il suo mestiere senza curiosare troppo in giro.
Quella volta, però, capì, dopo aver decifrato il messaggio, che si sarebbe dovuto rifornire molto abbondantemente: se ciò che aveva percepito e che immaginava, fosse stato vero, l’esplosione avrebbe dovuto distruggere l` intero convoglio ferroviario, in quella stagione estiva sempre pieno di gente. L’idea già lo eccitava, tanto che, prima di immergersi nel fondo marino, era andato a cercare una prostituta per divertirsi. Aveva notato, sulla strada statale, tante belle ragazze giovani che passeggiavano sinuosamente e graziosamente, ma lui aveva subito adocchiato una signora sulla cinquantina, col sedere grosso e il seno esagerato. Chiedeva anche meno soldi delle altre, ma lo eccitava moltissimo.
Fece l’amore con la donna diverse volte e con molta passione, tanto che anche lei godette, cosa assai strana per chi fa l’amore per mestiere, le regalò un bel gruzzolo e se ne andò a dormire nella sua tenda nascosta nel bosco, perché l’immersione sarebbe dovuta avvenire di notte: a notte fonda, appunto, egli sapeva muoversi con perizia in quei superbi fondali, anche perché il relitto, ormai, lo conosceva come le sue tasche.
Gli era capitato, infatti, tempo prima, quando egli era andato a fare i suoi prelevamenti di giorno, di incontrare, senza essere visto, due tipi che si aggiravano, con le bombole alla schiena, alla volta del relitto. Fu allora che cominciò a sospettare che qualcun’ altro, oltre alla sua organizzazione segreta, sapesse di quella “miniera di tritolo”. Da quel momento smise di muoversi alla luce del sole.
L’opinione pubblica verrà a conoscenza, solo dopo molti, troppi anni da questi tristi eventi, che la nave era servita a dotare di tritolo varie organizzazioni criminali, senza che mai la polizia e le forze dell’ordine (o almeno la loro parte pulita), ne sapessero alcunché. Per decenni, infatti, gli inquirenti non riuscirono a capire come facessero, tante bande di terroristi, a far entrare l’esplosivo in Italia, si domandavano come facessero i criminali a passare per dogane e confini, senza che nessuno mai se ne fosse accorto e compiere attentati a iosa senza mai, e ripeto mai, essere scoperti. Per forza, l`arsenale ce l’avevano in casa, bello, comodo, potente, gratis e pronto.
Quella nave, affondata tanti anni prima, durante il periodo delle guerre fasciste, sarà il simbolo degli enigmi italiani durante i lunghissimi anni bui della Repubblica.
Il giorno successivo, dopo aver lavorato sott’acqua tutta la notte, Italo smontò la sua canadese, nascose le bombole fece un respiro guardando il sole caldo del mattino, diede un colpo al pedale della sua moto, carica all’inverosimile di esplosivo, diresse la vespa di nuovo verso il Nord e si avviò alla volta della città di Bologna.










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